Una fila lunghissima scorre lungo la biforcazione che divide la Superstrada del Liri e l’autostrada A24 per raggiungere l’Interporto di Avezzano, dove la Asl1 effettua i tamponi molecolari. Sullo sfondo il Velino, con le sue cime innevate e quel profilo maestoso, che rincuora lo stato d’animo di tanta gente che in questi giorni ha messo in circolo una vera e propria transumanza dovuta all’aumento sempre più veloce e massivo di casi positivi al Covid. L’Abruzzo è ormai a un passo dalla zona arancione: i contagi stanno per raggiungere quota 4000, la maggior parte dei quali colpiti, negli ultimi giorni, dalla variante Omicron, il virus forse più contagioso della storia.
Ogni giorno si ripete la stessa scena, la stessa coda interminabile per effettuare il tampone molecolare e scoprire – nell’arco delle 48 ore – se si è entrati nel vortice della quarantena, oppure se ne sta uscendo. L’appuntamento all’Interporto viene fissato preliminarmente dalla Asl a una determinata ora, ma una volta giunti a destinazione ci possono volere anche due ore prima che arrivi il proprio turno. Un’attesa estenuante, data certamente dalla mole di lavoro che la Asl abruzzese sta vivendo in queste settimane convulse, specchio di una situazione che sembra stia sfuggendo di mano sotto tanti punti di vista.
Le prime difficoltà cominciano nel momento in cui si scopre la positività e bisogna avvisare il medico di base per allertare la Asl competente ed essere inseriti nell’apposita piattaforma: ore di telefonate a vuoto nel tentativo di mettersi in contatto col proprio medico, oltremodo oberato in questi giorni. Durante la quarantena, e anche una volta usciti dall’isolamento, i problemi non mancano: molte persone infatti, una volta tornati negativi, non riesco ad ottenere subito il green pass, perché anche i sistemi informatici sono in tilt, con tanto di scambio di nominativi o di indirizzi email errati nel dare le comunicazioni. Insomma, una situazione spiacevole, che si somma al malessere dei sintomi e a quello generale della “clausura” obbligata, che può durare dieci giorni ma anche un mese. In questa vera e propria odissea, tornare alla normalità sembra quasi chiedere troppo.