Editoriale – Nel corso di questi due anni, l’insorgenza pandemica con tutte le sue varianti, le preoccupazioni, il senso di smarrimento ci ha fatto perdere gli importanti valori della socialità. I luoghi di incontro, e quella naturalezza che ormai sembra essere diventata parte integrante e sostanziale di una storia lontana. Le città vivono dei loro ricordi, delle feste, delle sagre, ma non come oggi, ma quelle in libertà, dove tutto si svolgeva con estrema naturalezza.
Oggi quel tipo di vita ci sembra perfino esagerato. L’uomo è spaventato da se stesso, in ogni persona che ci circonda a vario titolo e ruolo non vediamo più l’amico, il collega, il familiare, ma talvolta solo un possibile veicolo di contagio.
Il covid 19 ha cambiato i cuori, resi più aridi dal poter apportare perfino le condoglianze nei casi degli ultimi saluti a chi parte per l’altra dimensione. Ognuno vive in un suo mondo, che cerca di proteggere in qualche modo. Ed ecco che non siamo diventati altro che pesci spinti dalla corrente verso l’aria che cercano di tornare in acqua.
Ebbene, tra i misteri della scienza, i vax ed i novax, le divisioni crude che si sono generate non solo dalla pandemia, ma da un modo di raccontare le cose che inesorabilmente ci condiziona ogni ora della vita, cerchiamo di essere normali, facendo i conti con quanto sta accadendo, ma distaccandoci dal pessimismo e dallo sgomento, che è sicuramente legittimo ma non più opportuno.
La storia in cui siamo chiamati a vivere ci ha messo di fronte a questa prova durissima, in cui la persona contagiata viene messa in isolamento. Con se stesso, con il proprio malessere, con le proprie paure dell’evoluzione sintomatica. Senza la mano sulla fronte di una mamma, di una nonna che sembravano far passare la febbre istantaneamente.
Se il virus è stato progettato da qualcuno per distruggere la vita alla gente, l’operazione è riuscita benissimo, e più che alla scienza ci affidiamo alla coscienza della scienza che è diventata protagonista di una serie di ipotesi propagate al momento del bisogno.
Non sappiamo chi realmente sappia come tutto ciò sia stato originato e voluto, o il perchè, ma quel che deve farci riflettere è comunque il valore della vita, della solidarietà da riscoprire soprattuto nei fatti e nelle circostanze di queste difficoltà.
Oggi ognuno vive una sua guerra personale, un incubo, dal quale vorrebbe svegliarsi e ritrovarsi a quel tourbillon che era proprio dei tempi appena passati.
Ieri nonni e nipoti e figli si abbracciavano per dimostrarsi il bene, oggi per farlo devono rimanere distanti. Non vedersi. Distaccare i sentimenti che ci fanno diventare rigidi e freddi rispetto alle circostanze.
Non disperiamo però, poichè il bene della vita è un dono prezioso e non sappiamo quando, ma possiamo almeno sperare di riavere la città che avevamo e che oggi sognamo.