L’Aquila. Cansu e Rasha, unite dal dolore di Turchia e Siria, hanno acceso nella notte il braciere in ricordo delle vittime del sisma del 6 aprile 2019. Una partecipata fiaccolata ha caratterizzato ancora una volta la lunga notte tra il 5 e il 6 aprile. Sono passati 12 anni dall’evento che ha stravolto la vita degli abitanti dell’Aquila e delle zone circostanti: il terremoto del 6 aprile 2009. Quella mattina, alle 3:32, la terra tremò per 30 secondi, causando la morte di 309 persone, il ferimento di migliaia di altre e la distruzione di intere comunità. Ancora oggi, il ricordo di quella tragica giornata scuote le coscienze di tutti coloro che hanno vissuto quei momenti di terrore. Si parla di luci, rumori, edifici che crollano, urla e pianti che si levano dalla città distrutta, ma l’immagine che resta impressa nella mente di tutti è quella delle macerie che si alzano al cielo, delle case sbriciolate, delle strade bloccate dai detriti.
Ma l’anniversario del Terremoto dell’Aquila è anche un momento di riflessione sulla solidarietà e l’impegno delle migliaia di volontari e soccorritori che, nonostante il pericolo e le difficoltà, si sono prodigati per portare soccorso e conforto alle persone colpite dal sisma.
L’anniversario del terremoto dell’Aquila ha ricordato che non si deve mai dare per scontato la sicurezza dei centri abitati e che è necessario valorizzare il coraggio e la dedizione delle persone che si impegnano per assistere chi ha bisogno. Ed è anche un monito a non dimenticare mai le vittime di quel tragico evento, le loro famiglie e coloro che hanno perso tutto ciò che avevano. Tutti, come è stato ribadito anche durante la celebrazione eucaristica nella chiesa delle Anime Sante dal cardinale Giuseppe Petrocchi, siamo chiamati a ricordare quel giorno con riverenza per continuare a lavorare insieme per costruire un futuro migliore.
Cansu e Rasha, unite dal dolore di Turchia e Siria”, ha ricordato il sindaco Pierluigi Buondì, “sono vicine al popolo aquilano e del cratere, e noi a loro. Insieme abbiamo onorato i nostri cari, perduti, i loro cari, perduti, in un abbraccio profondo e unico”.