Ogni volta che arriva l’autunno e cadono le foglie ed i colori di ciò che ci circonda sembrano volersi spegnere, si accende però un calore nella memoria dei ricordi, quelli belli di un tempo che non c’è più. All’epoca le scuole elementari iniziavano il 1° Ottobre, le temperature erano già rigide dalla fine di agosto. Si assisteva alla festa del paese (il 23) già con i piumoni invernali osservando quei fuochi artificiali che segnavano di fatto la fine dell’estate. Poi le esercitazioni e quindi il primo giorno di scuola. Una stagione che ricorda colori, sapori e sentori di cui si ha una viva e crescente nostalgia in linea con il tempo che passa. La prima elementare sancì il primo impatto reale con l’autunno, presso l’edificio scolastico ove ora ha sede il Distretto Sanitario di Base. Non vi erano tutte queste forme assistenzialiste di ora, si usciva accompagnati da nonni e genitori il primo giorno, poi si andava da soli anche con il freddo pungente che rendeva il naso rosso fuoco. Tappa obbligata era il negozietto delle “Vecchiette” alias Lucia e Ines Bassani, che hanno deliziato i palati di tante generazioni con pescetti di liquirizia ed altre leccornie riposte nei vasi trasparenti di vetro in esposizione. Poi un quaderno e penne da “Tomasso” e un bel panino al prosciutto all’alimentari di Peppe. La maestra Angelina Battisti, una donna a dir poco fantastica, ci accoglieva con l’autunno. In quella scuola non c’erano i termosifoni e gli alunni e la maestra provvedevano a portare la legna per scaldarsi con le stufe presenti in ogni classe. L’anno seguente, l’autunno iniziò nel nuovo edificio intitolato a “Carlo Scarcella” con termosifoni e maggiori spazi. L’ambiente della classe era in linea e la parola d’ordine che la maestra diceva era “Autunno, cadono le foglie”. Ritualmente si faceva il dettato, poi la poesia, la prosa, e il riassunto sulle foglie che cadevano. Nei pomeriggi, a volte il compito era quello di raccogliere foglie di diverso colore per poi comporre dei cartelloni da lasciare a scuola. Noi eravamo fortunati, poichè in classe avevamo Ilaria che abitava al Villino Angelini. Un ambiente ideale, rigoglioso di piante, alberi che fornivano la raccolta di ogni colore d’autunno. Poco prima di Natale, a foglie cadute la maestra ci mandava a raccogliere il muschio verde. Ricordo quell’odore del bosco, quelle foglie scivolose che ci mettevano in pericolo poichè la suola era liscia anche se della miglior qualità di pellame. Molti alunni mentre cadevano le foglie, avevano ancora i sandaletti con gli occhi ai piedi, poichè c’era povertà e non tutti potevano permettersi i cambi stagionali. Era una festa andare dalla commare Elena e Gigi, o anche da Magistrelli a comprare un paio di scarpe per l’arrivo dell’autunno. Anche oggi, a distanza di anni, le foglie continuano a cadere, ma non sono le stesse, quelle di quel tempo, in cui una Carsoli sparita faceva da corona ad una vita semplice, autentica ed intrisa del voler bene. Anche il ricordo della “supplente” è fantastico, con la dolce maestra Alba Bernardini. I bambini, erano nipoti di tutti. I nonni erano nonni di tutti. Gli anziani ci sorridevano, incoraggiandoci a fare i compiti, e se nel pomeriggio eri fuori del tuo quartiere… lo andavano a dire alla Maestra. Epoche in cui la maestra unica, rappresentava una seconda mamma, messa lì a guidarti, a comprenderti a sorriderti e a rimproverarti senza correre il rischio di essere poi a sua volta rimbrottata dai genitori. Nessuno si lamentava di nulla. I ricordi di quella maestra sono indelebili, una grande donna che con il suo autunno ed il cader delle foglie accompagna, ancora oggi, i ricordi di una vita sparita. @direttore