ROMA – Giornata convulsa quella di ieri alla Suprema Corte di Cassazione . I giudici della Quinta Sezione hanno condannato a 12 anni per omicidio preterintenzionale i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati del pestaggio di Stefano Cucchi. La pena prevista in Appello è stata ridotta di un anno. Rinvio in Appello per la rideterminazione della pena invece per Roberto Mandolini e Francesco Tedesco, accusati di falso.
La sorella Ilaria ha dichiarato alla stampa: “A questo punto possiamo mettere la parola fine su questa prima parte del processo sull’omicidio di Stefano. Possiamo dire che è stato ucciso di botte, che giustizia è stata fatta nei confronti di loro che ce l’hanno portato via“. Lo ha detto Ilaria Cucchi subito dopo la lettura della sentenza da parte dei giudici della Corte di Cassazione. “Devo ringraziare tante persone, il mio pensiero in questo momento va ai miei genitori che di tutto questo si sono ammalati e non possono essere con noi, va ai miei avvocati Fabio Anselmo e Stefano Maccioni e un grande grazie va anche al dottor Giovanni Musarò che ci ha portato fin qui”, ha concluso la sorella di Stefano.
“Finalmente è arrivata giustizia, dopo tanti anni, almeno nei confronti di chi ha picchiato Stefano causandone la morte“. Sono le parole di Rita Calore, madre di Stefano Cucchi, subito dopo la lettura della sentenza della Corte di Cassazione, riportate dall’avvocato Stefano Maccioni che l’ha informata dell’esito dell’udienza.
Come si ricorderà il geometra Stefano Cucchi si è spento il 22 ottobre 2009, all’età di 31 anni, nel reparto detenuti dell’ospedale Pertini di Roma. Era stato fermato il 15 ottobre dai Carabinieri dopo essere stato trovato con alcuni grammi di droga al Parco degli Acquedotti e portato alla caserma Casilina. Dove, come ha stabilito la giustizia nei suoi tre gradi, è stato pestato dai carabinieri che lo avevano preso in custodia.
Inoltre tra pochi giorni, giovedì 7 aprile, è prevista la sentenza del processo sui presunti depistaggi dopo il decesso di Cucchi, che vede imputati otto carabinieri accusati a vario titolo di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia e per i quali il pm ha chiesto condanne che vanno da 1 anno e 1 mese fino a 7 anni.
“La sentenza emessa oggi dalla Corte di Cassazione sancisce le responsabilità di due dei quattro carabinieri coinvolti, a diverso titolo, nella vicenda della drammatica morte di Stefano Cucchi. Una sentenza che ci addolora, perché i comportamenti accertati contraddicono i valori e i principi ai quali chi veste la nostra uniforme deve, sempre e comunque, ispirare il proprio agire“. Così, in una nota, l’Arma dei Carabinieri commenta la sentenza della Cassazione.
“Siamo vicini alla famiglia Cucchi, cui condividiamo il dolore e ai quali chiediamo di accogliere la nostra profonda sofferenza e il nostro rammarico – prosegue l’Arma – Ora che la giustizia ha definitamente terminato il suo corso, saranno sollecitamente conclusi, con il massimo rigore, i coerenti procedimenti disciplinari e amministrativi a carico dei militari condannati. Lo dobbiamo alla famiglia Cucchi e a tutti i Carabinieri che giornalmente svolgono la loro missione di vicinanza e sostegno ai cittadini”.
Si chiude così una vicenda dai toni chiaroscuri e che è stata al centro di accesi dibattiti e di cronaca nazionale ed estera. Sulla vicenda, come noto è stato anche girato un film sui cui c’è stato molto dibattito. Ilaria Cucchi, in tutti questi anni è stata sulle luci della ribalta chiedendo per la memoria del fratello che fosse fatta giustizia. Si spera che la vicenda costituisca un monito, dove la legge ha sì fatto il suo corso, ma che è caratterizzata fortemente da un disagio sociale alle sue origini.