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Cure palliative, la Asl di Rieti in pole position per nuovi percorsi di accreditamento

Rieti – Cure palliative: La Asl di Rieti è la prima Azienda in Italia ad aver avviato un percorso che porterà all’accreditamento della Rete Locale di Cure Palliative con il coinvolgimento attivo del personale sanitario della ASL, i Medici di Medicina Generale e le Associazioni dei pazienti ed è l’unica Azienda del Lazio ad offrire ai pazienti servizi di cure completamente pubblici.
Nei primi nove mesi dell’anno i professionisti della medicina palliativa della Asl di Rieti hanno seguito 335 pazienti, erogato 350 tra consulenze e visite, ed effettuato oltre 7mila visite domiciliari.
Dei servizi di cure palliative erogati sul territorio della provincia di Rieti e del progetto che porterà al primo accreditamento in Italia della Rete Locale di Cure Palliative con il coinvolgimento attivo del personale sanitario della Asl di Rieti, i Medici di Medicina Generale e le Associazioni dei pazienti, si è parlato questa mattina presso l’aula Magna della Asl di Rieti in un Convegno patrocinato dalla SICP (Società Italiana di Cure Palliative) alla presenza del Direttore Generale della Asl di Rieti Marinella D’Innocenzo e del Direttore Sanitario aziendale Assunta De Luca.
La Medicina palliativa si è sviluppata con la finalità di controllare i sintomi e affronta la gestione dei pazienti con malattie evolutive e in fase avanzata. La cura si concentra sulla qualità di vita residua. Si tratta di un approccio in grado di migliorare la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare le problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione ed il sollievo della sofferenza per mezzo di una identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica, psicosociale e spirituale. La fase terminale di una malattia è quella in cui non c’è più la possibilità di effettuare trattamenti specifici, ma solo interventi per migliorare la qualità di vita del paziente, spostando lo sforzo terapeutico “dal curare al prendersi cura”.