Oggi a Carsoli la ricorrenza della patrona Santa Vittoria. Storia di una guerriera a difesa del popolo.
O Gran santa tra le schiere, dei beati ascolta in ciel, i sospiri e le preghiere di Carsoli a te fedel!
Carsoli – Ricorre oggi la festività di Santa Vittoria vergine e martire patrona di Carsoli. Per convenzione antica la festa popolare venne anticipata al 23 agosto. Ma il giorno del calendario dedicato alla Santa guerriera è oggi 23 dicembre. Alle ore 18.oo presso la Chiesa Parrocchiale è prevista la celebrazione in forma solenne della Santa Messa in onore della Patrona con i criteri di distanziamento e normative previste dal DPCM.
Santa Vittoria nacque nel 230 circa in una nobile famiglia romana ed è ricordata insieme a santa Anatolia, sua cugina di parte matena. Entrambe compaiono nei mosaici della basilica di Sant’Apollinare Nuovo in Ravenna e sono ricordate il 23 dicembre da Beda, che scrisse un elogio di S. Vittoria, ricordandola propria in questa data.
Secondo la Passio, Anatolia e Vittoria rifiutarono le nozze con 2 patrizi perché consacrate a Dio. I due aspiranti allora col favore imperiale le mandarono in esilio nei loro possedimenti in Sabina; Vittoria presso la città sabina di Trebula Mutuesca (l’odierno Monteleone Sabino), Anatolia presso la città sabina di Thiora. Secondo la Passio vi era nel territorio di Trebula un pessimo dragone il cui sbuffo pestifero faceva morire uomini ed animali. Domiziano, signore di Trebula, si recò nel posto dove era stata esiliata Vittoria, e la pregò di salvare la città dal drago. Domiziano gli offrì pane candido e vini vecchi. Sulla famiglia della Santa non si hanno notizie ben precise. Ricerche storiche riferiscono che ella potesse appartenere ad una nobile famiglia, dotata di beni materiali e cristiana; infatti Vittoria ricevette il battesimo sin da bambina.
Era di qualche anno più giovane di Anatolia, nel 250 aveva circa 20 anni. Non era sorella di Anatolia, perché quest’ultima era figlia unica del console Emiliano. Probabilmente erano sorelle cugine per parte di madre.
Vittoria, come accennato prima , richiesta sposa dal nobile Eugenio, è convinta dalla cugina Anatolia a divenire “Vergine di Cristo”; vende i suoi gioielli e le vesti preziose, ne distribuisce il ricavato ai poveri e rinuncia definitivamente al matrimonio.
L’esilio, affrontato serenamente dalla Santa durò tre anni e si protrasse fino a tutto il 253. Eugenio temeva di denunciarla come cristiana, perché se faceva questo i beni di Vittoria secondo la legge del tempo venivano confiscati.
Eugenio infatti aveva un duplice scopo: sposare la Santa ed entrare in possesso del suo patrimonio.
Trascorsi però tre anni la denunciò al Pontefice del Campidoglio di nome Giuliano, il quale inviò a Trebula un commissario di nome Taliarco. Quest’ultimo andò da Santa Vittoria con una statuetta e la obbligò ad adorare la Dea Diana. Al suo rifiuto la uccise con la spada.
Tutta la cittadinanza fece lutto per 7 giorni; i sacerdoti di Cristo con tutto il popolo la seppellirono ungendola con unguenti e coprendola con teli di lino.
La misero dentro un sarcofago e lo deposero nella grotta dove aveva cacciato il dragone. Nel luogo di sepoltura si verificarono molti miracoli.
La Santa fu martirizzata il 18 dicembre del 253 e sepolta il 23 dello stesso mese.
Sul luogo del martirio venne edificato un sacello; una chiesa invece era presente già nel VIII secolo.
Ricostruita alla fine del XI secolo e restaurata più volte, oggi il luogo di culto dedicato a Santa Vittoria è una delle chiese romaniche più belle del centro Italia.
All’interno, oltre al sarcofago che fu di Santa Vittoria possiamo ammirare una cisterna, che raccoglie le acque che secondo la tradizione sgorgano al momento del martirio della Santa.
Con il pericolo saraceno, il corpo della Santa fu prima portato nell’abbazia di Farfa, poi nelle Marche, a Santa Vittoria in Matenano.