Il 30 Giugno del 1849 sul Gianicolo si combatte l’ultima battaglia della storia della Repubblica Romana. Si contano 3.000 italiani fra morti e feriti e cadono circa 2.000 francesi. Luciano Manara si immola nella difesa di Villa Spada. L’Assemblea Costituente il primo luglio approva il documento con il quale “cessa da una difesa ritenuta impossibile”.. Lo stesso giorno Giuseppe Garibaldi, in piazza San Pietro, pronuncia lo storico discorso: “io esco da Roma: chi vuol continuare la guerra contro lo straniero, venga con me … non prometto paghe, non ozi molli. Acqua e pane quando se ne avrà”. Alle 18.00, in piazza San Giovanni, lo attendono circa 4.000 uomini armati, con cui lascia la città. E’ la fine di un sogno, che ebbe breve durata ma per il quale si immolarono tantissimi giovani arrivati da ogni parte d’Italia. Emblematica la figura di Goffredo Mameli tenente della Legione garibaldina, autore dell’Inno d’Italia, che morì per una ferita alla gamba a soli 22 anni.
La Repubblica Romana, proclamata il 9 febbraio del 1949 e caduta il 4 luglio successivo, fu comunque uno straordinario laboratorio di idee e di modernità. E la sua Carta fondamentale, che rimase in vigore per un solo giorno, quello della sua approvazione avvenuta durante la tregua del 3 luglio, fu un modello di riferimento per i padri costituenti, chiamati a scrivere nel 1946 la Costituzione della Repubblica italiana appena nata. Composta da solo 69 articoli, stabiliva che la sovranità appartiene al popolo che la esercita attraverso i suoi rappresentanti, riconosceva alle donne il diritto di voto, aboliva la pena di morte (cancellata nel 1889 dal ministro della giustizia massone Giuseppe Zanardelli e che il fascismo ripristinò), sanciva il diritto all’istruzione, alla salute e al lavoro per tutti. Prevedeva la forma repubblicana dello stato e la separazione dei poteri tra chiesa e stato.