Poli – Con “La libertà macchia il cappotto” (ed. All Around), presentato di recente a Poli presso la Biblioteca comunale, alla presenza dell’autore e del critico Roberto Papa, si può affermare senza dubbio che Antonello Loreto ha inventato un nuovo genere letterario: il romanzo sonoro.
Antonello Loreto (L’Aquila,1970), laureato in Giurisprudenza, è stato per vent’anni un manager nel campo dello sviluppo e del marketing. Ha collaborato con l’istituto cinematografico “La lanterna magica” come articolista della rivista mensile interna. Da otto anni si dedica esclusivamente alla scrittura.
Ha esordito nel 2014 con “La favola di Syd, Un’altra scelta” (2016), cui ha fatto seguito “Regina Blues” (2018) e ha diretto la collana di narrativa “Geyser” delle Edizioni Progetto Cultura dedicata ad autori emergenti.
Q (Quentin), il protagonista, è un tipico adolescente del nostro tempo, il suo mito è il tennista John McEnroe, parla una lingua tutta sua influenzata dalla passione per il cinema e per il nadsat di Arancia Meccanica.
Quentin ha vent’anni, gioca a tennis contro un muro e ripercorre con ironia e sarcasmo la sua difficile adolescenza segnata soprattutto dalla prematura scomparsa dei genitori. Convive con una nonna ingombrante, Faustina, e con un pesce rosso, Emilio Salgari, soprannominato il “dadaista”, un amico fidato che lo accompagna nel suo mondo d’evasione. Il ragazzo decide di dare una svolta alla sua scialba esistenza e di abbandonare le certezze di una routine che lo sta consumando giorno dopo giorno tra gli abeti del bosco di Paneveggio, come custode di una malga, immerso negli scenari magici della val di Fiemme e della val di Fassa. In Trentino, Q subisce un ulteriore scossone quando incontra per la prima vota K (Katiuscia) l’amore, che “gli ribalta la vita”, e si compie lo straordinario destino del protagonista che fino all’ultimo resterà sospeso tra sogno e realtà.
Ciò detto, perché con “La libertà macchia il cappotto”, che prende il nome dall’attacco di “I drive the hearse”, un brano dei Porchipain Tri, uno dei più importanti gruppi progressive degli anni Settanta, e che per inciso è il miglior romanzo di Antonello Loreto, fino a ora, nasce il romanzo sonoro?
Per romanzo sonoro non si intende un audiolibro. Un audiolibro è la registrazione audio di un libro letto a voce da uno speaker, da uno o più attori professionisti, o da un motore di sintesi vocale.
Non sono neppure le “Fiabe sonore”. Chi ricorda quella serie di favole preregistrate pubblicate dalla Fratelli Fabbri Editori tra il 1966 e il 1970?
La definizione “romanzo sonoro” prende spunto dalla consuetudine ormai consolidata di Loreto di modulare tutti i suoi romanzi intorno a brani musicali, in prevalenza dei gruppi rock progressive degli anni Settanta: Pink Floyd, i Porchipain Tri di Steven Wilson, i Genesis, gli Yes, i King Crimson e tutti gli altri.
Non è la musica che è presente nel romanzo come genere letterario; semmai è il romanzo che è strutturato intorno alla personale, colta e originale play list dello scrittore.
La “voce”, il canto molteplice e organizzato dei diversi personaggi, ciò che al contempo sta fuori e dentro il romanzo, nei libri di Loreto, e soprattutto in questo suo ultimo romanzo, la “voce”, cioè chi racconta (chiunque esso sia), è la musica. Non è la musica a fare da colonna sonora alle parole, è la scrittura che si adegua, si conforma, si rassegna quasi alla musica. “Da ragazzino – diceva di sé il regista britannico Antony Minghella – ero ossessionato dalla musica, dalla scrittura e dal cantare canzoni.” Ci piace immaginare che per Antonello Loreto sia la stessa cosa e che prima si “musica” e poi si “scrive”.