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A Palestrina il fascino del Santuario della Fortuna Primigenia

PALESTRINA – Il santuario di Palestrina rientra nelle serie di grandi santuari romani del Lazio – insieme al Tempio di Giove Anxur a Terracina e al Santuario di Ercole Vincitore di Tivoli – per la cui costruzione ci si ispirò, molto probabilmente, alle grandi costruzioni ellenistiche a terrazze, come il Santuario di Atena Lindia di Rodi.
Si tratta di un complesso sacro dedicato alla dea Fortuna della città di Praeneste (oggi Palestrina). Si tratta del “massimo complesso di architetture tardo-repubblicane dell’Italia antica.
Il santuario si articola su sei terrazze artificiali, edificate sulle pendici del monte Ginestro, collegate tra loro da rampe e scalinate di accesso. I muri di fondo delle terrazze sono realizzati in opera poligonale e in opera incerta. Fu ispirato probabilmente alle grandi costruzione ellenistiche a terrazze, come il santuario di Atena Lindia a Rodi, e presenta un altissimo livello tecnico e stilistico.
Gli edifici sono costruiti con gettate cementizie, coperti da opus incertum finissimo. Vi è un ampio uso delle volte, ma unicamente nelle strutture di sostruzione o nelle nicchie e spesso sono mascherate da elementi rettilinei, come sulla “terrazza degli emicicli”.
Notevole sul piano formale è l’uso dell’impianto assiale e la forma ad “U” dell’ultima terrazza, che è bilanciata dalla sistemazione a scansione orizzontale delle prime terrazze. Molto studiata è l’alternanza tra pieni e vuoti, tra pause e accelerazioni in verticale, che equilibra magistralmente il moto ascensionale e le fughe prospettiche, con una padronanza che non ha uguali in altre opere dell’architettura antica in Italia. L’opera viene infatti attribuita a un architetto tardo-ellenistico di grande talento, formatosi nell’ambiente del “barocco” ellenistico e tra i capostipiti della generazione di grandi architetti attivi a Roma e in Italia tra la fine del II e gli inizi del I secolo a.C