Il passato della Sapienza comincia nel 1303. Benedetto Caetani convince il suo predecessore Celestino V ad abdicare e diventa papa con il nome di Bonifacio VIII. Sostenitore della supremazia universale del papato, Bonifacio si scontra con Filippo IV di Francia e dopo aver redatto la bolla Unam Sanctam, dove ribadisce la supremazia del pontefice su tutte le podestà della terra, lo scomunica nel 1303. Nello stesso anno Bonifacio con la bolla In suprema praeminentia dignitatis fonda lo Studium Urbis, l’Università di Roma. L’Università viene collocata fuori dalle mura vaticane, ubicazione che, se non risolve i vincoli esistenti tra l’università e il clero, segna tuttavia l’inizio di un nuovo rapporto tra la città di Roma e gli studiosi che in essa giungevano da tutte le parti del mondo.
Lo Studium Urbis acquista man mano importanza e prestigio e dal 1363 riceve dalla città di Roma un contributo stabile. La sede di Trastevere non è più sufficiente; così nel 1431 papa Eugenio IV, per dare all’Università una struttura più articolata, affianca al Rettore quattro amministratori e provvede all’acquisto di alcuni edifici nel rione Sant’Eustachio, tra piazza Navona e il Pantheon. In quell’area sorgerà duecento anni dopo lo storico palazzo della Sapienza, oggi sede dell’Archivio di Stato..
Nei primi anni del Cinquecento fu il figlio di Lorenzo De’ Medici, papa Leone X a dare un forte impulso all’Università romana, chiamando a Roma da tutta Europa studiosi famosi che conferirono prestigio alla nostra università. È a Roma che per la prima volta in Europa vengono introdotte materie come i simplicia medicamenta, base della spagirica, un sistema di cure che a partire dall’energia presente nell’uomo cerca di ristabilirne l’equilibrio turbato dalla malattia. È in quegli anni che lavora nello Studium Urbis Bartolomeo Eustachio, uno dei fondatori della scienza anatomica moderna. Fu sempre papa Leone X a dare impulso agli insegnamenti storici, umanistici, archeologici e scientifici. Nel 1592 papa Clemente VIII chiama a Roma Andrea Cesalpino che l’ anno dopo fornisce la prova della circolazione sanguigna e dimostra che esiste una corrente centripeta opposta rispetto a quella che, tramite l’aorta e i suoi rami, porta il sangue dal cuore alla periferia.
Nel 1660 lo Studium Urbis si trasferisce nella nuova sede, il palazzo in Corso Rinascimento che prende il nome di Sapienza dall’iscrizione posta sopra il portone principale: Initium Sapientiae timor Domini. Presso quella sede prestigiosa, che oggi ospita l’Archivio di Stato, nel 1670 viene fondata da Alessandro VII Chigi la biblioteca Alessandrina. Messi papali sono inviati nei paesi del vicino Oriente per procurare testi, volumi, alfabeti e grammatiche. A metà del Settecento un nuovo impulso viene dato all’Università da Benedetto XIV che regolamenta i percorsi di studio e i concorsi a cattedra, introduce nuovi insegnamenti come fisica sperimentale, chimica e matematiche sublimi, porta da tre a cinque i corsi di laurea: materie sacre, giurisprudenza, medicina e chirurgia, arti e filosofia e lingue. Benedetto ritiene ragionevole anche stanziare adeguate risorse per attrezzature e gabinetti scientifici mostrando l’utilità di accompagnare le riforme con le risorse necessarie per portarle avanti.
Quando lo spirito della Rivoluzione francese raggiunge Roma e, nel 1798, viene proclamata la prima Repubblica romana, si cerca di dare una nuova impostazione all’Università fondando l’Istituto nazionale per le scienze e per le arti e di rendere culturalmente più autonomi gli insegnamenti. Ma la speranza legata a Napoleone dura poco e lo spirito laico degli studenti deve aspettare la repubblica romana della primavera dei popoli. Nel 1849 un battaglione di studenti universitari si copre di gloria combattendo a difesa della Roma repubblicana di Mazzini, Saffi e Armellini, contro Napoleone III e le truppe francesi. Quando nel 1870 i bersaglieri completano l’unità d’Italia, sollevando i pontefici dall’ingrato e pur così difeso compito di esercitare il potere temporale, inizia un periodo di riforme significative per l’università romana. L’Italia in quegli anni è immersa nello spirito europeo e il ministro dell’Istruzione del nuovo Stato è Terenzio Mamiani, filosofo e intellettuale di altissimo livello. Con la sua azione e quella dei suoi successori la Sapienza ha modo di aprirsi in senso laico alle nuove correnti del pensiero moderno europeo.
Lo spirito patriottico che caratterizza la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento contiene in sé elementi diversi, tra i quali anche i germi del nazionalismo. Così, a ridosso della prima guerra mondiale, lo scontro tra interventisti e internazionalisti si ripropone nell’Università con manifestazioni anti tedesche, costringendo il rettore Alberto Tonelli, lui stesso convinto interventista, a sospendere le lezioni e a chiudere l’Ateneo. La guerra lascia un segno profondo nella vita dell’Università tanto che, terminato il conflitto, viene conferita la laurea per onore a tutti gli studenti caduti.
Gli anni del dopoguerra e lo scontro sociale che ne segue avviano il nostro paese verso la dittatura fascista. Il regime, che considera l’università e la scuola luoghi privilegiati per la propaganda, impone nel 1931 a tutti i docenti l’obbligo di un giuramento di fedeltà al duce pena la sospensione dall’insegnamento per chi avesse rifiutato. Su 1200 professori italiani solo dodici hanno il coraggio di opporsi rifiutando il giuramento. Fra questi quattro professori della nostra università: Ernesto Buonaiuti, professore di storia del cristianesimo, Giorgio Levi Della Vida, professore di studi orientali, Vito Volterra, professore di matematica e fisica, Gaetano De Sanctis, professore di storia antica. Tutti perdono il lavoro. Qualche altro docente preferisce chiedere il pensionamento anticipato piuttosto che sottomettersi all’obbligo del giuramento, come Antonio de Viti De Marco, professore di scienza delle finanze. Gli altri si piegano e il regime li ricompensa edificando una prestigiosa città universitaria: la nuova sede, progettata da Marcello Piacentini, viene inaugurata nel 1935 con cerimonie grandiose alla presenza della famiglia reale. Ma il clima in Italia diventa sempre più difficile per gli studiosi e inizia la migrazione dei cervelli. Enrico Fermi rimane a Roma fino al 1938. Quando riceve il premio Nobel, il fascismo ha appena promulgato le leggi razziali; Fermi, la cui moglie è di religione ebraica, dopo aver ritirato il premio a Stoccolma, emigra a New York. Lo segue un suo allievo, Emilio Segrè, che era salito in cattedra alla Sapienza dieci anni prima. L’anno dopo lascia Roma per gli Stati Uniti anche un giovane laureato in giurisprudenza della nostra università, Franco Modigliani, che riceverà nel 1985 il Nobel per l’economia.
Dopo la seconda guerra mondiale inizia una nuova ricostruzione: i docenti che avevano perso il posto per motivi politici o razziali vengono reintegrati nell’insegnamento e si ripristina l’elezione diretta del rettore e delle altre cariche accademiche.
Con gli anni Sessanta inizia una nuova fase. L’Italia vive il boom economico e si comincia a respirare un’aria nuova, il primo governo di centrosinistra apre una stagione di riforme, la Chiesa cattolica con il Concilio Vaticano II realizza una svolta più attenta al contributo della scienza al progresso dell’umanità, il partito comunista italiano dopo i fatti di Ungheria rompe con l’Unione Sovietica e accentua una sua elaborazione politica autonoma. Gli studenti aumentano in modo significativo, l’università invece rimane ancorata alle logiche tradizionali, il fermento studentesco si traduce in scontri violenti tra studenti di destra e di sinistra. Il 27 aprile del 1966 lo studente Paolo Rossi muore sulle scalinate di Lettere e filosofia durante una incursione di studenti di destra. Gli studenti e i professori per protesta occupano in modo non violento diverse facoltà. Per la prima volta nella storia il rettore Ugo Papi si trova costretto a dimettersi.
Poi il sessantotto, la contestazione, le occupazioni, Valle Giulia, il movimento studentesco e insieme le proteste e le attese di studenti e operai per un mondo più giusto. Nel 1969 sotto la spinta della protesta studentesca il Governo liberalizza l’accesso alle università.
Si apre una fase di grandi speranze e di grande partecipazione. In questi anni le scienze sociali, che in Italia erano state compresse dall’impostazione gentiliana, trovano finalmente uno sbocco accademico: nascono negli anni ’70 i corsi di laurea in psicologia e sociologia che diventeranno facoltà nel 1991.
Gli avvenimenti successivi fanno parte della storia recente: la burrascosa stagione del 1977, la rottura tra il movimento degli studenti e il sindacato, a cui segue una fase di disincanto e di scarsa partecipazione degli studenti che si riscuotono solo negli anni novanta con il movimento della Pantera. L’Italia vive i cosiddetti anni di piombo; la nostra università è colpita con gli assassini di due illustri docenti: Vittorio Bachelet nel 1980 e Ezio Tarantelli nel 1985.
La preoccupazione per la dimensione eccessiva della Sapienza porta a promuovere lo sviluppo di altre due importanti università statali: l’Università di Tor Vergata e Roma Tre che negli anni si affermano raggiungendo anch’esse dimensioni considerevoli.
È un rettore ingegnere a riportare la nostra università a un ruolo centrale nello sviluppo delle politiche universitarie italiane: Antonio Ruberti. È a lui che si deve il recupero del nome Sapienza. Il suo impegno lo porta negli anni successivi a diventare il primo ministro dell’Università e della ricerca scientifica nel nostro Paese.
Il futuro della Sapienza comincia oggi dal suo passato e dal contributo di tutte le componenti della comunità universitaria.
La Sapienza è oggi tra i più importanti atenei al mondo, presente con posizioni di rilievo in tutte le classifiche internazionali. Le riforme che hanno riguardato il sistema universitario alla fine degli anni Novanta hanno portato a una forte espansione della sua offerta formativa e delle sue strutture.
A partire dal 2009 è iniziato un processo di riordino che ha portato all’adozione nel 2010 del nuovo Statuto, ulteriormente revisionato a seguito della legge 240/2010 nel 2012 e nuovamente aggiornato nel 2015.
A dicembre 2020 la Sapienza ha eletto Antonella Polimeni, prima rettrice dell’Ateneo in oltre 700 anni di storia.