Carsoli, grande partecipazione al convegno diocesano “Giovani e Lavoro”: nutrire la speranza e scommettere sul territorio
Carsoli – In una sala gremita di gente si è svolto, nella Sala Polifunzionale di Carsoli, il convegno diocesano “Giovani e Lavoro: nutrire la speranza”. Un argomento programmatico e di grande urgenza per la nostra attualità sociale, che il pubblico ha accolto con grande interesse e partecipazione.
L’incontro, organizzato dall’ufficio di pastorale sociale e del lavoro in collaborazione con pastorale giovanile Progetto Policoro, Mcl, Mlac, Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila e le realtà giovanili delle associazioni laicali, è stato articolato in tre momenti in modo da approfondire la tematica attraverso punti di vista differenti. Il momento centrale è stato rappresentato dalle testimonianze di cinque giovani ragazzi abruzzesi che, dopo gli studi e molte esperienze vissute in altre città, sono tornati nella Marsica a investire sul proprio territorio.
Ad aprire il convegno, dando il via al primo momento dell’incontro, sono state le parole del sindaco di Carsoli Velia Nazzarro e del vescovo dei Marsi Giovanni Massaro. Certamente la mancanza di lavoro nei giovani d’oggi provoca sofferenza e anche un senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni. “Se i giovani non trovano lavoro, siamo anche noi istituzioni che non facciamo abbastanza”, ha sottolineato Velia Nazzarro. “Dobbiamo farci un mea culpa quando i nostri giovani vanno a cercare lavoro altrove e lasciano il proprio paese. A mio avviso facciamo ancora troppo poco per loro, che invece sono più capaci di adattarsi. Dobbiamo creare le condizioni per un futuro migliore”. Anche il vescovo dei Marsi Giovanni Massaro, sulla scia di questa riflessione, ha aggiunto: “È triste vedere che la maggior parte delle famiglie della Marsica sono divise perché i giovani sono costretti ad andare via. La comunità cristiana è chiamata a sintonizzarsi su queste problematiche”.
È da queste e altre considerazioni che ha preso il via la giornata diocesana, un cammino di ascolto e di dialogo per i tanti giovani che cercano di inserirsi e di realizzarsi nel mondo del lavoro. I dati attuali ci dicono che circa un quarto della popolazione giovanile in Italia non trova un impiego, soprattutto al Sud: mancanza di prospettive, sfiducia, senso di inadeguatezza, emarginazione sociale fanno innescare un corto circuito che provoca il fenomeno dell’esodo di molti ragazzi verso città del Nord o fuori dall’Italia in cerca di fortuna, di futuro, allontanandosi a malincuore dal proprio paese e dalla propria famiglia. E la Chiesa come si pone di fronte a tutto questo? Papa Francesco si è più volte espresso in tal senso, sottolineando che senza il lavoro non solo viene a mancare una fonte di reddito fondamentale per vivere, ma “i giovani crescono senza dignità, perché non sono “unti” dal lavoro, che è quello che dà la dignità” (visita pastorale a Genova, 2017).
La Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro si è parimenti pronunciata, in una nota, individuando delle possibili soluzioni: “Nello spirito del Cammino sinodale, desideriamo condividere percorsi di vera dignità di tutti. Vorremmo che le comunità cristiane fossero sempre più luoghi di incontro e di ascolto, soprattutto dei giovani e delle loro aspirazioni, dei loro sogni come anche delle loro difficoltà che essi si trovano ad affrontare”. In una parola, come ha detto don Antonio Allegritti (direttore della pastorale giovanile diocesana), “fare rete”: cioè unirsi alla collettività, al territorio circostante, alle istituzioni, coordinarsi e trovare insieme nuove idee e soluzioni in un consorzio umano orientato allo sviluppo.
Un esempio calzante è stato quello di Beatrice D’Ignazio, animatrice del Progetto Policoro della diocesi di Avezzano: un programma che accompagna i giovani alla valorizzazione di sé stessi nel proprio territorio puntando sulle opportunità. Il Progetto Policoro che ha come obiettivo per i giovani quello di guidarli in tutte le fasi che li porteranno alla realizzazione lavorativa, sin dalla fine della scuola. Il metodo è quello dell’ i care di don Milani, cioè “avere a cuore, interessarsi”: prendere i sogni di questi ragazzi e aiutarli a realizzarli e a realizzarsi nella vita, mettendo radici – una seconda volta – nella terra in cui sono nati.
Non sull’andare ma sul restare nasce il senso di riscatto e di speranza che ha dato vita al convegno e che ha portato cinque ragazzi della Marsica a venire a Carsoli a condividere la loro storia con le proprie testimonianze di vita. Giovani che dalle città in cui erano “fuggiti” sono tornati per restare, scommettendo coraggiosamente sul proprio territorio e sul proprio futuro.
Le testimonianze
Daniele Scoccia, Davide Marini, Giose Ciccarelli, Mirko Cipollone e Leonarda Luciani, accompagnati da don Antonio Allegritti, hanno raccontato al pubblico la loro esperienza che li ha portati, dopo mille giravolte, a trovare lavoro nel paese in cui sono nati e cresciuti e da cui erano scappati per studiare e formarsi altrove. C’è chi è andato a Milano, chi a Bologna o a Bruxelles, ma poi tutti, per qualche motivo, hanno deciso di tornare a casa: il che non significa fare un passo indietro, ammettere di essersi arresi o di aver fallito. No, tutt’altro. Significa avere avuto il coraggio e la voglia di investire sul proprio territorio e di scommettere su di esso in modo originale e creativo, per una crescita non solo personale e professionale ma anche rivolta alla collettività, all’offerta di nuove opportunità per tutti.
Daniele è un ragazzo di trent’anni. Dopo gli studi a L’Aquila e Milano per motivi personali è tornato nel suo paese in Abruzzo e ha inventato “Marsica Sharing”, una community dedicata allo scambio di idee per far conoscere la Marsica e condividere esperienze e progetti.
Davide invece è un ragazzo di Tagliacozzo di 25 anni. Ha studiato fuori, ma la sua grande passione per la montagna lo ha spinto a tornare nel suo paese, tra le bellissime montagne che abbiamo nella Marsica, e investire tutte le sue energie e risorse per aprire un tour operator e fare la guida escursionistica con percorsi anche in mountain-bike.
Oppure Giose, un ragazzo di quarantadue anni di Avezzano. Ha studiato a Perugia Conservazione dei beni culturali e poi ha trovato lavoro nel Nord, dove ha scoperto la passione per il volo in parapendio. Il richiamo della montagna lo ha spinto a tornare ad Avezzano, dove ha concretizzato la sua formazione e oggi è presidente dell’associazione dilettantistica “Controvento”.
Mirko è un ragazzo di Cese. Negli ultimi dodici anni ha vissuto a Berlino, Praga, Bruxelles. Con la pandemia ha deciso di tornare nel suo paese e anche lui, come Davide ha aperto un tour operator, “Appennini for all”, un progetto per rendere la montagna più accessibile e creare un turismo più inclusivo. Il suo obiettivo è “aprire le montagne”, cioè renderle fruibili per tutti e aprirle a disabilità motorie, sensoriali, cognitive. Con il sindaco Lorenzo Berardinetti di Sante Marie stanno portando avanti un progetto ambizioso: realizzare tutto il percorso del Cammino dei Briganti per includere anche persone con disabilità.
Leonarda è una ragazza di Capistrello, ha studiato a Bologna Antropologia dell’educazione e poi è tornata a casa e oggi lavora presso la sua azienda di famiglia, che è una fattoria che alleva pecore e capre. La sua idea è quella di offrire la sua formazione e la sua azienda per il territorio, creando una “fattoria didattica” dove i bambini possano conoscere da vicino il mondo della natura e degli animali, e in futuro ha in serbo anche il progetto di aprire un asilo nel bosco.
Con le loro storie di coraggio, tenacia e impegno questi ragazzi hanno regalato al pubblico un motivo concreto per credere che nel nostro territorio della Marsica si può ancora restare, che non si deve per forza fuggire, perché il lavoro se non c’è si può trovare, si può inventare e si possono concretizzare nuove opportunità e nuove risorse.
Imprese e istituzioni
A dire la loro sono intervenuti infine personalità delle istituzioni e delle imprese, che hanno saputo offrire un quadro diverso e alcune proposte in questo discorso sul lavoro. “Il problema dell’esodo dei giovani non è legato solo al nostro territorio, ma a tutti i territorio come il nostro”, ha dichiarato il Consigliere del CNEL per Confindustria Marco Fracassi, che è intervenuto nel terzo momento del convegno, moderato da Maria Nicola Giampietro e Nicola Gallotti (direttori Ufficio Pastorale Sociale e Lavoro, Giustizia e Pace, Custodia del Creato).
“La realtà è che molti giovani si stanno allontanando da certe tipologie di lavoro – continua Fracassi – e molte aziende fanno fatica a trovare personale. Manca poi una vera rappresentanza politica nella Marsica in grado di valorizzare il territorio”. E su questo punto, un pensiero più propositivo ha avuto Fabrizio Belisari, direttore della CNA Avezzano: “Questi giovani vanno accompagnati, vanno assistiti, vanno formati. Noi come associazione cerchiamo di mettere a disposizione dei servizi e quel “fare rete” che serve per metterli in contatto tra pubblico e privato. Devono essere riscoperti dalle stesse amministrazioni locali”.
Anche uno sguardo “dall’Europa” è stato utile per capire cosa si può fare per attuare vero un cambiamento, ed è quello dell’europarlamentare Elisabetta De Blasis: “L’Abruzzo è una bellezza sconfinata, ma è poco attrezzato e sponsorizzato nel settore turistico, come accade invece in molte parti d’Europa o del Nord Italia. Bisognerebbe investire di più nella promozione e anche nelle infrastrutture. Dobbiamo far diventare i nostri paesi, le nostre città non un paese per vecchi ma un paese per giovani, perché è a loro che dobbiamo pensare”.
La Chiesa, in tutto questo, ha un compito fondamentale: cercare di fare proprie le aspirazioni dei giovani e dare un contributo concreto ovunque si realizzino. I giovani, dunque, hanno bisogno di una guida, di un supporto e i genitori non bastano, ci vuole la cooperazione di tutte le forze sociali. Come ha detto anche il vescovo Massaro all’inizio del convegno: “I giovani hanno soltanto bisogno di noi adulti, del sostegno della chiesa e delle istituzioni, in un dialogo intergenerazionale”. Ma anche gli adulti hanno bisogno dei giovani: “Una chiesa e una società senza giovani non sono pensabili”. E ricorda una bellissima immagine di Papa Francesco nella “Christus vivit”:
“La chiesa è una canoa in cui gli adulti aiutano a mantenere la rotta, interpretando la posizione delle stelle, e i giovani remano con forza, immaginando ciò che li attende più in là. Saliamo allora tutti sulla stessa canoa e insieme cerchiamo di nutrire la speranza e costruire così un mondo migliore”.