ANTICOLI CORRADO – La Chiesa di Santa Vittoria sorge nell’area prospiciente il palazzo baronale dei conti Veroli di Sgurgula (ora proprietà Gaudenzi), a sua volta costruto sulle rovine dell’antico castello svevo (possedimento, dal 1240, di Federico D’Antiochia, conte d’Alba, figlio naturale di Federico II di Hohenstaufen, re di Sicilia e imperatore di Germania) nel 997 (“regesto sublacense” dei monaci benedettini). Anticoli è un “castellum” cioè un villaggio fortificato. Nell’antica corte chiusa del castello sorgeva anche una chiesetta a una navata con orientamento dell’abside verso est, ad uso dei castellani. Demolite le costruzioni medioevali, il transito della “corte” diviene libero, la chiesetta distrutta è sostituita dalla più grande di Santa Vittoria, in stile classicheggiante, (con l’abside girata 90° verso nord). La costruzione assume l’aspetto attuale nel 1860. All’epoca il territorio di Anticoli risultava diviso in due parrocchie: la SS. Trinità e Santa Vittoria. Nei bilanci delle due parrocchie risultavano iscritti rispettivamente 300 e 800 parrocchiani, oltre ai due parroci, la comunità era affidata alle cure di un “predicatore” e di una missione dei Padri Gesuiti. La pala in tela dell’altare maggiore (dipinto del 1600) raffigura il martirio di Santa Vittoria, fanciulla romana vissuta nel III sec. che insieme alla coetanea Anatolia subiscono le persecuzioni di Decio. Anticoli Corrado è posto su uno sperone roccioso, sulle pendici settentrionali dei monti Ruffi che dominano la valle dell’Aniene. È raggiungibile con una strada che si distacca dalla via Tiburtina Valeria, per circa due chilometri di salita. Il nome compare per la prima volta in una iscrizione che elenca i beni del Monastero romano di Sant’Erasmo al Celio, come Antikuis, iscrizione greca databile intorno al VII-VIII secolo. Nelle vicende piuttosto confuse dei secoli IX e X relative alle donazioni e alle spoliazioni dei centri che gravitavano intorno alla valle dell’Aniene, ricompare Anticoli in un atto, datato al 997, in cui Papa Gregorio V attribuisce varie proprietà al Monastero di Subiaco e tra queste compare anche un castello de Anticulo.
Quindi parrebbe confermata la derivazione del nome da un attributo Antiquo, poi modificato in Anticulo, da cui Anticuli. Nel periodo in cui è abate di Subiaco, Giovanni (1065-1117), è signore di Anticulo un suo fratello, Oddone di Palombara, il quale, con il sostegno del Papa, difende il suo feudo dalle mire dell’abbazia. Da quest’epoca, il castellum anticolano resta proprietà dei signori di Poli, anche dopo che Gregorio, figlio di Oddone, si sarà riconciliato con l’abate sublacense. Il feudo passerà poi nelle mani della potente famiglia dei Conti e da questi agli Antiochia, dai quali alcuni fanno derivare il nome di Anticoli, mentre essi aggiunsero soltanto il secondo nome, Corrado, per ricordare il Corrado, magnificus et potens vir discendente di Federico II. Nel corso dei secoli seguenti la potenza degli Antiochia si andò indebolendo e nel 1430 il castellum de Anticuli fu venduto a Papa Martino V Colonna che lo rilevò per i suoi familiari. Un erede dei Colonna, Filippo di Paliano lo vendette a Carlo Barberini. Fu poi nuovamente ceduto ai Colonna di Carbognano e, in seguito a divisioni ereditarie, toccò ad un altro ramo della famiglia, gli Sciarra Colonna. Poi ancora ai Barberini e ai Massimo. Nel secolo XVIII lo Stato pontificio, trovandosi in non floride condizioni finanziarie, iniziò a tartassare con gabelle le grandi e piccole comunità del proprio territorio. Tra queste compare Anticoli, che per tutto il secolo vedrà peggiorare le proprie condizioni di vita, già rese difficili perché basate su un’economia agricola, soggetta alla volubilità delle stagioni. Nel 1763 si ebbe un’annata di completa siccità e le campagne si andarono spopolando; per Anticoli, in particolare, le conseguenze furono pesantissime, tanto che nel 1782 la popolazione si era ridotta a 498 abitanti, dai quasi 1200 di quarant’anni prima. L’invasione francese dello Stato della Chiesa significò per i suoi sudditi nuovi inasprimenti fiscali; inoltre, nel 1799, si verificò una grande carestia che rese i raccolti quasi inesistenti. A partire dall’inizio dell’Ottocento si registrano, per quel che riguarda Anticoli, una lunga serie di documenti contenenti da una parte suppliche e dall’altra minacce provocate dalle tassazioni, sempre più pesanti e impossibili da sostenere. Intanto continuavano inevitabilmente le migrazioni verso la grande città.
Il paese dei pittori e delle modelle. In questo periodo, Anticoli divenne il paese dei modelli per i pittori che lavoravano a Roma. Presto la fama della bellezza delle donne anticolane e degli uomini della vicina Saracinesco si sparse negli ambienti artistici della capitale. Alcune delle modelle divennero famose, come Ersilietta d’Anticoli, o Rosa Lucaferri che sposò il pittore Barbasan e molte altre. Il primo pittore giunto ad Anticoli fu un artista belga non meglio identificato, che alla fine del Settecento affittò uno studio dalla famiglia Carboni. Successivamente, arrivarono danesi e svedesi, austriaci e svizzeri che, spinti lungo la valle dell’Aniene, approdarono nel suo centro più pittoresco. Gli italiani vi giunsero per ultimi; tra essi il più significativo fu Nino Costa, amico del Corot, precursore dei macchiaioli e legato ai preraffaelliti inglesi e agli impressionisti francesi. Soprattutto la ricerca della luce e di atmosfera degli impressionisti francesi influenzò numerosi pittori nella ricerca di nuove suggestioni del paesaggio. Proprio come accadde ai venticinque della Campagna romana (1904) che si spinsero in cerca di ispirazione verso Subiaco, Olevano e Anticoli fino ad innamorarsi talmente di quei luoghi da sposarne le donne e da adottarne il semplice stile di vita. Tra i nomi dei pittori più noti affascinati da Anticoli: De Carolis, Carlandi, Mancini, Carena, Martini e Kokoschka. La tradizione di Anticoli Corrado, paese degli artisti, dura tutt’ora poiché in questo piccolo centro vivono e lavorano ancora molti pittori, che hanno trasformato in studi le stalle del paese. Tuttavia resiste un piccolo mondo contadino, anche se i giovani hanno scelto il lavoro nel grande centro urbano.
Un nucleo medioevale e barocco. Il paese conserva un nucleo medioevale e barocco. Ludovico Quaroni ha identificato quattro fasi dello sviluppo urbanistico: la prima, quella romana, non ha lasciato ad Anticoli che scarsissime tracce. La seconda, databile intorno all’anno Mille, è caratterizzata dalle costruzioni fortificate: le sue tracce sono, però, nascoste sotto le costruzioni posteriori. L’architettura di Palazzo Gaudenzi ha in parte inglobato il medioevale Palazzo della Rocca; le antiche “carceri” sono sotto la torre del Palazzetto Brancaccio e anche i resti della chiesa di Santa Vittoria sono appena visibili dopo la ricostruzione della fine del XVIII secolo. La terza fase appartiene al periodo barocco chi determinò l’espansione dell’abitato verso Porta Priaterra. Sulla piazza Santa Vittoria sono il Palazzo baronale e il Palazzetto Brancaccio oggi sede del Museo civico, inaugurato ne 1935 per iniziativa di Pietro Gaudenzi. Nella raccolta figurano, per la maggior parte, opere di artisti italiani e stranieri che hanno soggiornato e lavorato ad Anticoli. Al centro della piazza l’Arca di Noè, fontana di Arturo Martini. L’ultima fase dello sviluppo del paese è quella che appartiene a questo secolo che ha spinto l’abitato verso sud.