Ricorre oggi la “XXIX Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”. Una data che unisce l’Italia nel ricordo di magistrati, appartenenti alle Forze dell’ordine, giornalisti, politici e comuni cittadini che hanno sacrificato la loro vita per combattere e non piegarsi alla criminalità organizzata.
Promossa dalle associazioni “Libera” e “Avviso pubblico”, quest’anno è stata scelta Roma come città simbolo del ricordo. “Roma città libera” è uno slogan che evoca il capolavoro del neorealismo “Roma città aperta”: un’opera d’arte che parla di resistenza e della lotta per la libertà. A ottant’anni dalla liberazione dell’occupazione nazi-fascista, oggi Roma torna ad aprirsi e liberarsi.
L’evento, che vede la partecipazione dei familiari delle vittime innocenti delle mafie, ha come scopo quello di smuovere le coscienze e diffondersi dal centro verso le periferie della Capitale, per ribadire che la “Città eterna” può e dev’essere liberata da mafie e corruzione.
Al Circo Massimo, punto di arrivo del corteo, vengono scanditi i nomi delle 1.081 vittime di mafia. Centotrentaquattro sono donne, come ad esempio Emanuela Loi, prima donna della Polizia di Stato ad essere caduta in servizio. Come lei, sono molti i poliziotti che hanno combattuto la criminalità organizzata di stampo mafioso a discapito della vita.
Le loro storie e il loro coraggio vengono raccontati alle nuove generazioni affinché possano rappresentare un esempio da seguire in nome della libertà, della giustizia e della democrazia.
La “Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie” è divenuta nel 2017 giornata nazionale con la legge n.20 dell’8 marzo. L’idea però ha radici molto più profonde, che si generano dal dolore di due donne: Saveria, mamma di Roberto Antiochia, poliziotto morto al fianco del commissario Antonino “Ninni” Cassarà nel 1985 e Carmela, mamma di Antonio Montinaro, assistente della Polizia di Stato, ucciso insieme al giudice Giovanni Falcone e alla moglie Francesca Morvillo nella strage di Capaci del 1992.
Gli ideali, che questo giovani servitori dello Stato hanno difeso senza indugi, sono ancora vivi e vengono raccontati agli studenti e ai ragazzi di tutta Italia anche da Tina Montinaro, moglie di Antonio, da sempre impegnata nel mantenere vivo il ricordo del marito e delle vittime delle stragi di mafia, con l’associazione Quarto Savona 15.