Nella storia della musica abruzzese spicca la figura di Francesco Paolo Tosti che nacque ad Ortona in provincia di Chieti nel 1846 e morì a Roma nel 1916. Era il quinto dei cinque figli sopravvissuti di Giuseppe, commerciante ortonese, nacque ad Ortona e ricevette i primi erudimenti musicali dal maestro Gaetano ad Ortona, e studiò in seguito con il Maestro Saverio Mercadante presso il Conservatorio di San Pietro a Majella a Napoli, dove si diplomò in violino e in composizione nel 1866. Lo stesso anno tornò ad Ortona, dove, malgrado disillusioni, inquietudine e qualche problema di salute, compose due canzoni, “Non m’ama più” e “Lamento d’amore”, che sarebbero diventate molto popolari. L’anno seguente fu incaricato della stagione di un teatro vicino ad Ortona e presentò tre opere: Il trovatore di Verdi, Roberto di Devereux e Lucrezia Borgia di Donizetti. Malgrado il successo ed il riconoscimento della città, Tosti era sempre giù di morale e sognava qualcosa di meglio. Nel 1869 partì per Ancona dove visse facendo il maestro di musica e di canto. Si trasferì poi a Roma dove, sfruttando la sua voce tenorile, iniziò ad esibirsi come cantante: grazie a questa attività divenne una celebrità e iniziò a frequentare gli ambienti mondani della capitale. La Principessa Margherita di Savoia rimase così colpita dal suo talento che lo scelse come proprio Maestro di Canto. A Roma Tosti strinse amicizia con altri due grandi abruzzesi: Gabriele D’Annunzio, massimo poeta italiano del tempo, e Francesco Paolo Michetti, noto pittore. Molte delle più belle romanze di Tosti furono composte proprio su testi di D’Annunzio. Sempre insoddisfatto, decise nel 1875 di partire per Londra. Questo fu un passo rilevante nella sua carriera. In questa città, grazie all’interessamento di Lord Mayor e all’appoggio del celebre violoncellista Gaetano Braga, suo corregionale, nel 1880 entrò alla corte della regina Vittoria come maestro di canto: mantenne la sua posizione anche sotto il suo successore, Edoardo VII, che nel 1908 gli conferì il titolo di baronetto: intanto, pur riluttante, aveva accettato anche la cittadinanza britannica (1906). Aveva già composto “Goodbye” e “Forever” e presto cominciò a scrivere solamente in inglese. Fu la romanza “Mother” a dargli grande successo presso il pubblico inglese. Per tutto il suo periodo inglese, comunque, Tosti continuò ad aver rapporti con l’Italia, dove trascorreva regolarmente alcuni periodi. Alla morte di Edoardo VII (1910) decise di rientrare definitivamente in Italia e di stabilirsi a Roma, dove morì presso l’Hotel Excelsior nel 1916. Un corpus straordinario qualitativamente e quantitativamente di composizioni di musica vocale da camera, che ne fanno il maggior esponente italiano del genere e l’unico assimilabile agli Schubert, agli Schumann, ai Fauré, ai Debussy, è oggi raccolto in 14 volumi editi dalla Casa Ricordi e dall’Istituto Tostiano. Un’opera omnia che ha avuto un successo planetario fino all’Estremo Oriente dove si tiene ormai un concorso di canto dedicato interamente al repertorio tostiano a dimensione panasiatica che si svolge a Nara, antica capitale del Giappone. Romanze, songs, chansons, canzoni che per sempre rinnovata invenzione melodica, rigorosa struttura tecnica dei diversi elementi compositivi, perfetta aderenza della musica al testo sono uscite indenni dall’attacco del tempo e delle mode, ed entrano prepotentemente nelle sale di concerto e in quelle di incisione discografica. Tale caratteristica non fu per Tosti una posa artistica o una ricerca di distinzione: un carattere mite, ma fermo, e un successo ottenuto già al di sotto dei 30 anni le avrebbero rese superflue. La sua originalità risiedé nell’essere stato un musicista atipico per i suoi tempi: non scrisse nemmeno una battuta di un’opera lirica, ad esempio. E quale musicista italiano del tempo, fosse pure il capomusica di uno sperduto reggimento, non aveva ceduto al fascino del palcoscenico? Tosti no, un po’ forse per restare alla pari, pur se su campi diversi, coi Puccini, i Mascagni, i Leoncavallo e persino con Verdi (come testimoniano lettere e altri documenti), ancor di più per dedicarsi toto corde alla sua attività, si astenne da una possibile gloria che l’avrebbe portato al confronto o alla concorrenza coi citati colleghi. Il fatto è che Tosti racchiudeva in sé molti modi di “servire” la musica: fu compositore, fu il più celebre insegnante di canto dei suoi tempi (e ce lo testimonia Verdi in una lettera al direttore d’orchestra tedesco Hiller), fu un organizzatore musicale di alto livello se divenne il direttore artistico della vita musicale della corte britannica sotto tre sovrani (la regina Vittoria, re Edoardo VII e re Giorgio V), fu un esperto di marketing editoriale se il caro amico e fratello Giulio Ricordi lo volle come supervisore della filiale londinese di Casa Ricordi, in quegli anni fiorentissima e quasi importante come la casa madre di Milano. Per quasi trent’anni, dal 1875 al 1913, fu tutto questo a Londra divenendo una delle più significative figure della musica britannica e meritando il titolo “Sir”nel 1908. Non fu per questo lontano dall’Italia che visitava annualmente per doveri professionali e per le marine intellettualità che si respiravano nel Convento di Francavilla a casa del pittore F. P. Michetti, con d’Annunzio, la Duse, la Serao, Giulio Aristide Sartorio, Salvatore Di Giacomo e tanti intellettuali dell’Italia umbertina che avevano fatto del piccolo borgo sull’Adriatico un cenacolo, d’arte, cultura e qualche sregolatezza. Poi Tosti se ne tornava nella routine senza tregua di Londra dove dava lezioni a nobili, borghesi e studenti di canto fino a diventare professore della Royal Academy of Music. Fra gli aristocratici c’era tutta la famiglia reale a cominciare dalla stessa regina Vittoria che menziona frequentemente le lezioni di Tosti ai suoi figli nei diari segreti. E così, crescendo quei rampolli, Tosti poté dire di aver collezionato nelle sue lezioni due sovrani d’Inghilterra (escluso Edoardo VII che alle lezioni di Tosti preferiva il canto delle soubrette …), la regina di Spagna e quelle di Norvegia, Svezia e Romania, oltre la sfortunata Alessandra moglie dello zar Nicola II. Ma col nostro studiavano e si esibivano grandi cantanti come Caruso, i baritoni Antonio Scotti e Victor Maurel, i soprani Nellie Melba e Luisa Tetrazzini. E intanto componeva facendo la gioia sua e dei suoi editori Ricordi,Chappell e Enoch: una vita senza posa cui si aggiungevano le serate a corte o presso le maggiori famiglie britanniche dove accompagnava al pianoforte e cantava egli stesso con graziosa voce di tenore. Fu uomo di grande charme artistico e umano, dal 1889 sostenuto da una donna di straordinarie qualità che era stata assistente, giovanissima, di Lesseps durante i lavori per il canale di Suez.Lady Berthe Tosti deVerrue fu moglie perfetta specialmente nell’aiutare il musicista nel muoversi in un mondo rutilante ma complesso e, diremmo oggi, stressante. Tosti che nel suo sigillo, conservato tra altre memorabilia nel Museo dell’Istituto ad Ortona, aveva impresso il motto Vivi e lascia vivere ebbe la forza fisica e intellettuale di vivere trent’anni a ritmi di lavoro serratissimi, come già ricordato, guadagnandosi nel 1908 il titolo di «Sir» unico musicista italiano.
Fonte:Istituto Nazionale Tostiano