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Impariamo a salvaguardare ciò che abbiamo (di Luisa Galeone)

Da Luisa Galeone riceviamo e pubblichiamo:

“Le mie radici ogni anno mi riportano in questi luoghi, dove d’estate vengo ad ammirare cielo, campagna e fiori selvatici.

L’itinerario mattutino è raggiungere a piedi  la chiesetta di San Vincenzo.

Già tempo fa gli alberi che costeggiavano la strada per arrivarci, vennero sostituiti con pali elettrici per potenziare l’illuminazione, mentre si affacciano ora, a dir poco, come becchi di uccelli metallici e ormai quel viale è una langa desolata; la modernità non rispetta né l’ambiente né tantomeno le emozioni che suscitano i luoghi.

Ritrovare oggi i rovi delle more e le piante di nocchie lungo la strada tranciati, come fossero pericoli costanti, ci si chiede del perché infierire così sulla natura invece di preservarla.

Sono le cose belle che ci accompagnano dalla adolescenza,  senza per altro che nessuno le abbia mai pagate e qualora oggi ci fossero degli obblighi di sicurezza da rispettare, perché non trovare il modo per farlo nel rispetto dell’ambiente.

Peggio è vedere quei resti a terra senza che nessuno li tolga dalla strada, con il rischio che questo torrido caldo, seccati ben bene, alla prima sigaretta, faranno la loro parte.

Cito una frase da ”Il canto degli alberi” di H. Hesse

Di quanto bello c’era in me, il mondo l’ha ferito a morte, ma io sono indistruttibile, paziente metto nuove foglie, sui rami spezzati mille volte.”