Rocca di Botte – Si completa oggi in una splendida domenica di estate settembrina con l’accoglienza dei “compari” di Trevi nel Lazio da parte della comunità roccatana. Una tradizione antica e intrisa di fede e devozione che era stata interrotta dall’emergenza covid. Seppur con la dovuta sobrietà, sono dunque stati resi i giusti onori a San Pietro Eremita, che lega le due comunità da sempre. E da metà mattina spari di mortaretti hanno dunque sancito questo ultimo scampolo di festeggiamenti con celebrazione liturgica, dopo il tradizionale trenta e trentuno, non manchi nessuno dell’ultima decade di agosto.
San Pietro eremita nacque a Rocca di Botte ove visse fino alla gioventù, poi per sfuggire ad un matrimonio combinato dai suoi genitori, nel 1048 si allontanò andando a Tivoli, rimanendovi due anni alla scuola apostolica di Cleto, diacono della chiesa Tiburtina.Il suo maestro quando vide che aveva raggiunto un’adeguata preparazione, lo presentò al vescovo di Tivoli, Gregorio, il quale gli diede il compito di andare a predicare la religione fra gli abitanti dei vari paesi della diocesi conferendogli la tonsura e consegnandogli una croce di ferro, che si conserva ancora tra le reliquie della Collegiata di Trevi. Il 9 agosto del 1052, lascia Subiaco e raggiunge Trevi il giorno successivo risalendo la valle dell’ Aniene. Rimase a Trevi per un periodo 20 giorni, durante il quale svolse la sua attività di profonda evangelizzazione, compiendo anche vari miracoli di cui beneficiarono 2 bambini : Gualtiero a cui ridiede la vista e Liuto che, paralizzato, riacquistò la libertà nei movimenti. Il 29 Agosto il Santo fu preso da una fortissima febbre e si ritirò nel buio di un sottoscala dove il giorno successivo , 30 Agosto, morì.I suoi resti sono conservati nella cripta che si trova nella Chiesa di Santa Maria Assunta.
Per questo il legame di queste due comunità è forte nel sentimento di fede e devozione.