ROMA – Nel pomeriggiodi ieri , presso la Legione Allievi Carabinieri, sede della Caserma “De Tommaso”, si è svolta la cerimonia di commemorazione dell’80° Anniversario della deportazione dei Carabinieri da Roma. Presenti il Comandante Generale dell’Arma, Generale di Corpo d’Armata Teo Luzi, che ha deposto una corona d’alloro alla lapide dei Caduti in guerra, il Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, l’Assessore alle Politiche Educative dell’Unione Comunità Ebraiche Italiane, il Presidente della Comunità Ebraica di Roma, i Presidenti dell’Associazione Nazionale Carabinieri e dell’Opera Nazionale Assistenza Orfani Militari Arma Caduti ed Abramo Rossi, deportato ancora in vita. C’erano anche gli alunni di due istituti scolastici cittadini.
L’Arma dei Carabinieri sin dal 25 luglio del 1943, all’indomani della seduta del Gran Consiglio del Fascismo si era connotata, agli occhi dei tedeschi, come ambigua e inaffidabile, soprattutto a Roma.
L’eccidio delle Fosse Ardeatine, i combattimenti di Porta San Paolo, il sacrificio del Vice Brigadiere Salvo D’Acquisto, avevano fatto ben comprendere ai nazisti e agli aderenti alla Repubblica Sociale Italiana, che i Carabinieri difficilmente sarebbero venuti meno al giuramento di fedeltà prestato e ancor meno si sarebbero resi partecipi o soltanto spettatori inermi di atti di barbarie contro quella popolazione di cui, per mandato, dovevano essere i difensori. I tedeschi, che, come da ordini ricevuti da Berlino, si apprestavano a rastrellare il ghetto ebraico di Roma per deportarne gli abitanti, avevano bisogno di avere mano libera per condurre in porto l’operazione senza particolari impedimenti. Per questo, come confermato da autorevoli studi storici, il comandante della Gestapo romana, Herbert Kappler, si pose il problema di neutralizzare i Carabinieri, ancora armati e, a Roma, in gran numero al loro posto, per garantire la sicurezza pubblica.
Il 7 ottobre 1943, di primo mattino, paracadutisti tedeschi e SS circondarono le principali caserme dell’Arma della Capitale, bloccandone all’interno i Carabinieri che, ignari, attendevano alle loro occupazioni quotidiane, quasi sempre senza l’immediata disponibilità delle armi. Molti militari in forza alle Stazioni riuscirono fortunatamente a dileguarsi, spesso portando con sé il proprio armamento, grazie a tempestive segnalazioni di amici dei Carabinieri che, pur consapevoli dei rischi che correvano, in molti casi li aiutarono a trovare un momentaneo nascondiglio. Dei Carabinieri in servizio nella Capitale, oltre 2 mila, forse fino a 2.500 (il numero è incerto dal momento che i tedeschi bruciarono tutti gli archivi delle caserme dell’Arma occupate) furono però catturati e rinchiusi, per tutta la notte, nelle loro caserme; il giorno dopo, i militari trattenuti vennero avviati alle stazioni ferroviarie Ostiense e Trastevere e fatti salire su treni merci diretti a Nord, con la falsa notizia – fatta circolare ad arte per tranquillizzarli – che sarebbero scesi a Fidenza per essere impiegati nei territori del Nord Italia. In realtà, tutti i Carabinieri così catturati, furono deportati in campi di lavoro o di internamento in Austria e in Germania, allora unite nel Terzo Reich nazista o in Polonia, da dove oltre 600 non tornarono più e gli altri riuscirono a fare ritorno soltanto dopo mesi, e fino a due anni circa, di fatiche, sofferenze e stenti.
Il 16 ottobre, otto giorni dopo, messi fuori gioco i militari dell’Arma, centinaia di cittadini ebrei italiani furono catturati in tutta Roma e in particolare nel ghetto, in via Portico d’Ottavia.
1023 di loro furono avviati a Auschwitz: sappiamo che tornarono solo in 16 (15 uomini e una donna).
Quelle appena descritte sono solo alcune delle pagine di valore e di coraggio che i Carabinieri hanno scritto nella storia della Resistenza e della Guerra di Liberazione.
Quel 7 ottobre di 72 anni fa, i Carabinieri rifiutarono l’adesione alla R.S.I., scegliendo la strada dell’onoro e il supplizio dei campi di internamento nazisti. Una scelta consapevole, estrema e coraggiosa, di sofferenza certo, ma coerente con quella fatta all’atto dell’arruolamento: servire la propria gente e difendere la Patria.
L’eroismo dei Carabinieri e il contributo dell’Arma alla Resistenza e alla Guerra di Liberazione si è concretizzato in 2.735 caduti, 6.521 feriti, oltre 5 mila deportati, 723 ricompense individuali al Valor Militare e innumerevoli ricompense al Valore e al Merito Civile, nonché con la concessione della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla sua Bandiera di Guerra che, nascosta, proprio in quei drammatici giorni negli scantinati del Museo Storico dell’Arma per non farla finire in mani nemiche, fu poi restituita, all’atto della Liberazione di Roma, alla ricostituita Legione Allievi, dove da allora, sostituita nel 1947 da quella repubblicana, continua ad essere gelosamente custodita.
Il Comandante Generale, nel suo intervento, rivolgendosi ai ragazzi presenti ha sottolineato: “la memoria è come un faro che consente di vedere nel buio. Il miglior modo per rievocarla è combattere ogni giorno per la difesa dei principi fondamentali della Costituzione. La libertà e la democrazia vanno conquistate ogni giorno con i nostri comportamenti e con l’agire quotidiano”.