ROMA – Dicembre, febbraio o addirittura in primavera (marzo-aprile), se alla fine il futuro governo di centrodestra dovesse accogliere la richiesta avanzata da Matteo Salvini di un election day regionali-amministrative. Nel primo Consiglio regionale post politiche le chiacchiere tra i banchi della Pisana sono state molto incentrate sulla data del voto per il post Zingaretti.
Secondo i rumors che emergono dal centrosinistra, il governatore dovrebbe dimettersi dalla carica i primi di novembre, cioè una quindicina di giorni dopo la proclamazione da deputato, permettendo così al suo vice, Daniele Leodori, di fissare la data delle elezioni alla prima domenica di febbraio. Il mese non è un particolare superfluo perché entro i 30 giorni precedenti andranno stilate le liste dei candidati e poi dovrà partire la campagna elettorale: “regalarne” una sotto le feste natalizie dopo che i cittadini del Lazio ne hanno vissuta un’altra a Ferragosto è un rischio che si cercherà di evitare.
Per riuscirci bisognerà “riempire di contenuti” i lavori del Consiglio, altrimenti sarà molto più complicato per Zingaretti dilatare i tempi delle sue dimissioni. Non a caso l’Aula sarà convocata la prossima settimana per un Consiglio straordinario (chiesto da Fratelli d’Italia) sul “Ruberti Gate” e poi dovrebbero arrivare sia la legge sullo Sport (che ha come prima firmataria la consigliera di Azione, Valentina Grippo) sia un “più condiviso (con le opposizioni)” collegato al Bilancio.
Nel centrodestra la Lega, contrariamente alle indicazioni arrivate pubblicamente dal suo leader, punta al voto a dicembre, convinta del successo. Fratelli d’Italia, che adesso deve gestire a livello nazionale il ruolo di regista della composizione del governo e del sottogoverno, non sembra avere per ora molta fretta (al pari di Forza Italia). Dopodiché, come detto, al di là della data che verrà fissata dalla Regione, il governo che a breve si insedierà potrebbe unificare il voto di Lazio e Lombardia con quello di Friuli, Molise e Veneto.
Parallelamente al tema data, ma intrecciato con questo, c’è quello dei candidati. Nel centrosinistra, al momento, la candidatura di Leodori (che al pari di Alessio D’Amato si è detto disponibile a misurarsi nelle primarie) appare quella in pole position. Il vicepresidente può vantare il sostegno di gran parte del campo largo. L’unico, stando alle voci che circolano alla Pisana, che deve ancora sciogliere la riserva è Carlo Calenda. Per il leader di Azione il problema non sarebbe tanto il nome di Leodori (preferito a quello di Gasbarra) ma l’alleanza con i 5 Stelle.
Un nodo che non si può certo sciogliere pochi giorni dopo il voto nazionale che ha visto le due parti farsi la guerra nella campagna elettorale delle politiche. Sarà necessario un periodo di decantazione, e magari la costruzione di un largo fronte di opposizione in Parlamento da replicare nel Lazio, per arrivare a una quadratura del cerchio, anche da un punto di vista programmatico. Perché, secondo quanto risulta all’agenzia Dire, diversi punti della bozza di “manifesto” stilata dal tavolo del centrosinistra non troverebbero la condivisione di Azione, che da quel tavolo è uscita.
Nel centrodestra il nome al momento più probabile per guidare la coalizione è quello del presidente della Croce Rossa Italiana (e Internazionale), Francesco Rocca, che, secondo quanto risulta all’agenzia Dire, avrebbe già avuto l’ok dei tre leader nazionali Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Da metà ottobre in poi ogni giorno potrebbe essere quello buono per la sua ufficializzazione. Salvo che non gli venga offerto un incarico nel governo nazionale, che per ora sembra improbabile. (www.dire.it)