Il Tar del Lazio conferma la sospensione dei pagamenti della proroga tecnica delle concessioni del Bingo, fissati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Adm), in attesa che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si esprima sulla legittimità della proroga tecnica stessa in base al diritto europeo. Come riporta Agipronews, a stabilirlo sono una serie di ordinanze con cui il Tribunale amministrativo accoglie i ricorsi di varie società operanti nel settore, in linea con i primi decreti di sospensione pubblicati a fine gennaio. Il Tar ha quindi ridotto temporaneamente il pagamento della proroga a 2.800 euro al mese per ogni concessionario, a patto che confermi le garanzie economiche e finanziarie di copertura dell’intero importo. Con una determina del 10 gennaio, Adm aveva fissato il costo di adesione alla proroga tecnica biennale (fino al 31 dicembre 2026) a 108mila euro all’anno per ogni concessione, divisi in due rate semestrali da 54mila euro da versare entro il 31 gennaio e il 30 giugno di ogni anno.
Le ordinanze si richiamano alla decisione del Consiglio di Stato di rivolgersi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, prosegue Agipronews, che discuterà il caso a partire dal 20 marzo, e sono quindi coerenti con provvedimenti cautelari simili adottati lo scorso anno per i pagamenti della precedente proroga delle concessioni. I giudici di Palazzo Spada dubitano infatti che la proroga stessa sia “compatibile con il quadro normativo europeo di riferimento” per la mancanza, si legge nei documenti, di un “rimedio giuridico che riconosca all’Amministrazione medesima, il potere discrezionale di avviare, su istanza degli interessati, un procedimento amministrativo volto a modificare le condizioni di esercizio delle concessioni, con o senza indizione di nuova procedura di aggiudicazione”, incidendo quindi pesantemente sulle “condizioni normali di rischio operativo”. “L’esame delle censure di parte ricorrente – precisa il Tar del Lazio – richiede la preventiva definizione delle questioni pregiudiziali sollevate innanzi alla Corte di Giustizia”.