Intervista a Franca Battista, autrice del libro autobiografico “Il mio posto felice”: “sono una combattente che ha superato mille avversità”
Un libro autobiografico, che si propone di aiutare tutte quelle persone che, come l'autrice, stanno combattendo la loro battaglia: "lottando ci si rialza più forti"
Grande lavoratrice e orgogliosa mamma di cinque figli, Franca, per la sua vita intensa e piena di ostacoli, si ritiene una combattente. Sin da bambina ha dovuto imparare a crescere in fretta: non voluta dalla madre e con un padre mai conosciuto, da grande ha vissuto una sorte altrettanto amara con uomini che non hanno saputo rispettarla; e poi i disturbi alimentari e quel “male oscuro”, la droga, che l’ha tormentata e sopraffatta per lunghi anni. Il paese in cui è vissuta non la vedeva di buon occhio e il pregiudizio, la diffidenza hanno spesso avuto la meglio sulla sua stessa volontà di riscatto e di pace.
Ma Franca, nonostante mille difficoltà, è sempre riuscita a rialzarsi e, fiera di sé stessa, con i suoi cinque adorati figli, ha trovato la forza di rinascere dalle sue ceneri ed essere di esempio per molte persone. Con il suo carisma, il suo coraggio e la sua volontà, Franca è oggi una donna nuova, più consapevole e più forte che mai. È una donna che non si arrende, e nell’affrontare le insidie della vita ha sempre avuto un faro davanti a sé, quel “posto felice” in cui rifugiarsi e scaldare il suo cuore.
Questa non è una storia di fantasia, ma è la storia vera di una donna, Franca Battista, che ha voluto raccontare la sua intensa vita in un libro: “Il mio posto felice” (Edizioni&100). Un libro autobiografico, che, come dice l’autrice, si propone di aiutare tutte quelle persone che, come lei, stanno combattendo la loro battaglia, “dimostrando che contando sulle proprie forze ci si rialza più forti”.
Franca, cosa significa per lei questo libro e perché ha sentito l’esigenza di ricorrere alla scrittura per raccontare la sua storia?
«Ho sempre vissuto una vita tormentata, e la scrittura per me è stata terapeutica. Sono diventata mamma a sedici anni, a causa di un uomo che mi ha poi costretto alla fuga. Ho conosciuto altri uomini e oggi ho cinque figli da tre padri diversi. Questa cosa mi ha sempre marchiato di un pregiudizio fatto di superficialità e scarsa sensibilità nei miei confronti. Ne ho attraversate tante nella mia vita: ho sofferto molto, sono stata per anni tossicodipendente e poi ho voluto farmi curare. All’epoca, mi sono stati tolti i figli e sono poi riuscita, una volta uscita dalla comunità, a riprendere l’affido e la custodia dei miei tre figli minori, mentre i loro padri erano tutti scappati da me e da loro. Non è stato facile riabilitare il mio nome, soprattutto di madre. Per molti non ero degna di esserlo. Questo libro rappresenta, dunque, il riscatto della mia vita; una strada che ho seguito cambiando modo di vivere. Ho sofferto, ho sudato, ho pianto, ma alla fine ce l’ho fatta».
Nella vita, e anche nel suo libro, lei si definisce una ”combattente”: contro cosa o chi ha dovuto lottare?
«Sono una combattente su molti fronti. Prima di tutto perché ho sconfitto quella che io definisco la “bestia”, che mi ha annientato e trascinato fino in fondo: la droga. Ho cominciato a 19 anni e ho smesso a 42. Tutti mi davano per persa, perché non facevo che peggiorare, fin quando i servizi sociali non allontanarono i miei figli da me per tutelarli. Ma la lotta più dura è stata quella contro l’ignoranza e il pregiudizio di chi avrebbe dovuto starmi accanto, sostenermi in un momento così difficile. E invece sono rimasta sola. Sono una figlia non voluta, rifiutata, e di conseguenza rifiutavo la vita stessa con l’uso di droghe e con l’anoressia. Ho combattuto per la sopravvivenza fin da bambina, quando mia madre mi lasciò in un tombino e fui salvata da una vicina. Da quel momento capii che dovevo combattere per sopravvivere».
A chi si rivolge il suo libro? Secondo lei può essere d’aiuto alle persone?
«Nel mio percorso di madre di cinque figli (di cui una disabile) ho avuto modo di conoscere e incontrare tante donne che non hanno avuto la forza di ribellarsi alle ingiustizie o alle violenze dei loro uomini, lasciate sole a crescere i loro figli. Io quelle cose le ho vissute in prima persona sulla mia pelle, ma ho trovato la forza di superare tutte le avversità e questo per molte persone è stato di esempio. Certe cose segnano e insegnano. Spesso vengo fermata da alcune persone che mi raccontano la loro vita, e mi ringraziano perché il mio libro, la mia storia sono state d’aiuto per trovare quel coraggio di reagire e andare avanti».
Il titolo del suo libro è molto significativo: qual è il suo posto felice? È sempre stato lo stesso oppure è cambiato nel corso del tempo?
«La casa dei miei nonni è sempre stata il mio posto felice. Nel corso della mia vita ho sempre cercato di ricordare il calore di quegli abbracci e riproporli, nel mio quotidiano, con i miei figli e con il prossimo. Anche quando la mia vita era un inferno, il pensiero del calore della casa dei nonni mi aiutava a superare tutto. Volevo che i miei figli sentissero lo stesso calore e amore, e l’ho riproposto con dei valori che per me sono fondamentali: il rispetto per sé stessi e per gli altri, il senso della famiglia, la chiarezza».
I suoi cinque figli sono il suo orgoglio e la sua forza: quanto hanno cambiato il suo modo di vedere e affrontare la vita?
«I miei figli sono stati il motivo della mia rinascita. La prima volta, nel 1992, nella comunità di Ortona e la seconda volta, nel 2005 ad Imola, dopo una grave ricaduta. Sono entrata lì incinta di otto mesi del mio quinto figlio: ero quasi in fin di vita. Ne sono uscita con tre figli minori e due ormai adulti. I miei figli sono stati la mia forza, soprattutto quando mi rendevo conto di essere inutile per loro e cercavo di tutelarli con i servizi sociali. Soprattutto Camilla e Andrea, le sognavo tutte le notti. Andrea poi iniziava ad aggravarsi sempre di più per la sua patologia. Ho sofferto, e anche loro. Ma oggi abbiamo superato tutto, insieme».
Se tornasse indietro, cosa direbbe alla Franca bambina che adorava stare nella casa dei nonni? Rifarebbe tutto o eviterebbe alcune situazioni, persone, scelte?
«Ho il rimpianto di non aver conosciuto mio padre, di non aver avuto il tempo di conoscerlo. Spesso mi sono immaginata un papà in casa, e questo pensiero mi rendeva felice. Non ce l’ho fatta perché è morto giovane. Chissà, magari con lui la mia vita sarebbe stata diversa. Forse mi voleva e non poteva, chissà. Sono tutti interrogativi che riecheggiano nella mia mente da una vita, ma alla Franca bambina voglio dire: “ Perdonati, bimba. Eri piccola e non potevi farci niente, ma da grande ti prometto che le cose cambieranno”. E sono cambiate».
Dal suo libro si evince che è una persona positiva, che riesce a superare tutte le tempeste: qual è il suo segreto della felicità?
«Più che felice ad oggi io mi ritengo una persona serena. I problemi ci sono sempre, quello che ho imparato è il modo di affrontarli. Ho imparato che per ogni situazione, anche la più difficile, c’è sempre una soluzione: basta volerlo. A volte è più facile mollare e piangersi addosso, ma non è l’atteggiamento giusto per superare le difficoltà. La felicità dura poco: quello che io cerco, invece, e che ho trovato negli anni dopo tanti ostacoli e altrettanti traguardi raggiunti è essere serena, perché la serenità non è un’emozione fugace, è un modo di essere e di vivere la vita».