Cimitero di Carsoli; distrutte le siepi ornamentali dalla “Piralide del Bosso” un parassita di origini asiatiche
Carsoli – Le siepi ornamentali del cimitero di Carsoli capoluogo sono state letteralmente distrutte dall’attività della “Piralide del Bosso”, un parassita di origini asiatiche che è riscontrabili in enormi quantità in tutto il perimetro, sin dall’ingresso principale per poi proseguire nelle sue diramazioni interne. Lo spettacolo è a dir poco desolante, nelle siepi infatti sono ben visibili questi lepidotteri tuttora in azione che hanno divorato le siepi, e che hanno prodotto le relative secrezioni di muco che avvolgono tutte le foglie secche e quelle poche verdi che ancora vi sono rimaste. ” I primi segnali dell’infestazione – ci spiegano dal Consorzio Fitosanitario Italiano – sono quelli di un ingiallimento di piccole aree, ma se non si corre subito ai ripari le conseguenze possono essere devastanti come nel caso in questione. Inoltre, già di per se l’azione di contrasto per questi parassiti è abbastanza difficile ed il danno che ne producono è irreversibile. Inoltre continuano a riprodursi ed il contagio su altre aree verdi può comunque dilagare”. Ma oltre alla azione distruttrice è sicuramente opportuno procedere alla bonifica dell’area interessata poichè sono stati documentati danni agli ecosistemi del territorio.
La “Piralide del Bosso” (Cydalima perspectalis) è un lepidottero appartenente alla famiglia dei Piralidi di origine orientale che è molto diffuso in Giappone, Cina e Corea. Le prime segnalazioni della sua presenza in Europa risalgono al 2006, mentre dal 2010 se n’è riscontrata la presenza nel territorio italiano, specificatamente nelle regioni del Nord. Nel 2013 abbiamo avuto le prime segnalazioni nella provincia di Reggio Emilia in maniera occasionale e con una incidenza delle infestazioni limitata. Puntualmente, come spesso accade per insetti esotici che compaiono all’interno di un territorio vergine e quindi privo dei naturali fattori di limitazione, durante questa annata l’insetto ha fatto la sua comparsa in gran parte dell’areale della nostra provincia con infestazioni anche molte consistenti sia in termini di danneggiamento delle piante che di percezione diretta della popolazione. L’insetto ha abitudini alimentari legate quasi esclusivamente alle piante di bosso, danneggiandone moltissime varietà anche se pare preferire Buxus sempervirens varietà rotundifolia che ha dimensioni della lamina fogliare maggiori. Sono segnalati attacchi anche su piante di Pachysandra terminalis, Ilex ed Euonymus, non ancora segnalati nella nostra provincia.
E’ stato invece constatato che la frequentazione di piante di specie differente dal bosso (platano, tiglio, prunus, acero, conifere ecc.) non sembra avere attività trofica. La larva si nutre delle foglie, dei germogli e, occasionalmente dei giovani rametti. Erodendo le lamine fogliari porta a manifestazioni sintomatologiche molto evidenti con un rapido mutamento dell’aspetto della pianta che perde il caratteristico colore verde intenso per manifestare disseccamenti più o meno diffusi e una colorazione ocracea tipica di foglie che hanno perduto la capacità fotosintetica.
All’interno del fogliame compare una fitta rete di fili sericei prodotti dall’attività della larva all’interno dei quali rimangono intrappolati i residui dell’attività della larva stessa, le esuvie delle mute successive e gli escrementi dell’insetto. Forti infestazioni portano a gravi defogliazioni delle piante con perdita del valore paesaggistico degli esemplari, spesso protagonisti di siepi formali in giardini storici o semplicemente adornanti dimore private o giardini pubblici. Con il tempo la drastica defogliazione porta alla perdita completa del portamento caratteristico delle piante che, anche se non porta a morte l’esemplare, ne causa un danno estetico considerevole. L’insetto è anche in grado di effettuare delle migrazioni nell’intorno delle piante di bosso ed è quindi facilmente rinvenibile, in caso di forti infestazioni, anche sulle strutture poste nelle vicinanze (muretti, marciapiedi ecc.).
Le notizie in merito al ciclo biologico non sono ancora complete, o meglio, non si hanno ancora certezza di come si comporti all’interno dei nostri areali. “Indicativamente possiamo dire – spiegano dal Consorzio Fitosanitario – che l’insetto può compiere due – tre o quattro generazioni nel corso dell’anno e trascorre l’inverno come larva all’interno del bozzolo sericeo tessuto tra le foglie delle piante. Le larve riprendono l’attività trofica all’innalzamento delle temperature primaverili (indicativamente nel mese di aprile), completano lo sviluppo, si impupano e danno origine alla prima generazione di adulti nel mese di giugno. Secondo quanto riportato in bibliografia occorrono circa 30 – 40 giorni per compiere un ciclo completo (da uovo ad adulto). L’adulto è una farfalla con ali bianche corredate da una tipica banda marrone scuro sui bordi. L’apertura alare di circa 40 mm. Le uova vengono deposte tipicamente a gruppi dagli adulti, in maniera tale da formare delle caratteristiche oviplacche di 15-20 elementi collocate nella pagina inferiore delle foglie. Inizialmente le uova appaiono di colore giallo chiaro, mentre in seguito tendono ad imbrunire lasciando intravedere al loro interno una macchia scura corrispondente alla capsula cefalica nera della larva in via di formazione. Le larve di prima età sono lunghe circa 1,5 mm, presentano un colore tendenzialmente giallastro con il capo nero. Inizialmente, appena uscite dalle uova, si nutrono in forma gregaria e sono quindi facilmente osservabili in piccoli popolamenti nella pagina inferiore delle foglie. In questa fase la larva si nutre esclusivamente della parte inferiore delle foglie risparmiando l’epidermide superiore.
A partire dalla terza età le larve si nutrono erodendo completamente la foglia che assume un tipico aspetto scheletrizzato a seguito della perdita totale del lembo e della conservazione delle nervature. Le larve in questa fase cominciano a tessere i fili sericei allo scopo di avvolgere mazzetti di foglioline e creare dei “nidi” all’interno dei quali si incrisalidano.
Lo sviluppo larvale avviene con una successione di età variabili (generalmente 5 o 6 stadi) caratterizzati da un progressivo incremento delle dimensioni e da una colorazione che diviene sempre più intensa. Il colore delle larve rimane sempre con una caratteristica tinta di fondo gialla-verdastra con bande laterali nere, mentre appare molto evidente il capo nero. A maturità le larve raggiungono le dimensioni di 38-40 mm.
La crisalide ha una lunghezza di 20 mm circa e si presenta di colore inizialmente verde chiaro e poi virante al bruno. Le troviamo nascoste con cura all’interno della vegetazione, avvolte da un bozzolo sericeo biancastro.
Nei confronti di questo insetto non risultano ancora registrate per l’impiego specifico sostanze attive particolari. E’ preferibile scegliere prodotti a basso impatto ambientale in grado di preservare quanto più possibile l’integrità dell’ecosistema, anche allo scopo di favorire il naturale controllo dell’infestante. E’ sicuramente importante intervenire ai primi segni di insorgenza del fenomeno. Prodotti come il Bacillus thuringiensis var. Kurstaki o come i regolatori di crescita sono in grado di fornire risultati apprezzabili senza creare gravi alterazioni dell’equilibrio ambientale. per assicurare l’efficacia del trattamento occorre intervenire nei confronti di larve giovani sulle quali i prodotti si rivelano maggiormente efficaci. Sono disponibili trappole sessuali per la cattura degli adulti che consentono, attraverso il monitoraggio del volo delle farfalle, di posizionare correttamente gli interventi.