Sicuramente l’origine è alquanto remota se gli storici attestano che il territorio di Arsoli appartenne prima agli Equi che vi avrebbero istallato un avamposto e se nel territorio attraversato dall’antica consolare Valeria sono stati trovati reperti d’epoca romana e due cippi miliari, uno dell’epoca di Nerva e uno dell’epoca di Massenzio.
Soprattutto questa seconda affermazione è avvalorata dal ritrovamento (nel 1994) di resti di una villa rustica risalente al II sec. a.C. in località Valle dell’Acqua santa a non molta distanza dalle sorgenti dell’acquedotto Marcio la cui costruzione pure risale a quei secoli.
Per la sua posizione di passaggio verso il versante abruzzese, la zona fu attraversata da orde barbariche di diversa provenienza.
Nell’alta Valle dell’Aniene giunsero poi i seguaci di San Benedetto che ad Arsoli edificò uno dei suoi tredici monasteri, quello di Sant’Andrea. I monaci, oltre che bonificare la valle vi promossero quell’incastellamento che ci riconduce a notizie datate.
Atto di nascita di Arsoli come comunità può essere considerato il documento numero 13, il General Privilegio di Papa Gregorio V del 28 giugno 997, pubblicato su Regesto sublacense del secolo XI.
Il paese assunse il nome dal colle sulle cui pendici si adagia l’abitato, MONS QUI VOCATUR SAXA SEU ARSULA, monte che si chiama sasso o arsula, rupe o roccia a strapiombo, definizione che si trova in altri documenti del già citato Regesto.
Dai monaci il feudo passò nel XIII secolo ai Passamonti, la famiglia che ebbe tra i suoi membri il capitano di ventura Amico d’Arsoli.
Questi nel 1536, dopo lotte intestine all’interno della famiglia, cedettero il paese agli Zambeccari, nobili bolognesi che solo dopo qualche anno, dopo aver restaurato il castello nel 1555 già devastato da truppe straniere di passaggio, se ne disfecero sia per le condizioni precarie che per i contrasti con la popolazione. E’ nel 1574 che a questi subentrarono i Massimo che lo detengono tutt’oggi.
Fabrizio Massimo, che aveva acquistato il feudo su consiglio di San Filippo Neri, suo amico e confessore, provvide immediatamente all’ampliamento del castello, al restauro delle chiese e del paese e alla realizzazione nel 1591, con il concorso della popolazione, dell’acquedotto di Fonte Petricca.
Questo illuminato signore diede al paese nel 1584 uno Statuto compilato dal giureconsulto Luca Peto assistito da un rappresentante eletto democraticamente dalla comunità.
Vennero poi momenti tristi per gli arsolani che subirono le scorribande del brigante Marco Sciarra nel 1591 e la terribile peste che nel 1656, in soli tre mesi, ridusse gli abitanti da novecento a centoquarantacinque.
I Massimo adottarono allora una serie di provvedimenti per il ripopolamento; furono aperta una concia per le pelli, una fabbrica di materiali in argilla, una fabbrica di tessuti, un frantoio, una mola per la macinazione dei cereali, fu istituito il mercato settimanale del venerdì e, nel castello, una farmacia e un teatro.
Un documento datato 1668 reca la prima versione dello stemma del Comune, uno scudo tondo con al centro l’araba fenice sul rogo e la scritta Comunitas terrae arsolarum che, viste le alterne vicende di continue disgrazie e rinascite fu poi sostituita con quella ancora attuale Posta fata resurgo.
La presenza della Famiglia Massimo, ascesa prima al titolo di marchese e poi a quello di principe, ed il rifiorire del paese, diedero il via ad una serie di visite illustri: Giacomo III d’Inghilterra nel 1773, papa Gregorio XVI nel 1834, Giuseppe Garibaldi nell’aprile del 1849 e, in tempi più recenti, Luigi Pirandello, Benito Mussolini ed il principe ereditario Umberto di Savoia.
Con lo scorrere dei secoli il tessuto urbano si è consolidato, assumendo una certa rilevanza intorno alla rocca e, nonostante il tempo trascorso, ha mantenuto pressochè intatte tutte le sue caratteristiche che gli avvalsero, proprio da parte di Pirandello, l’appellativo di “piccola Parigi”