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A24, sentenza shock del Tribunale: “Sdp: manutenzioni corrette oltre le regole contrattuali”

Non troverebbe giustificazione alcuna il provvedimento di revoca delle concessioni a Strada dei Parchi disposto dal governo Draghi rispetto alla sentenza del Tribunale dell'Aquila

L’Aquila – Non sussistono prove che “le condotte degli imputati abbiano messo in pericolo la sicurezza del traffico” sulle autostrade A24 e A25, tenuto conto che le perizie “hanno escluso qualsiasi rischio di crollo parziale e totale” e confermato la sicurezza sismica. Infondate sono anche le accuse dell’inadempimento e della frode nelle pubbliche forniture, visto che la regolarità del servizio è stata garantita e le opere di manutenzione ordinaria sono state effettuate “in misura maggiore rispetto al contratto”.

Sono questi i passaggi salienti delle motivazioni della sentenza, depositati nei giorni scorsi, con cui il giudice per le udienze preliminari del tribunale dell’Aquila, Guendalina Buccella, l’8 marzo ha assolto con formula piena, “perché il fatto non sussiste”, i vertici di Strada dei Parchi Spa, ex concessionaria delle autostrade laziali ed abruzzesi A25 e A25, del gruppo abruzzese Toto, nel processo sull’ammaloramento dei viadotti nel territorio dell’Aquila.

Quanto stabilito dalla sentenza è destinato ad incidere anche sul pesante contenzioso giudiziario legato alla revoca in danno della concessione nei confronti del gruppo industriale abruzzese, da parte del Consiglio dei Ministri con un provvedimento dello scorso 7 luglio, impugnato da Sdp, che si basa proprio sulle inadempienze sulla manutenzione e sul pericolo crolli di ponti e viadotti.

Tanto che da fonti aziendali emerge che le motivazioni escludono ogni tipo di responsabilità nella gestione delle due arterie.

Nel processo sono stati assolti l’imprenditore pescarese Carlo Toto, proprietario della Toto Holding Spa, considerato dall’accusa amministratore di fatto di Strada dei Parchi, l’allora amministratore delegato Cesare Ramadori, il direttore generale di esercizio, Igino Lai, e Gianfranco Rapposelli, amministratore delegato di Infraengineering Spa, società partecipata di Sdp, specializzata nella progettazione.

Carlo Toto è stato difeso dall’avvocato Augusto La Morgia, Ramadori da Oliviero De Carolis, Lai da Paolo Appella e Rapposelli da Ugo Milia.

Il processo, con rito abbreviato, e l’inchiesta della Procura della Repubblica dell’Aquila era scattata nel 2019 dopo il crollo del ponte Morandi a Genova. Il pm Fabio Picuti aveva chiesto per tutti la condanna a due anni di reclusione dai capi di imputazione di inadempimento e frode di pubblica fornitura e l’associazione per attentato alla sicurezza dei trasporti.

La Procura deciderà, apprese le motivazioni della sentenza che saranno presentate entro 90 giorni, se presentare ricorso.

Strada dei Parchi ha gestito le due autostrade dal 2000 allo scorso 30 luglio quando per effetto di un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri guidato da Mario Draghi, del 7 luglio scorso poi convertito in legge, è stata revocata per inadempienza la concessione.

Dopo due ricorsi al Tar, che avevano rimesso in pista Sdp, rigettati dal Consiglio di Stato, nei mesi scorsi il Tar del Lazio, entrando nel merito, ha rinviato alla Corte costituzionale la legittimità della decisione del governo Draghi.

Da fonti aziendali di Sdp, che per le conseguenze della revoca ha chiesto ed è stata ammessa al concordato preventivo con pagamenti al 100% dalla XIV Sezione Civile del Tribunale di Roma, emerge che le motivazioni escludono ogni tipo di responsabilità nella gestione delle due arterie: “l’ampiezza assolutoria con la formula ‘il fatto non sussiste’, sgombera definitivamente il campo da qualsiasi dubbio sulla gestione della Concessione autostradale.

Commenta infatti le motivazioni della sentenza Strada dei Parchi, “l’ampiezza assolutoria con la formula ‘il fatto non sussiste’, sgombera definitivamente il campo da qualsiasi dubbio sulla gestione della Concessione autostradale. La questione non è di poco conto perché, al di là della rassicurazione per tutti gli automobilisti che utilizzano, spesso quotidianamente e per motivi di lavoro, le tratte autostradali interessate, il Governo Draghi ha disposto la revoca in danno della Concessione principalmente (se non solo!) sulla base della contestazione che la Concessionaria non avrebbe eseguito la dovuta manutenzione ordinaria dei viadotti autostradali, in termini corrispondenti alle ipotesi di reato oggetto dei procedimenti giudiziari avviati dalle Procure presso i Tribunali abruzzesi, procedimenti di cui quello de L’Aquila è stato il primo a trovare conclusione”.

E aggiunge: “nonostante il terremoto del 2009, Strada dei Parchi ha tentato di osservare nei limiti del possibile il criterio, e cioè di contenere le spese per manutenzione in attesa che i ben più impegnativi interventi strutturali fossero approvati con i PEF che, via via, sottoponeva al Ministero: nei dodici anni tra 2008 e 2019 le manutenzioni effettuati sono pari al 111,9% del programmato, ma nel 2020 – non avendo il Ministero mai approvato i PEF proposti da Strada dei Parchi (e bocciato perfino quello proposto dal suo Commissario ad acta nominato dal Consiglio di Stato in sede di ottemperanza) – sono salite al 214% e nel 2021 al 296%”

Tali opere di manutenzione, “oltre il programmato, sono state tutte approvate dal Ministero”, ricorda poi la società, e “la sentenza del Tribunale dell’Aquila non solo lo conferma, ma aggiunge che – nonostante le autostrade A24 e A25 necessitino da tempo di essenziali intervenuti strutturali – la manutenzione è stata effettuata da Strada dei Parchi in modo tale che è stata sempre garantita la sicurezza della circolazione e l’incolumità degli utenti”.

Approfondendo l’analisi del dispositivo del giudice Buccella, la disamina parte dalle accuse, incentrate, con vari livelli di responsabilità, sugli omessi interventi di manutenzione ordinaria sull’autostrada A24, e in particolare sulle pile sugli impalcati dei viadotti rendendosi così inadempienti al contratto di concessione e facendo mancare le opere necessarie al pubblico servizio di trasporto autostradale. Altra accusa che ne discende è l’aver frodato nell’adempimento degli obblighi contrattuali celando nei rapporti trimestrali annuali lo stato di deterioramento delle opere e minimizzando la necessità di interventi manutentivi”.

Infine “di aver messo in pericolo la sicurezza del trasporto pubblico autostradale determinando uno stato di estremo deterioramento delle pile degli impalcati di viadotto autostradali con conseguente pericolo di crollo totale o parziale”.

Nel corso di indagini preliminari il pubblico ministero aveva conferito l’incarico all’ingegnere Antonello Salvatori al fine di verificare lo stato dei viadotti autostradali. con sopralluoghi in 28 di essi, rilevando “notevoli criticità e segnatamente degrado nel calcestruzzo in armatura in acciaio marcatamente corrose sia negli elementi longitudinali e trasversali”.

Prospettando l’esistenza “di un rischio concreto di collasso delle strutture non solo in caso di evento sismico. Ma anche in virtù del quotidiano azioni statiche quali le sollecitazioni sistematiche legate al transito dei veicoli”.

Di segno del tutto opposto però le perizie dei consulenti nominati dagli indagati, l’ingegner Marco Menegotto e l’ingegnere Marco Petrangeli.

Perizia decisiva è stata però quella ordinata dalla Procura al professor Bernardino Chiaia, che ha escluso “situazioni allarmanti di criticità statica”, anche a seguito di prove di carico sulla sicurezza antisismica. Evidenziando che “gli ammaloramenti dei piloni sono stati dovuti all’azione corrosiva delle acque meteoriche e del sale antigelo”, relativi però “a un difetto di progettazione originale dell’autostrada”.

Il giudice Guendalina Buccella è giunta dunque a questa sentenza di piena assoluzione, sulla base della insussistenza delle prove a supporto di tutti i reati contestati.

In primo luogo, “risulta carente la prova per la quale gli imputati abbiano concretamente messo in pericolo la sicurezza del trasporto pubblico,” come del resto riconosciuto dal pubblico ministero che ha richiesto l’assoluzione degli imputati.

Buccella scrive poi che “il contraddittorio tra le parti ha escluso qualsiasi rischio di crollo totale o parziale dei viadotti autostradali”, come accertato dai sopralluoghi effettuati su richiesta del ministero dei trasporti dopo il crollo del ponte di Genova nell’agosto 2018.

In tal senso, la limitazione al passaggio del traffico pesante per mezzi con carico superiore a 3,5 tonnellate con divieto di sorpasso ha avuto solo una natura cautelativa, “funzionali più a contenere l’allarmismo dell’opinione pubblica che alla reale esigenze connesse alla circolazione”.

Per quanto riguarda il reato di inadempimento nelle pubbliche forniture, il giudice sottolinea che esso è un “reato di evento”, e va escluso che “l’evento conseguito all’inadempimento da parte della concessionaria di taluni obblighi manutentivi sia stato la compromissione dell’efficienza del servizio sotto il profilo della sicurezza della circolazione””. E non si sono “registrate alterazioni alla regolarità del servizio reso all’utenza o limitazione al transito aumento dei tempi di percorrenza”.

Non hanno valore probante per il giudice le ordinanze del 2017 e 2018 di Sdp, con cui venne limitato su alcuni viadotti il transito dei veicoli di portata superiore a 3,5 tonnellate e divieto di sorpasso, in quanto “hanno avuto un valore cautelativo e non di consapevolezza di un rischio concreto della capacità portante della struttura”.

A maggior ragione cade anche il reato del reato di frode delle pubbliche forniture, ovvero “non c’è stata una minimizzazione dello stato di degrado dei viadotti per occultare l’inadempimento della concessionaria, rispetto agli obblighi manutentivi con nessuna simulazione di manutenzione straordinaria”.

Tra le altre cose il giudice ricorda che “tra il 2017 e il 2018 e soprattutto nel periodo successivo l’interlocuzione tra concedente e concessionario, in ordine interventi evolutivi e di adeguamento sismico della rete autostradale, sia stata continua, e sono stati anche promossi plurimi contenziosi amministrativi anche funzionali a chiarire la natura ordinaria o straordinaria degli interventi”.

Tanto che “il ministero con riferimento ad alcuni interventi ha anche condiviso la scelta di ottimizzare costi e tempistiche del cantiere inglobando lavorazioni differenti”.

Si riconosce infine che Strada dei Parchi “abbia offerto la prova dell’aver sostenuto spese per manutenzione ordinarie in misura superiore a quanto stabilito negli atti di concessione”. Ragione per la quale “seppure siano emersi alcuni inadempimenti, deve escludersi che fossero finalizzati ad un ingiusto profitto”.