ROMA – Il Consiglio regionale del Lazio, presieduto da Antonello Aurigemma, oggi ha approvato la Mozione n. 192, presentata dalla consigliera Marietta Tidei (Italia viva) ma sottoscritta da numerosi altri consiglieri, sul tema del parto in anonimato e dei relativi progetti formativi per il personale dei consultori.
In particolare, con l’atto di indirizzo si impegna il presidente della Regione Lazio affinché si attivi, in collaborazione con le Asl e i consultori presenti nel territorio regionale, per:
– organizzare campagne informative destinate alle donne per metterle a conoscenza delle possibili scelte legittime che la normativa statale riserva loro nel caso in cui non intendano riconoscere e tenere il neonato;
– avviare progetti formativi da destinare al personale delle Asl e dei Consultori, al fine di potenziare la fase di ascolto di possibili situazioni di disagio e disperazione che colpiscono le donne e che rappresentano la principale causa degli abbandoni traumatici, al fine di accompagnarle in un percorso che offra loroun valido sostegno psicologico e sanitario.
Nell’illustrare la mozione, Marietta Tidei ha citato alcuni dati relativi alla problematica: “Ogni anno – ha detto – nel nostro Paese si registrano circa tremila abbandoni di neonati, di cui solo una piccola parte, circa il 15%, avviene negli ospedali. In media, il 37,5% delle donne che non riconosce il proprio figlio alla nascita è composto da italiane, di cui il 48,2% ha un’età compresa tra i 18 e i 30 anni”, ha aggiunto la consigliera di Italia viva. “Nella maggior parte dei casi – ha proseguito Tidei – si tratta di donne che per difficoltà economiche, sociali e molto spesso psicologiche, ricorrono a gesti estremi, quali l’abbandono del neonato in posti non sicuri che ne mettono in pericolo la vita fino ad arrivare all’infanticidio”.
Tidei ha spiegato che la normativa statale (Dpr del 3 novembre 2000, n. 396) consente alla madre di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell’ospedale in cui è nato affinché gli sia assicurata l’assistenza e la tutela giuridica, con la possibilità che il nome della madre resti segreto. “Si tratta di una misura di tutela sia per la donna che decide di non riconoscere il proprio figlio e che può comunque contare su una assistenza medico sanitaria al parto, sia per il neonato che viene curato e assistito e per il quale si apre, immediatamente, il procedimento di adottabilità”, ha aggiunto Tidei. Da qui, dunque, la richiesta di avviare campagne informative più incisive, accompagnate da progetti formativi da destinare al personale delle Asl e dei Consultori che si occupano del problema, intesi come principali presidi pubblici.