Consumo di nuovo suolo a Roma Capitale: il caso del Pratone di Torre Spaccata
Roma – Frequentemente – riguardo al territorio di Roma Capitale – politici, amministratori e tecnici hanno espresso risolute dichiarazioni favorevoli al consumo zero di nuovo suolo, in quanto la città è già stata negli ultimi decenni cementificata oltre ogni ragionevole misura. Nella pratica quotidiana invece si continua inesorabilmente a consumare suolo.
Un caso emblematico (purtroppo non isolato) è quello del cosiddetto “Pratone di Torre Spaccata” sul quale il PRG del 2003-2008 prevede costruzioni per ben 600mila metri cubi su 18,5 di Superficie Utile Lorda.
Si parla di un lembo di agro romano per un totale di 58 ettari di verde. L’area si estende tra i quartieri di Torre Spaccata – da cui il nome con cui molti lo conoscono – Cinecittà Est e il Lamaro. Un’area vocata a verde pubblico, che custodisce un vero tesoro di storia e biodiversità, malgrado l’uso improprio che nel corso degli anni ne è stato fatto, divenendo spesso luogo di abbandono di rifiuti.
QUI IL LINK DEL VIDEO SUL PRATONE: https://www.youtube.com/watch?v=qYWH1Snuq9o
All’interno del Pratone sono state rinvenute e documentate emergenze archeologiche di grande rilievo, portate alla luce dalla Sovrintendenza Capitolina tra il 2000 e il 2005, documentate in un grande tomo edito nel 2008 e curato da Patrizia Gioia e Rita Volpe che condussero gli scavi.
Purtroppo, tali evidenze non sono valse ai fini dell’apposizione del vincolo sull’area, nonostante le richieste avanzate in questo senso negli anni da associazioni e cittadini.
Eppure il Pratone nel tempo è anche divenuto un vero e proprio scrigno di biodiversità, che volontari ed esperti sono riusciti a censire, individuando sicuramente: oltre 200 specie vegetali e 60 specie animali, tra cui alcune protette da specifiche misure normative, come nel caso del falco Pellegrino (Falco peregrinus) e della luscengola (Chalcides chalcides).
Il Pratone di Torre Spaccata è quindi uno degli ultimi lembi di Agro Romano che fino ad oggi ha resistito alle varie ondate edificatorie, rappresentando una straordinaria potenzialità per il quadrante di Roma Sud-Est, tra i più densamente abitati della città.
La Capitale è infatti una città che consuma suolo arrivando a impermeabilizzare 100 ettari l’anno, senza essere in grado di garantire ai cittadini il rispetto della quota verde di 9 mq/abitante, standard minimo stabilito per legge, generando un pesante impatto sociale.
“Il Comitato per il Pratone di Torre Spaccata Parco – dichiara Stefano Becchetti Presidente del Comitato – in sinergia con molte realtà della rete delle associazioni di quartiere e con tutte quelle associazioni e comitati che si battono per vertenze simili, chiede dal 2019 all’amministrazione capitolina di tutelare l’area da questo nuovo processo di urbanizzazione. E lo fa non solo per tutelare il patrimonio storico e ambientale dell’area, ma anche perché è convinto che non ci sia più spazio a Roma per nuove costruzioni: forte di quanto ribadito dagli articoli 9 e 41 della Costituzione, chiede alle istituzioni che vigilino affinché l’iniziativa economica privata non si sviluppi a danno dell’ambiente e del territorio”.
In questo senso, il Comitato ha promosso negli ultimi anni iniziative di vario tipo: seminari, passeggiate, azioni creative e due istituti di partecipazione diretta:
1. una petizione online sul sito istituzionale del Comune di Roma, che ha raccolto in pochi mesi circa 2700 firme, tutte autenticate con SPID, risultando la più votata;
2. una delibera di iniziativa popolare per l’assemblea capitolina, supportata da 11mila firme, ben oltre le 5mila richieste dal regolamento del Comune di Roma.
“Il WWF sostiene totalmente l’iniziativa del Comitato per il Pratone di Torre Spaccata Parco – dichiara Raniero Maggini Presidente del WWF Roma e Area Metropolitana – nella convinzione che il futuro dell’area non possa prescindere dal suo valore e dal valore che ha per i cittadini della Capitale. Storia e Natura sono i punti di forza della Città Eterna ed è criminale oltre che insensato immaginare di soffocarli nel cemento. Un atto contro lo sviluppo sostenibile della Città, contro la resilienza di un territorio sempre più in affanno nel rispondere all’emergenza climatica, un affronto alla bellezza che rende Roma Capitale del Mondo.”