Dare voce ai propri sogni e spiccare il volo: “Le ali della bicicletta”, il primo romanzo di Linda Pennone
"Credo che se c'è una domanda che ciascuno di noi dovrebbe porsi ogni giorno è se stiamo tenendo fede a noi stessi, se stiamo esprimendo al meglio quello che siamo realmente e non quello che pensiamo di dover essere".
Arriva un momento in cui ci si rende conto che nella propria vita qualcosa non va e si sente il bisogno di cambiare strada. Può bastare una piccola cosa, come acquistare una bicicletta, fare una ricerca su Internet o iscriversi a un corso di disegno, per vedere le proprie sicurezze vacillare e capire che la mente si sta dirigendo verso un orizzonte nuovo.
Le Ali della bicicletta (Bookabook, 2022) è il romanzo d’esordio di Linda Pennone, un racconto autobiografico in cui, capitolo dopo capitolo, l’autrice ripercorre le vicende importanti della sua vita, quelle che le hanno forgiato il carattere ma anche quelle che le hanno fatto seguire le orme della libertà.
La storia spazia dai ricordi d’infanzia nell’amata famiglia a quelli dell’adolescenza, quando per la prima volta Linda ha messo piede nella comunità cattolica, arrivando poi all’età matura del matrimonio e della maternità, fino alle difficoltà trovate lungo il percorso verso la tanto desiderata stabilità. Ma è proprio questa parola, “stabilità” a metterci in salvo dall’esistenza e da noi stessi? Forse no. Linda si rende conto, con il passare dei giorni, che sta vivendo una vita che non le appartiene e che i pilastri su cui ha costruito la sua esistenza cominciano a vacillare. Inizia a sentire, non senza un’intima sofferenza, che ha bisogno di riconnettersi con se stessa, di riappropriarsi della sua personalità e di quei sogni che inconsciamente si era negata da quando era piccola.
Le ali della bicicletta è un romanzo che fa emozionare e ha il dono, riservato a pochi, di essere un racconto personale dal respiro universale, capace di parlare ai cuori di chi nella vita ha trascurato i propri desideri. Un libro nato “per buttare fuori le emozioni” e permeato da una scrittura intima, brillante, motivante, che sa ispirare la giusta dose di coraggio per affrontare i grandi temi della vita.
Le vicende narrate sono ricolme di speranza, determinazione e voglia di riscatto ma anche della paura di perdere tutto e non farcela. E se è proprio la paura a frenare, allo stesso tempo, è anche la molla in grado di far capire che è ora di evolvere e cambiare. E per quanta strada si sia fatta, per quanta esperienza si sia accumulata, c’è sempre la possibilità di mettere un punto fermo e ricominciare.
Incontriamo la scrittrice Linda Pennone per rivolgerle alcune domande sul suo romanzo.
Ciao Linda e grazie per voler condividere alcune riflessioni sul tuo libro. Le ali della bicicletta ripercorre le tappe importanti che ti hanno portato dove sei ora. Tra i “capitoli” della tua vita quale ha avuto un impatto maggiore sulla tua personalità e a quale sei più affezionata?
Di sicuro la mia esperienza nella comunità cattolica di cui ho fatto parte dall’adolescenza ai quarant’anni, ha avuto un enorme peso nella formazione della mia personalità e sebbene le mie idee oggi siano per molti aspetti lontane da essa, come dico nel libro, la Linda di oggi, nel bene e nel male, è figlia dell’esperienza vissuta in comunità.
C’è da dire però che l’impatto maggiore sulla mia personalità lo hanno avuto una ricerca su internet, un corso di disegno e l’acquisto di una bicicletta. Tre piccoli gesti, apparentemente insignificanti, a seguito dei quali si è scatenata una tempesta, dentro e fuori di me e che ha totalmente stravolto la mia vita. Il capitolo a cui sono più affezionata invece è quello dedicato alla mia famiglia e ai miei figli.
Perché hai scelto la forma del diario per raccontare la tua storia?
Quando ho iniziato a scrivere non intendevo farne un libro. Stavo vivendo quello che oggi posso definire il periodo più difficile della mia vita. Tutto ciò che avevo costruito e su cui avevo basato le mie certezze stava andando in frantumi. Ho sentito la necessità di scrivere per buttare fuori le mie emozioni, volevo ripartire dall’inizio per comprendere chi ero stata e cosa mi aveva scaraventato nel mezzo di quella “tempesta”.
Le prime pagine del racconto le ho scritte letteralmente fra le lacrime. Leggendo il libro, si nota che la narrazione iniziale è scritta di getto, senza riflettere troppo sulla struttura del romanzo. Le ho poi volutamente lasciata così, per non privarle della genuinità con cui erano state scritte.
Sei amante della musica, del cinema e del teatro. Come forme artistiche hanno contribuito a ispirarti nella scrittura e in che modo?
Direi di sì, in particolare mi hanno ispirato non solo le forme d’arte in sé, ma soprattutto alcuni personaggi che le rappresentano. Se mi fai questa domanda, ti sei soffermata certamente sulla folta parte dedicata ai ringraziamenti. Parlando di cinema e teatro, ho citato tra gli altri Eduardo De Filippo, Gigi Proietti, Massimo Troisi, Charlie Chaplin , Charles Dickens e Shakespeare. Oltre all’indiscussa grandezza, tutti loro hanno in comune due cose: una grande conoscenza dell’animo umano e il senso dell’umorismo. Vale a dire che in modo leggero, ti aiutano a riflettere sui grandi temi della vita.
Io credo di avere un grande debito di gratitudine nei loro confronti, perché davvero hanno ispirato il mio modo di vedere la vita. La musica poi tocca corde che, a mio avviso, appartengono a un’altra dimensione, perché parla direttamente all’Anima. A proposito di musica, non posso non citare “Sparrow”, la canzone di Tom Odell, i cui versi precedono il romanzo e che sono stati per me di grande incoraggiamento.
Nel romanzo parli moltissimo dei sogni. Quale valore gli dai e pensi si possa sognare anche “da grandi”?
Noi tutti, se ci guardiamo indietro, siamo il risultato di un sogno. La domanda che dovremmo porci è se siamo il risultato di un nostro sogno o di quello di qualcun altro a cui ci stiamo adeguando, per timore di essere giudicati. È questo che fa la differenza secondo me. I sogni sono il motore che ci permette di evolverci e l’evoluzione non si ferma a una certa età. Inseguire i sogni ci mette a contatto con i nostri limiti e le nostre paure ed è quello che ci permette di evolvere. Alla domanda se da grandi si può sognare, ti rispondo che a cinquantatré anni ho pubblicato il mio primo libro.
Spesso le situazioni di crisi ci aiutano a riflettere su ciò che sta accadendo. La vera Linda si rivela attraverso le scelte che fa, spesso “sotto pressione”. Hai scoperto in questi momenti di difficoltà una parte di te che non conoscevi?
Non so se ho scoperto parti che non conoscevo, forse parti che non volevo vedere o a cui non avevo voluto dare ascolto. Ho sempre creduto che adattarmi alle situazioni fosse una dote e in parte è vero, a patto di non barattare il proprio modo di essere, cosa che per molti anni ho fatto io. Poi, a un certo punto ho imparato a dire “no” alle situazioni che non mi piacevano.
Ho capito che se volevo essere felice avrei dovuto correre il rischio di deludere qualcuno e non piacere necessariamente a tutti. Ho scoperto di essere fallibile anche io, mi sono data il permesso di uscire fuori dagli schemi e sbagliare e mi piacerebbe dirti che l’ho fatto di proposito, ma non è stato così, l’inconscio ha lavorato per me, facendomi mettere il piede in fallo, mio malgrado.
Trasgressione: una parola che ricorre spesso e che percepivi sin da piccola come un tabù da tenere lontano. Con il tempo, poi, hai avuto modo di conoscerne le sfaccettature, come per esempio quella di restare integri nel proprio essere e nella propria autenticità. Come intendi oggi la “trasgressione”?
Io credo che parlare di trasgressione oggi significhi semplicemente lasciare uno spazio libero nella propria mente, per non accettare ciò che ci viene detto senza averlo prima valutato. Siamo tutti più o meno condizionati dalla società e dall’ambiente in cui viviamo. Ma mai come in quest’epoca in cui il bombardamento audiovisivo è ovunque, è importante chiedersi sempre se le nostre scelte abbiano davvero senso per noi o le facciamo per uniformarci a un mondo di immagini che sembra perfetto e, soprattutto, chiedersi se tutto quello che ci viene propinato come indispensabile lo sia davvero.
Ritengo che oggi la vera trasgressione sia riuscire a pensare con la propria testa, che non vuol dire estraniarsi dal mondo, anzi, leggere, informarsi, ascoltare con spirito critico, cercare di comprendere e farsi una propria idea.
Hai scritto che il tuo libro nasce anche dalla volontà di incoraggiare le persone in un momento di angoscia o disperazione. Trovi che un libro possa creare un senso di “comunità”?
Ne sono convinta e, con mia grande gioia, moltissime persone, commentando il mio libro mi scrivono frasi tipo “nella tua storia ho rivisto parti della mia”. Il libro racconta un percorso fatto di sbagli e cadute, di rinascita e trasformazione interiore. Tutti facciamo in modi differenti questo percorso, ma non sempre ne siamo consapevoli, molto spesso ci sentiamo soli, vittime degli eventi.
Ho scelto di “mettermi a nudo” e condividere la mia storia, affidandola a chi la legge e offrendo spunti di riflessione non tanto per fornire risposte, quanto per suscitare domande e soprattutto per ricordare che, qualunque sia la situazione in cui ci troviamo, una scelta l’abbiamo sempre: vale a dire che possiamo decidere se tirare fuori il peggio o il meglio di noi.