The news is by your side.

Cultura in Abruzzo: il guerriero di Capestrano

L'opera di grande interesse è esposta presso il Museo Archeologico di Chieti

La storia del “Guerriero di Capestrano”  è  affascinante. Esso è l’icona di un Abruzzo antico, forte e gentile. Questa la storia: 

Rinvenimento:

“Quando Michele Castagna- spiega Carlo Maria D’Este del centro beni culturali della regione –  in quel lontano settembre del 1934, nella piana di Capestrano, affondando il suo bidente nel terreno per piantare la vigna, colpì qualcosa di molto duro, certamente non si rese conto di aver rinvenuto la statua funeraria di un principe guerriero risalente al VI secolo a.C., il reperto archeologico più importante per la conoscenza delle genti italiche preromane.

Riprendendo il lavoro più avanti, di nuovo, le punte del suo utensile incontrarono un’altra grossa pietra, uno strano disco circolare che si scoprirà poi essere il copricapo della statua, e accanto, un corpo lapideo raffigurante un torso femminile acefalo, probabilmente la compagna del Guerriero. Allertata la Soprintendenza alle Antichità di Roma, i reperti, dapprima custoditi nell’abitazione del contadino, furono trasportati al Museo Nazionale della capitale. Fu avviata poco dopo sul luogo una campagna di scavi, diretta dall’archeologo Roberto Moretti, che portò alla luce una necropoli, con alcune tombe e corredi funerari risalenti al VII-VI secolo a.C., non lontana dall’antico insediamento vestino di Aufinum. Il più recente programma di scavi, nei primi anni Duemila, ha portato alla luce un centinaio di tombe e oltre cinquecento reperti archeologici. Il Guerriero assume ancora più importanza in considerazione del fatto che le testimonianze di scultura etrusco-italica sono abbastanza rare per la qualità modesta della pietra allora disponibile, prima della scoperta del marmo, e per l’utilizzo della terracotta, materiale facilmente deperibile. Tali reperti sono localizzati soprattutto nell’area etrusca e in quella medio-adriatica, dove in età arcaica si affermò l’uso di segnalare le tombe più importanti mediante statue-stele. Esse dipendono dalle sculture etrusche contemporanee, a loro volta influenzate dai kouroi greci, che erano spesso usati come segnacoli tombali.

 DESCRIZIONE

Il Guerriero di Capestrano, come fu subito denominato, rappresenta una figura maschile stante, con le braccia piegate sul corpo, il destro sul torace e il sinistro sul ventre. Atteggiamento maestoso e fiero, rigidamente frontale, con l’anatomia semplificata e geometrica, i fianchi sono molto sviluppati e il torace è triangolare. Queste caratteristiche anatomiche hanno ingenerato in alcuni studiosi l’idea che potesse trattarsi anche di una figura femminile. La statua, originariamente collocata sulla sommità del tumulo di terra posto sopra la tomba del defunto, è ricavata da un unico blocco di pietra calcarea locale e mostra un’imponenza fuori dal comune: è alta due metri oltre al basamento di quasi mezzo metro di altezza e l’ampiezza delle spalle è di quasi 135 cm.  Poggia su un plinto di pietra ed è sostenuta da due colonnine. In origine la statua era colorata, come attestano le tracce di colore rosso che si sono conservate presenti in alcune parti. La testa è coperta da un copricapo discoidale di incredibile ampiezza, completato da una calotta semisferica con una cresta innestata che genera una sorta di coda. Su quel copricapo, realizzato in un blocco autonomo in fango carbonatico e inserito sul capo della guerriero con un sistema ad incastro, non nuovo in archeologia, tanto che di copricapi a larghe tese esistono esempi più piccoli tra i reperti veneti ed etruschi, gli esperti si sono divisi in passato tra chi lo considerava un cappello da parata e chi uno scudo da portare sul capo quando non in uso in battaglia. Il volto dell’uomo è solo stilizzato per alcuni, coperto da una maschera funeraria o protettiva per altri.

Impressionante l’armamentario: una lunga spada con impugnatura decorata da figure umane disposte in duplice ordine, con l’elsa a crociera e una guaina con la figura di una coppia di quadrupedi; un pugnale sovrapposto alla spada; due lunghe lance e un’ascia, ben tenuta dalla mano destra, l’oggetto più importante, che, a causa del suo manico assai lungo, fa pensare ad uno scettro, simbolo del comando e della mediazione del re tra gli uomini e la divinità. Non da meno è la corazza alla quale il guerriero affidava la sua sicurezza in battaglia: la schiena e il torace, all’altezza del cuore, sono protetti dai kardiophylakes, dischi proteggicuore; l’addome difeso da una lastra sagomata retta da cinque fasce e cinghie incrociate; le tibie coperte da schinieri e i piedi da calzari e corregge poste al di sotto dei malleoli. Su entrambi gli avambracci il guerriero presenta due armille; ben visibile intorno al collo un collare con pendagli nella parte anteriore. La ricca panoplia e i raffinati ornamenti a corredo del guerriero hanno fatto da subito pensare ad un personaggio importante e di rango elevato, sicuramente un principe o un re italico.

NEVIO POMPULEDIO

Ma chi è veramente il Guerriero di Capestrano? L’intera statua è sorretta lateralmente da due pilastrini che recano iscrizioni in lingua italica arcaica, probabilmente osca sud-picena, lungamente esaminate e studiate da archeologi e linguisti. In particolare il pilastrino alla destra della statua porta una scritta, incisa verticalmente su una sola riga, da leggere dal basso verso l’alto, che potrebbe far luce sull’identità del personaggio rimasto a lungo senza nome:

MA  KUPRI  KORAM  OPSUT  ANI..S  RAKI  NEVI  PO…M. II

Il soprintendente aercheologico di Roma, il professor Adriano La Regina, ha decrittato l’iscrizione che tradotta suona:

ME BELLA IMMAGINE FECE ANINIS PER IL RE NEVIO POMPULEDIO

scoprendo così l’identità del personaggio, re Nevio Pompuledio, e quella dell’artista che realizzò la scultura , un certo Aninis, autore di quello che passa tra i primi grandi ritratti della storia. Se così fosse, sarebbe un rarissimo caso in cui, per questo periodo, si conosce l’autore di un’opera d’arte.

Secondo l’archeologo La Regina, dunque, ci troviamo al cospetto di un re, Nevio Pompuledio, che governò le tribù italiche preromane; ciò spiegherebbe la cura della sua lavorazione, l’uso dei dettagli e la posa ieratica della statua. La stessa iscrizione, in realtà, non chiarisce che la statua rappresenti effettivamente il sovrano, potrebbe essere un guerriero realizzato da Aninis per il re ma non necessariamente il re stesso. Non lo sapremo mai, comunque ufficialmente oggi il Guerriero di Capestrano è riconosciuto come il re Nevio Pompuledio.

Uno studio più recente, condotto dal filologo Alberto Calderini nel 2007, tende a riconsiderare la lettura di La Regina attribuendo ad Aninis il ruolo di committente e non di autore; Aninis dunque non “fece” la statua ma la “fece fare” per Nevio Pompuledio che resta il personaggio rappresentato.

Alcuni anni fa la rivista “National Geographic” si chiese se Nevio Pompuledio e Numa Pompilio, il mitico secondo Re di Roma, non fossero la stessa persona, anche per l’evidente assonanza del nome. D’altronde Numa Pompilio era di origine sabina e i Sabini avevano il loro territorio nell’estremo lembo orientale confinante con i Vestini, non lontano da Aufinum, dove fu rinvenuto il Guerriero. Al riguardo Adriano La Regina, rammentando che Numa Pompilio governò Roma tra il 715 e il 673 a.c., osserva che Nevio Pompuledio con il Re di Roma ha in comune le iniziali, l’assonanza del nome e una certa affinità ma non ci si può spingere oltre, mancando gli elementi che lo consentano.

Ancora oggi la traduzione dell’epigrafe desta grande interesse da parte degli studiosi di tutto il mondo che, spesso in contrasto tra loro, a vario titolo hanno fornito le proprie interpretazioni, tutte degne di approfondimento e considerazione.

IMPORTANZA

Aldilà della legittima ricerca dell’identità del Guerriero, la scultura colpisce per la sua monumentalità, per originalità e bellezza delle sue forme. Considerato il reperto più rappresentativo d’Abruzzo, il Guerriero di Capestrano, unitamente ai preziosi reperti archeologici rinvenuti in area vestina sull’altopiano di Navelli, alle necropoli di Fossa e Bazzano, e nella Conca Subequana, ha contribuito davvero a sovvertire consolidate concezioni storiche secondo le quali l’antico popolo italico che abitava questa regione interna dell’Abruzzo montano fosse isolato, composto di rozzi pastori, indietro rispetto ad altre civiltà del centro Italia. Si deve a tali campagne archeologiche ed ai tesori rinvenuti la scoperta di una gente evoluta, raffinata negli ornamenti, ricca nei corredi funerari, come dimostrano le straordinarie dotazioni delle numerose tombe a camera delle necropoli di Fossa e Bazzano, gli splendidi letti d’osso, i gioielli e monili, come il pendaglio vitreo colorato chiamato “il principe di Bazzano”, che ha una singolare relazione con analoghe lavorazioni cartaginesi. D’altronde lo stesso Guerriero di Capestrano, le cui magnificenti fattezze non finiscono di destare ammirazione, si è riscontrato come abbia fatto scuola in centro Europa. Lo dimostrano il “Guerriero di Hirchlanden”, rinvenuto in Germania nell’alto Wurttemberg, e il “Guerriero di Glauberg”, rinvenuto in Assia, non distante da Francoforte sul Meno. Le due statue funerarie di pietra arenaria, scoperte in Germania, entrambe risalenti al V secolo a.c., pur distanti dalla raffinatezza stilistica del “nostro” Guerriero, mostrano singolari affinità formali e posturali con la scultura del Re vestino Nevio Pompuledio.

Con la sua solenne, ieratica semplicità porta indosso i segni della nostra indole: quello spirito guerriero che gli abruzzesi hanno sempre dimostrato dalla guerra sociale contro Roma alle lotte partigiane della Resistenza, lo stesso sangue e lo stesso naturale, spontaneo coraggio dei padri più antichi. Nevio Pompuledio a distanza di 26 secoli dalla sua creazione, narra di un mondo di pastori-guerrieri, gelosi dei propri territori, della propria identità: il linguaggio figurativo con cui un popolo fu in grado di esaltare se stesso.

L’opera è conservata, dal 1959, a Chieti nel Museo Archeologico Nazionale, nella nuova sala permanente creata appositamente dallo scultore Mimmo Paladino per ospitare la scultura.”