Tivoli – Il mondo come «palcoscenico della meraviglia». Leggiamo così nel comunicato di Theatra Mundi, che ha inaugurato lo scorso 7 dicembre a Villa d’Este e sarà visitabile fino al 7 maggio. La mostra, curata da Andrea Bruciati in collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma e con l’Archivio Opera Grafica di Pino Pascali di Firenze, si incentra appunto sul lavoro di Pino Pascali, protagonista di quella stagione fiorita negli anni ’60 che rappresenta uno dei momenti più fervidi e animati del Novecento artistico italiano.
Theatra Mundi, tuttavia, dà risalto a precisi aspetti del percorso pascaliano, e non tra i più conosciuti – che riguardano, soprattutto, il suo rapporto con la scenografia, con la pubblicità, con la fotografia. Accanto a opere celebri (come i Bachi da seta) troviamo quindi una serie di lavori meno noti e più legati ad esempio alla messa in scena (come lo spot I killers), oppure al riuso (come il Guerriero), e presi, insomma, da fasi del lavoro di Pascali differenti da (o non precisamente sovrapponibili a) quella dell’arte povera. Filo rosso, quel senso dell’ironia e quel gioco della decontestualizzazione, della trasformazione, dell’alterazione, che attraversano tutta l’opera dell’artista
Non nuova a esperimenti “transtorici” – pensiamo ad esempio al Villae film festival, che si tiene in estate – non nuova del resto allo stesso Pascali (già a Villa D’Este, con due opere, nel 2007, e ancor prima a Tivoli nel 1956, per una collettiva dell’Istituto Tommaseo), Villa D’Este si presta ancora una volta a ospitare realtà che sembrano avere poco a che fare con l’edificio e la storia estensi. Ma se il punto di partenza, per Pascali, è il Manifesto Ricostruzione futurista dell’universo di Balla e Depero – come ci dice il pannello informativo a introduzione della mostra – allora ecco la quadra: la Villa, che trattiene in sé l’idea del riuso (di materiali di Villa Adriana, ad esempio) e quella della scenografia (gli effetti illusionistici degli affreschi), si rende fertile a una moltiplicazione dei piani di finzione, del mescolamento tra storia e rappresentazione. Un teatro, insomma, che ospita i teatri, potenzialmente infiniti e imprevedibili, di Pino Pascali.