Lo scorso venerdì 10 marzo la Quinta Sezione Civile della Corte d’Appello di Roma ha accolto il ricorso dell’avvocato Franco Ledda per conto della “Franco Romanzi Srl”, società proprietaria dei terreni in cui sorge la fonte di acqua sorgiva nota come “Bambù”.
La questione era stata aperta dalla “Acque Albule Spa”, partecipata di cui il 60% appartiene al Comune di Tivoli è il 40% alla Fincres Spa dell’imprenditore Bartolomeo Terranova. La richiesta chiedeva infatti che i “laghetti” fossero chiusi e che la balneazione fosse interdetta.
In quel caso fu emessa la sentenza numero 875 l’8 luglio 2020 dal Giudice del Tribunale di Tivoli Francesca Coccoli che dava ragione allo storico stabilimento tiburtino.
La Corte d’Appello per ora, solo per quanto riguarda l’ex Bambù (oggi Ser), ribalta la sentenza accettando la soluzione proposta dal Consulente tecnico d’ufficio nominato dal Giudice per l’Esecuzione Maria Grazia Patrizi.
Così facendo la soluzione dell’Ingegner Giuseppe Sappa, docente presso il Dipartimento di Ingegneria Civile Edile ed Ambientale dell’Università “La Sapienza” di Roma, è stata sconfessata. Aveva infatti progettato la copertura delle vasche con vetro o materiale metallico, se non il riempimento degli invasi delle polle naturali di acque sulfuree con pietrame vario.
A tal proposito il geologo Roberto Salucci, gConsulente tecnico d’ufficio del giudice Francesca Coccoli, si era espresso contrariamente: “Il riempimento degli invasi delle polle naturali di acque sulfuree con pietrame vario comportanti il possibile sviamento della falda acquifera e la soppressione della sorgente naturale”.
Un danno non indifferente sia per l’ambiente che per la società Franco Romanzi Srl, proprietari di parte dei terreni in questione. A quest’ultima la Corte d’Appello ha dato ragione contro la sentenza del giudice Coccoli.