Ricordati a Carsoli i caduti di tutte le guerre. Esposizione di foto d’epoca dei soldati ai giardini pubblici
Carsoli – Si è svolta nel pomeriggio alle ore 18.00 la tradizionale cerimonia di commemorazione in onore dei caduti di tutte le guerre in Carsoli. Il corteo si è composto, come sempre da Piazza Corradino e con l’accompagnamento della Banda di Arsoli, di associazioni combattentistiche e d’arma, rappresentanti della Croce Rossa, Protezione Civile e di dutto il volontariato locale si è giunti presso il Monumento ai giardini pubblici. La corona è stata benedetta dal parroco di Carsoli, don Roberto Cristofaro, seguita da un eloquio di Eligio Eboli, ed a chiusura il discorso del Sindaco Velia Nazzarro, che ha ringraziato le forze dell’ordine, il Comitato festeggiamenti e tutti i presenti per l’impegno profuso nella cerimonia. L’alzabandiera è stato curato dall’alpino Zi Carlo di Giovanni, mentre la parte introduttiva dell’attenti da Angelo Bernardini.
Durante la commemorazione è stata ricordata anche la figura di Emilio Scardala che fu marconista del cacciatorpediniere Danoli, è venne considerato disperso nella notte dell’8 settembre del 1943.
“E’ il 06 settembre 1943, mi trovo a Napoli e sono imbarcato sul cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi. Il comandante ci comunica che dobbiamo trasferirci a Genova perchè la nave ha bisogno di urgenti lavori di riparazione. Incontenibile la gioia di tutto l’equipaggio: lavori di riparazione significa periodo di licenza per tutti. Si salpa immediatamente e come per incanto è sparita la stanchezza.Ormai nella mia mente si susseguono velocemente mille progetti. Mi è difficile sceglierne uno. Tutti hanno però lo stesso sfondo, cioè i familiari, i parenti, gli amici, San Cassiano insomma. Ciò che apprezzo di più è il periodo in cui posso godere della mia licenza: settembre, i primi giorni della vendemmia. Sembra un sogno poter trascorrere le giornata tra i filari del vigneto a conversare con le signorine e pigiare poi l’uva a piedi scalzi parlando della guerra a chi vive in una zona cara al Signore perchè risparmiata dalle distruzioni che inevitabilmente ogni conflitto armato porta con sé.Il tempo passa veloce come non mai. Il giorno successivo, il 7 settembre, giungiamo a destinazione. Dopo aver sostato per alcune ore nel porto, scarichiamo le munizioni. Non uno solo dell’equipaggio che cerchi di risparmiarsi o che adduca un motivo qualsiasi per non lavorare. Godiamo tutti ottima salute, cosa questa che ben di rado si verifica. E’ Interesse generale finire presto per partire, in treno s’intende, alla volta del proprio paesino. Non si attende che l’ordine del Comandante. E l’ordine giunge, tra la sorpresa di tutti, la mattina dell’ 8 settembre. Si devono imbarcare le munizioni e fare rifornimento di nafta e di viveri.Nessuno sa spiegarci le ragioni del contrordine. Addio, sogni accarezzati per due giorni!Tutto l’equipaggio è ammutolito. Si lavora in silenzio e stringendo i denti. Perfino i muscoli si ribellano; non vogliono eseguire con prontezza i movimenti che gli vengono richiesti. La sera dello stesso giorno le campane di Genova suonano a distesa, le sirene lacerano l’aria. Si assiste ad uno spettacolo di indescrivibile gioia. La gente esce nelle strade gridando:” E’ finita la guerra!” Purtroppo non è vero. A dircelo è proprio il Comandante. E’ stato soltanto firmato un armistizio ed il Capo del Governo ha tenuto a dichiarare che la guerra continua contro i nemici della Patria, contro i tedeschi che occupano l’Italia con il loro esercito.Alle 22, sempre dell’8 settembre, prendiamo il largo, ci dirigiamo verso La Spezia per unirci al cacciatorpediniere DANOLI. In attesa di ricevere ordini dai Comandi Superiori della Marina, il Comandante dispone di tenere accese due delle tre caldaie. E’ prudente risparmiare nafta dal momento che non si conosce la missione da compiere o la destinazione da raggiungere. Puntiamo verso la Sardegna. Appena in vista dell’isola ci viene ordinato di unirci alla nostra flotta che comprende due corazzate una delle quali è la ROMA. Dobbiamo forzare le bocche di Bonifacio che i tedeschi hanno minato. Nell’attraversamento del canale il nostro caccia è a sinistra, verso la Sardegna, mentre il Danoli è a destra, verso la Corsica. Il cacciatorpediniere dove mi trovo, il Vivaldi, sebbene sia capo squadriglia, viene superato dal Danoli che ha tutte e tre le caldaie accese. Ciò gli è fatale; il Danoli infatti salta in aria per aver urtato contro uno sbarramento di mine. I pochi superstiti, una quindicina in tutto, raggiungono a nuoto le coste della Sardegna. Fatalità? La fine del Danoli doveva essere la nostra perchè il Vivaldi doveva trovarsi in testa alla formazione in quanto caposquadriglia. Il sacrificio degli uomini del Danoli ci apre un varco nel mare minato e ci consente di superare il canale. La nostra flotta è sottoposta ad un intenso bombardamento da parte degli aerei tedeschi. Ci teniamo a debita distanza. La corazzata Roma, colpita, affonda in pochissimo tempo. Arriva anche il nostro turno. Una bomba ci colpisce sul lato, i danni sono irreparabili e alle 9 del mattino il Vivaldi cola a picco. Ci gettiamo in mare e restiamo in acqua per tre giorni e due notti. Il quarto giorno un sottomarino inglese, accortosi della nostra presenza, segnalata con pullover e camicie, viene a prenderci. La cattiva sorte ci perseguita ancora! L’aviazione tedesca ci costringe a restare fermi per più di sette ore ad oltre cento metri di profondità. Evidentemente gli strumenti di cui è fornita segnalano al nostra presenza e così siamo attaccati. Una bomba colpisce la torretta del sommergibile. Il marinaio addetto perde la vita. Io riporto una lieve ferita al viso. Come Dio vuole sbarchiamo in Algeria. Qui ci attende il campo di concentramento per prigionieri di guerra. Dopo diversi mesi avviene il nostro rimpatrio, perchè dalla dichiarazione rilasciata alle autorità inglesi risulta che dopo l’8 settembre il Vivaldi ha combattuto contro i tedeschi.
Dei 305 uomini di equipaggio del cacciatorpediniere Vivaldi, soltanto 40 si sono salvati. Tra quest’ultimi, per fortuna, ci sono anch’io. Augusto Pizzoleo”