Tivoli – Le Associazioni, i Comitati e Cittadinanzattiva sono pronti per incontrare la Regione Lazio e per iniziare a metà settembre, se necessario, una protesta con un presidio fisso a Tivoli, davanti la sede della ASL RM5.
Di fronte al rischio di una nuova ripresa del coronavirus chiediamo sicurezza per tutto il personale sanitario e servizi garantiti alla cittadinanza. Non vogliamo che si ripeta nel comprensorio territoriale – un bacino di circa 120 mila abitanti – quanto accaduto durante l’emergenza: il “blocco” delle prestazioni ambulatoriali e ospedalieri, a fronte della cronica carenza di personale per tutti i profili, di posti letto, di una risonanza magnetica e di un’automedica con “dottore” a bordo.
L’ospedale di Anagni non è stato riaperto, il Valmontone Hospital è stato chiuso e quello di Palestrina è stato trasformato in Covid: per la cura di altre gravi e diffuse patologie, i cittadini si sono ritrovati improvvisamente senza un’assistenza alternativa e accessibile.
Per il ripristino del regime ordinario si registrano lentezze e disservizi: i tempi di attesa delle liste superano i 150 giorni e 1 anno e mezzo per gli esami diagnostici di base. Non c’è un piano per il loro abbattimento, come non c’è il blocco delle richieste, non c’è nemmeno un calendario per l’ampliamento degli orari dei servizi e degli ambulatori.
I cittadini di Segni rispondono con la protesta: le Autorità, tra cui il Sindaco, non intervengono a difesa dei diritti dei malati.
Per dare maggiore sicurezza e certezza ai cittadini, l ’Assemblea dei Sindaci dei Comuni del distretto sociosanitario doveva confrontarsi con la Regione, con la ASL RM5 e con i rappresentanti eletti e avere un ruolo attivo, come previsto dai decreti governativi. Per i Sindaci, primi cittadini e prime Autorità sanitarie del territorio, con gli Assessori di settore, non è stata ritenuta una priorità.
Li abbiamo visti alle inaugurazioni, come accaduto all’ospedale L.P. Delfino di Colleferro: “La terapia intensiva sarà ‘velocemente’ portata entro il 28 marzo a 9 posti letto e 2 di subintensiva”, annuncia il Sindaco Sanna, anche se poi c’è stato un ulteriore slittamento di due mesi. Il problema, come sanno molto bene Sindaco e Assessore alla sanità, non sono i tempi di consegna, bensì l’assegnazione di nuovo personale.
Vale ricordare che fino a circa 5 anni fa l’UTIC di terapia intensiva cardiologica dell’ospedale di Colleferro era un centro qualificato e di riferimento per l’elettrostimolazione (pace-maker). Negli ultimi anni tutti gli interventi per il suo inserimento sono stati eseguiti presso l’ospedale di Tivoli, dove i pazienti sono stati trasferiti da Colleferro (privo di emodinamica). Oggi per le procedure salvavita (infarto) i pazienti vengono indirizzati al policlinico Tor Vergata di Roma (nemmeno a Tivoli, a causa della distanza).
La mancanza di personale costringe a tenere chiuso “ l’ambulatorio” chirurgico di oculistica, inaugurato a luglio. Vedremo cosa succederà del laboratorio chemioterapico.
Dopo una decina di anni di completa disorganizzazione manageriale, la ASL RM5, che non è più interessante per i giovani medici specializzati, è stata costretta a ricorrere a costose prestazioni aggiuntive e occasionali, da luglio a dicembre, per ordinarie guardie, sedute operatorie e attività ambulatoriali di preospedalizzazione , chiamando chirurghi a gettone e ingaggiando 20 neolaureati a contratto (non affiancati da colleghi anziani durante il servizio) da assegnare ai 5 Pronto soccorso degli ospedali di Tivoli, Guidonia, Colleferro, Palestrina, Monterotondo, Subiaco e per i Dea di I livello.
Poi “scopriamo” che dal 1 agosto la ASL RM5 non esegue interventi di chirurgia su minori di 18 anni e che in tutta l’Azienda non c’è la chirurgia pediatrica! Mancano infermieri e anestesisti? D ecisione non comunicata alla cittadinanza e non legata ad una direttiva scientifica nazionale. Le famiglie vengono “obbligate” ad andare Roma (spesso dal privato convenzionato) per curare i propri figli o per necessità di un certo livello e per tutte le altre attività diagnostiche minori (broncoscopia, CPRE terapeutico, nutrizioni parentali).
Il progetto sanitario regionale, che conta sull’appoggio politico di Sindaci e Assessori taciturni e disinteressati, vuole la definitiva trasformazione della Provincia in una colonia subordinata alla Capitale per far diventare i suoi abitanti cittadini di serie B. La Regione spinge verso l’accorpamento ospedaliero a Roma e il potenziamento delle strutture private convenzionate, che sostituiscono sempre di più quelle pubbliche: ha fretta di completare l’opera di smantellamento della sanità pubblica e degli ospedali della ASL RM5 e delle altre realtà provinciali.
Paradossali le disfunzioni del Polo ospedaliero unico Colleferro-Palestrina per l’ ortopedia e i reparti materno-infantili. In pratica i pazienti traumatizzati, che necessitano del gesso, vengono trasportati dall’ospedale di Palestrina a Colleferro e riportati indietro. I pazienti invece che necessitano di intervento vengono trasferiti dall’ospedale di Palestrina a quello di Colleferro o di Tivoli e in pochi giorni destinati presso le strutture di riabilitazione.
Con la trasformazione dell’ospedale di Palestrina in Covid, i famosi 4 reparti neonatali non sono stati riassegnati a Colleferro, ma all’ospedale di Tivoli: una violazione dell’Atto aziendale e del Polo unico che il Tavolo dei Sindaci ha subìto senza protestare.
La famosa “giornata storica” dell’ottobre 2019, nella quale i Sindaci del comprensorio si sono seduti allo stesso Tavolo a difesa del Polo unico, si è rivelata effimera: gli atti e gli incontri con gli Enti sovraordinati sono state le promesse non mantenute del Sindaco Sanna.
Né si sono indignati del fatto che il servizio ambulatoriale ginecologico e ostetrico (e pediatrico?) aperto solo 2 giorni a settimana presso l’ospedale di Colleferro venga propinato come “potenziamento”!
Dopo anni di annunci il Pronto soccorso dell’ospedale di Colleferro sarà ampliato, ma non ci sono medici sufficienti per le turnazioni, soprattutto di notte. I pazienti in attesa di visita (l’altro giorno ve ne erano 45) vi possono rimanere anche molto a lungo prima di essere “appoggiati” in reparto o trasferiti in altri ospedali. Senza trascurare che per alcune patologie ed emergenze arrivare al Bambin Gesù o al S. Camillo, nel centro di Roma, potrebbe essere tardi.
Pochi servizi, pochi macchinari, poco personale, pochi posti letto con gravi disagi per i pazienti sono frutto di una razionale scelta politica: le risorse non mancano. Il nuovo piano per l’edilizia sanitaria assegna una quota rilevante all’ammodernamento di strutture private/convenzionate (Gemelli e Campus biomedico) e prevede la costruzione di 5 nuovi ospedali: la stessa Regione che ne ha visti chiudere 16, che ha lasciato altri inutilizzati, non ha voluto investire su quelli ancora aperti!
Tutto ciò è ben noto ai Sindaci, agli Assessori alla sanità e ai soggetti politici che abbiamo eletto: situazione che sta bene a loro, non a noi.
Gabriella Collacchi, Portavoce e Ina Camilli, Coordinatore del Comitato libero “A difesa dell’ospedale di Colleferro” – Coordinamento territoriale