La Battaglia di Nikolajewka: l’ultima resistenza del Corpo d’Armata Alpino
La Battaglia di Nikolajewka, combattuta il 26 gennaio 1943, rappresenta uno degli episodi più drammatici e simbolici della campagna di Russia durante la Seconda Guerra Mondiale. Questa battaglia segna uno dei momenti chiave della tragica ritirata del Corpo d’Armata Alpino italiano dal fronte orientale, in condizioni climatiche e operative estremamente difficili.
Il contesto storico
All’interno del piano tedesco per l’Operazione Barbarossa (1941), l’Italia di Mussolini partecipò inviando l’ARMIR, l’Armata Italiana in Russia, composta da circa 230.000 uomini. Nel 1942, le forze italiane vennero dislocate lungo il fiume Don, dove affrontarono il rigido inverno russo e l’assalto delle forze sovietiche durante l’Operazione Urano, un massiccio contrattacco che portò all’accerchiamento delle truppe dell’Asse nella sacca di Stalingrado.
Gli italiani, male equipaggiati per affrontare il freddo e sotto pressione da una superiorità numerica schiacciante, furono costretti a ripiegare in condizioni disumane. La Battaglia di Nikolajewka avvenne nel corso di questa ritirata, quando le forze alpine cercarono disperatamente di rompere l’accerchiamento sovietico e aprirsi un varco verso la salvezza.
La battaglia
La mattina del 26 gennaio 1943, il Corpo d’Armata Alpino, composto dalle divisioni Tridentina, Julia e Cuneense, si trovò bloccato nei pressi del villaggio di Nikolajewka (oggi Livenka, in Russia) dalle truppe sovietiche che avevano serrato l’accerchiamento. Nonostante la fame, il gelo estremo (con temperature che raggiungevano i -30 °C) e le condizioni fisiche ormai al limite, gli alpini decisero di lanciare un attacco frontale per sfondare le linee nemiche.
Il generale Luigi Reverberi, comandante della Divisione Tridentina, guidò personalmente l’assalto, pronunciando le celebri parole: “Tridentina, avanti!” Questo grido divenne simbolo del sacrificio e della determinazione degli alpini.
Lo scontro fu feroce e sanguinoso. Le forze sovietiche, ben armate e fortificate, opposero una resistenza ostinata. Tuttavia, la disperazione e la volontà di sopravvivere spinsero gli alpini a compiere l’impossibile. Dopo ore di combattimenti, con l’ausilio di artiglieria leggera e attacchi corpo a corpo, gli italiani riuscirono a rompere l’accerchiamento e aprirsi una via di fuga attraverso le linee nemiche.
Le conseguenze
La Battaglia di Nikolajewka costò un altissimo tributo in vite umane: migliaia di soldati italiani persero la vita durante i combattimenti o per le durissime condizioni della ritirata. La Divisione Cuneense, in particolare, subì perdite devastanti, quasi annientata. Nonostante ciò, circa 20.000 uomini del Corpo d’Armata Alpino riuscirono a mettersi in salvo e a rientrare in Italia, portando con sé storie di eroismo, sofferenza e solidarietà.
La battaglia rappresenta uno dei momenti più alti del sacrificio umano e del coraggio degli alpini. Ancora oggi, il 26 gennaio viene commemorato come il giorno della memoria alpina, per ricordare il valore di quei soldati che, anche di fronte all’annientamento, non rinunciarono a combattere e a sperare.
La memoria di Nikolajewka
Nel dopoguerra, Nikolajewka è entrata nella memoria collettiva italiana come simbolo di resistenza e sacrificio. Diverse associazioni alpine mantengono viva la memoria di quegli eventi, celebrando i caduti con monumenti e raduni.
La Battaglia di Nikolajewka, con il suo carico di dolore e gloria, ci invita a riflettere sulla follia della guerra e sulla forza dell’animo umano anche nei momenti più oscuri della storia.