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In Abruzzo sono circa venticinquemila i furbetti del vaccino

Avezzano – Alla data del 31 marzo, circa 25.000 persone in Abruzzo sono state vaccinate senza un’apparente motivazione. Si tratta di persone che pur avendo meno di 70 anni e pur non rientrando nelle categorie vaccinate nella prima fase della campagna, sono state già sottoposte a vaccino. In questo insieme vanno ricercati quelli che il Presidente Draghi, un paio di giorni fa, ha definito “saltafila”: perfetti testimonial del risvolto all’italiana della furbizia, che hanno cercato e trovato (grazie alla mancanca di regia, strategia e controlli da parte di chi doveva occuparsi di queste cose) la scorciatoia. E intanto anziani, deboli, soggetti davvero a rischio continuano ad ammalarsi e morire. Come siamo arrivati a questo numero? Basta fare due conti.

Partiamo col definire la categoria ‘Altro’ dei vaccini. In questa classificazione vanno a finire tutte le persone tra i 16 e i 69 anni a cui è stata somministrata almeno una dose anti-Covid, ma che non rientrano in nessuno dei sei gruppi a cui è stata assegnata la precedenza nel Piano nazionale. I sei gruppi, ricordiamo, sono i seguenti: “Medici, infermieri e oss”, ‘Operatori non sanitari’, ‘Ospiti di strutture residenziali’, ‘Over 80’, ‘Forze armate’ e ‘Personale scolastico’. Bene, escludiamoli (anche se, pure su questo, ci sarebbe tanto da dire) e vediamo cosa resta.

In Abruzzo la categoria ‘Altro’ ha il settimo valore più alto d’Italia, con una percentuale dell’11,3%. superiore alla media nazionale che si attesta intono all’8,7% (sempre alla data del 31 marzo e come riportato sul report della Fondazione Gimbe, specializzata nella ricerca di evidenze scientifiche a supporto delle decisioni politiche).

Una precisazione. Come ha spiegato Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe, loro hanno ‘ripulito’ i numeri della categoria ‘Altro’ dalle dosi somministrate alla fascia “Soggetti fragili tra i 70 e i 79 anni”, che è inclusa nel gruppo ma somma coloro che realmente hanno diritto all’inoculazione della dose. Una volta stralciato questo dato, quel che resta non si spiega. Perché non è possibile rilevare altre indicazioni di priorità.

Ecco, allora, che arriviamo alla nostra stima: 25.000 non è altro che l’11,3% delle 221.302 dose di vaccino anti-Covid somministrate ufficialmente in Abruzzo al 31 marzo. 25.000 soggetti vaccinati non si sa perché, a discapito di persone realmente più fragili e bisognose, che avrebbero dovuto avere la priorità. Tra questi, una minoranza, potrebbe essere giustificata, a prescindere dalla fascia di età, da condizioni di reale necessità: ma tutti gli altri?

E, insieme a loro, andrebbero aggiunti tutta una serie di supplenti trentenni in perfetta salute, personale di strutture universitarie in smart working da un anno, studenti di medicina, amministrativi degli ospedali, e poi i dottorandi, le forze dell’ordine, senza distinzione e senza alcuna valutazione del reale rischio clinico, come è stato fatto in Paesi più assennati. Che questo sia stato un errore grave lo hanno ormai detto in molti. Si spera che dopo l’altolà di Draghi le cose cambino. Ma recuperare agli errori fatti non è possibile, e i responsabili avranno le centinaia di morti di questi giorni sulla coscienza, come diretta conseguenza della loro incompetenza e superficialità.