Dolores Ibarruri nacque in una famiglia di minatori, fu l’ottava di undici figli. Desiderava dedicarsi all’insegnamento, ma la sua famiglia non poteva permettersi di pagarle gli studi. Nel 1916, all’età di vent’anni, sposò Julián Ruiz, un minatore e attivista politico. Ebbe sei figli, ma quattro morirono prima dell’età adulta.
Dopo la sua partecipazione allo sciopero generale del 1917, Ruiz venne imprigionato, il che aggravò le condizioni economiche della famiglia. La Ibárruri studiò gli scritti di Karl Marx e si unì al Partito Comunista (PCE). Scrisse articoli per El Minero Vizcaíno, quotidiano dei minatori, sotto lo pseudonimo di Pasionaria.
Nel 1920, venne eletta nel Comitato Provinciale del Partito Comunista Basco; nel 1930 fu eletta nel Comitato Centrale del Partito Comunista Spagnolo.
Con l’avvento della Seconda repubblica nel 1931, si spostò a Madrid, dove divenne editore del quotidiano di sinistra, Mundo Obrero (Mondo Operaio). Lavorò per il miglioramento della condizione femminile. In seguito venne promossa all’Ufficio politico del Comitato Centrale del Partito. A causa delle sue attività, venne arrestata e imprigionata diverse volte, a partire dallo stesso anno 1931. La sua abilità oratoria la rese una dei principali rappresentanti del PCE. Fu una delegata dell’Internazionale Comunista (Comintern) a Mosca nel 1933.
Venne eletta alle Cortes (Parlamento) nel 1936, e fece una campagna per il miglioramento delle condizioni lavorative, abitative e sanitarie. Con lo scoppio della Guerra Civile Spagnola, innalzò la sua voce in difesa della Repubblica con il famoso slogan ¡No pasarán! (“Non passeranno”). I suoi discorsi conquistarono molti, specialmente donne, alla causa antifascista (contro il nascente franchismo di Francisco Franco). Prese parte a diversi comitati, con personalità quali Palmiro Togliatti, per ottenere aiuto per la causa Repubblicana. Dopo tre sanguinosi anni, nel 1939, con la caduta di Madrid in mano ai franchisti, le forze fasciste prevalsero. La Ibárruri andò in esilio in Unione Sovietica, dove continuò la sua attività politica. Il suo unico figlio, Rubén, si unì all’Armata Rossa, e morì nella Battaglia di Stalingrado nel 1942.
Nel maggio 1944 divenne Segretario Generale del PCE, una posizione che mantenne fino al 1960, quando prese il titolo di Presidente del PCE, che mantenne fino alla morte.
Agli inizi degli anni sessanta le venne concessa la cittadinanza sovietica. Il suo lavoro politico venne riconosciuto durante quegli anni e ricevette una laurea honoris causa nel 1961 dall’Università di Mosca. Ricevette il Premio Lenin per la pace (1964) e l’Ordine di Lenin (1965). La sua autobiografia, No Pasarán, fu pubblicata nel 1966.
Dopo la morte di Francisco Franco, nel 1975, ritornò nella sua terra natia. Venne eletta come deputato della Cortes nel giugno 1977, nelle prime elezioni libere dopo la restaurazione della democrazia.
Dolores Ibárruri morì di polmonite a Madrid, all’età di 93 anni.