Poli – Basta una sola giornata, anche poche ore, per scoprire il borgo primigenio e ammirarlo in tutta la sua originaria bellezza, perdendosi fra i trentacinque vicoli radiali in comunicazione tra loro. D’altronde, come scrive il geografo Franco Michieli, “accettare un mondo in cui ci si può perdere, e dove si può finire su una strada imprevista e sconosciuta, è un buon modo per rinnovarsi”.
Passeggiando lentamente lungo le antiche vie, tra fiori e rampicanti che incorniciano portoni d’altri tempi, è facile imbattersi in un’icona del 1700, una fontana scenografica del tardo Seicento in cardellino, sospesa quasi come un ninfeo verticale, o rimanere senza fiato di fronte al maestoso campanile “a lanterna” della barocca Arcipretale di San Pietro, che ti appare all’improvviso non appena si imbocca la strada principale mediana dorsale sul colmo, in un suggestivo susseguirsi di scorci, archi, chiese e palazzi gentilizi.
Passeggiate dello “stupore”, intendendo con questo la capacità di “stupirsi” e di “meravigliarsi” ancora, riscoprendo la nostra dimensione in armonia con il mondo attraverso l’ambiente naturale. Una vallata quella di Poli unica nel suo genere, piena di boschi, uliveti, querce e castagni. Insomma una piccola svizzera a due passi da Roma, una “Valle dell’Eden” in quanto a tutela ambientale, purezza dell’aria e bontà del suo clima, che dicono salutare. Tanto salubre che durante la peste del 1600 non registrò neppure un caso mentre tutto il mondo intorno era infettato dal morbo nero. Persino Maria Graham, la grande scrittrice inglese di libri di viaggi e per bambini, aveva annotato nel suo diario, redatto nei tre mesi di soggiorno nell’estate del 1819, che la gente qui non si ammalava e non moriva di febbri malariche.
Oggi a Poli c’è tutto. C’è l’antico e c’è il moderno. Nel piccolo centro, cioè, puoi fare la spesa con prodotti a chilometro zero (salumi, formaggi, carne, ortaggi, miele) o puoi assaggiare le tipicità nella graziosa trattoria e pinseria locale “Maiuri”. Qui, Fabio Turchi, un giovanissimo, dinamico e coraggioso imprenditore di appena 23 anni, ha deciso di riavviare l’antica trattoria di famiglia, “collegandosi al passato, ma proiettandosi al futuro”, proponendo cioè i piatti della tradizione contadina e popolare (le “sagne di tritello”, il baccalà alla brace, la pizza azzima con le verdure, gli gnocchi lunghi col sugo di lumache, i dolci della tradizione come la pizza cresciuta, le ciambelle al vino o i tozzetti), rivisitati in chiave moderna. Piatti preparati con la verdura dell’orto, le uova delle loro galline, l’olio fatto in casa, così come la pasta, e poi formaggi e carni a chilometro zero, ma anche meno… Per non dire della pinza preparata con un mix di farina di mais, riso, soia e frumento.
I bambini possono giocare serenamente nel parco comunale, mentre i genitori possono fare delle belle escursioni scegliendo tra i molti percorsi a difficoltà progressiva. Per esempio quello del bosco comunale, nel declivio che conduce alla Grotta del Mortale, mentre a sud svetta Monte San Filippo e, in fondo, si profila la campagna romana fino a Fiumicino.
Se, poi, a una certa, sei stanco di tutta questa modernità, fai pochi passi e raggiungi Piazza Conti e ti ritrovi in pieno medioevo, magari nel vicolo abitato più stretto d’Europa, dove puoi ancora goderti la luna, a picco sul maestoso campanile barocco dell’arcipretale di San Pietro, e senti l’ululato del lupo, il bubolare del gufo, le fusa di un gatto in amore.
Insomma, Poli da vivere, da visitare, da respirare, il meglio dell’Agro Romano Antico e di tutta l’antica Comarca dello Stato Pontificio, col quale eravamo legati con un patto di fratellanza, data la Fedeltà nei secoli dei Conti duchi di Poli. A Poli nacque il papa Innocenzo XIII, della famiglia Conti, nacque Giacinto Brandi, noto pittore del XVII secolo ed altri grandi artisti, pittori, filosofi, scrittori e avvocati tra cui mi piace ricordare Ferruccio Cascioli per la sua immensa cultura, noto a livello mondiale.