Le architetture del cosiddetto Tempio di Minerva Medica caratterizzano il paesaggio urbano a ridosso della stazione ferroviaria di Termini in via Giolitti.
Al centro di importanti interventi di restauro e conservazione, curati dalla Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, le maestose rovine costituiscono un elemento ‘iconico’ dell’Esquilino.
Il nome deriva da un equivoco del XVI secolo, quando fu rinvenuta una statua di Minerva col serpente, erroneamente attribuita all’edificio di via Giolitti, in realtà trovata a Campo Marzio.
L’edificio, di probabile proprietà imperiale, eretto nei primi decenni del IV secolo d.C., a pianta centrale decagonale polilobata, con cupola di 25 metri di diametro, doveva costituire un padiglione di rappresentanza eretto sul luogo degli Horti Pallantiani e Epaphroditiani nel settore orientale dell’Esquilino, occupato fin dal I secolo a.C. dagli horti dell’aristocrazia romana, non lontano dal palazzo imperiale – il Sessorium – presso la chiesa di S. Croce in Gerusalemme.
Probabilmente fu sede di banchetti e ricevimenti anche nel periodo invernale, essendovi stato scoperto in un’ampia porzione interna il sistema di riscaldamento ad ipocausto.
Con le sue leggere eppure altissime pareti, ampie aperture verso l’esterno, una cupola di grandezza straordinaria (è la terza per ampiezza nella Roma antica, dopo quella del Pantheon e delle Terme di Caracalla), il cosiddetto Tempio di Minerva Medica, di proprietà imperiale, rappresenta un esperimento architettonico che anticipa forme e articolazioni sviluppate poi nei secoli seguenti.