Pescara. “È di poche ore fa l’ennesima violenza contro un’infermiera e contro un medico al pronto soccorso. Tra calci, pugni e strangolamenti, gli unici atti a difesa degli operatori sanitari sono state le esternazioni di solidarietà e le richieste di efficientamento”, lo dichiarano Anna Rita Amato e Antonino Gentile del Direttivo Nazionale ULS Unione Lavoratori Sanità.
“L’estenuante lavoro degli operatori sanitari nei pronto soccorso e nelle corsie di ospedali non prevede come clausola contrattuale di essere insultati, minacciati e aggrediti quotidianamente. Invece, questo segnale di insofferenza di pazienti e parenti è diventato la normalità per chi indossa camice o divisa. Dovrebbe essere chiaro e comprensibile a qualsiasi politico che quando una persona sta male e soffre di una patologia non tiene in considerazione che, a causa proprio della spending review voluta dalla politica, gli ospedali sono stati chiusi, i posti letto ridotti e il personale sanitario decimato. Il paziente vuole solo essere curato e guarire“, proseguono dal Direttivo Nazionale ULS.
“Tra comunicati di solidarietà triti e ritriti, corsi di autodifesa promossi da sindacati che rimangono sempre allergici agli scioperi robusti, l’unica risposta istituzionale è stata quella del Ministro della Salute che, come atto forte e decisivo, ha chiesto di efficientare le attività di monitoraggio e prevenzione in capo all’Osservatorio Nazionale, previsto dalla legge 113/2020 per la Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie e Sociosanitarie. A ciò si deve aggiungere l’intenzione di rendere nuovamente operativo il Comitato nazionale per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive, fermo dal luglio scorso, previsto dal Testo unico sulla sicurezza sul lavoro, il cui coordinamento è affidato al suddetto Ministro”, aggiungono ancora Amato e Gentile.
“Reputiamo tale intervento privo di concretezza”, sottolineano i due sindacalisti, “è chiaro a tutti che il diritto alla Salute dei cittadini è stato calpestato con il depotenziamento del Fondo Sanitario Nazionale e con l’aziendalizzazione della Sanità. La rabbia che si trasforma in violenza verso medici e infermieri è il frutto di ore di attesa in pronto soccorso, giorni di stazionamento su una barella prima del ricovero, mancanza di personale nei reparti degli ospedali, liste di attesa di anni per eseguire un’ecografia, medici di famiglia impossibilitati a seguire 1800 pazienti, case della salute (prossimamente di Comunità ex Dm 77/22) come scatole vuote, privatizzazione crescente con soldi pubblici e profitti privati. Bisogna azzerare l’attuale paradigma sbagliato di salute e ripartire da capo con scelte politiche coraggiose a tutela dei pazienti e non delle società di calcio, altrimenti l’assuefazione ai comunicati di solidarietà non ci farà più tornare indietro“, concludono Amato e Gentile.