Carsoli – Festeggiano un compleanno al ristorante ma non saldano il conto da oltre 9mila euro, consegnando un assegno scoperto. Con questa accusa tre persone sono state rinviate a giudizio. Devono rispondere del reato di insolvenza fraudolenta.
Nei guai due donne e un uomo di Avezzano, tutti della stessa famiglia.
Tutto questo, secondo la procura di Avezzano che ha indagato sull’episodio, con l’intenzione di non adempiere correttamente al pagamento, e realizzando così “un ingiusto profitto ai danni del ristoratore per un totale di 5.700 euro”.
Infatti, secondo l’accusa, avevano creato nel ristoratore una situazione di fiducia sulla loro onestà versando, alla fine del pranzo, un anticipo di 3.400 euro. Successivamente avevano tentato di pagare il restante della somma, 5.700 euro, con una carta di credito esibita da una delle due donne insieme a una carta d’identità, senza però portare a termine il pagamento. A quel punto avevano consegnato al proprietario del ristorante un assegno postale per l’importo residuo dovuto, pari quindi alla somma mancante.
Quando però il ristoratore era andato ad incassare l’assegno, aveva scoperto che il titolo postale era privo di copertura.
Dopo diversi tentativi di rintracciare i clienti, che nel frattempo si erano resi irreperibili, il ristoratore era stato costretto a presentare una denuncia alle autorità. Le indagini avevano portato a individuare i tre organizzatori della festa. Gli imputati, difesi dagli avvocati Luca e Pasquale Motta, sono stati così, al termine delle indagini, rinviati a giudizio con l’accusa di aver frodato il ristoratore. Dovranno presentarsi a febbraio davanti al collegio del tribunale di Avezzano. Una vicenda che si è trascinata per più di cinque anni e che ora dovrà essere trattata in un processo che potrebbe durare ancora per anni. Tutto questo affinché il ristoratore riesca a recuperare la somma mai ricevuta dopo aver preparato e servito il banchetto.
Comunque sia, gli imputati, qualora dovessero essere condannati alla fine del processo, rischierebbero una pena minima. La legge prevede che, se un soggetto contrae un’obbligazione, dissimulando il proprio stato d’insolvenza con l’intento di non adempierla, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a 516 euro.