Roma. Questo periodo è quello del dolore per gli italiani. Un tempo dicembre era atteso per la tredicesima che consentiva di respirare un po’ e di togliersi anche qualche sfizio. Ora la priorità esclusiva sono le tasse, e tutto passa purtroppo in secondo piano. Le attività produttive, le imprese sono in ginocchio, i consumi calano vertiginosamente. Tutto è in recessione tranne che la casta politica. Quella invece riesce a sorridere, a pontificare ed ha un bel da fare a beffarsi di questo sistema che ha ricreato un divario sociale estremamente pericoloso. La gente vive di passato, sopravvive al presente, e il futuro sembra svanito nel nulla. Le nuove generazioni di giovani, non hanno altra soluzione che pensare ad emigrare…come una volta quando gli italiani andarono in Argentina, Canada, Australia a cercare fortuna. Ora la situazione è diversa. Mentre il passato annoverava una classe dirigente che governava, si godeva privilegi, ma nel contempo si assicurava che il popolo stesse bene, o come meglio possibile. Probabilmente l’Italia si trova a dover rimpiangere la prima e anche l’anteprima Repubblica. Lo sconforto rende le persone meno disposte ad intraprendere iniziative. Un fenomeno in crescita, in perfetta controtendenza con una recessione galoppante che potrebbe raggiungere picchi disastrosi. Si ha la percezione che la classe che ci governa sia protetta da uno scudo, inscalfibile nei sentimenti e soprattutto nella consapevolezza che le cose non vanno. Anche in politica dovrebbe essere applicata la quiescenza, poiché è troppo ampio anche il divario temporale di chi in panciolle pretende in modalità perpetua di governare regnando. E chi non vive determinate problematiche, né le ha mai vissute e né dovra’ mai viverle non può certo capire e quindi risolvere. Assistiamo increduli ai numeri relativi agli stipendi e pensioni d’oro, che si accavallano tra di loro, le casse dello Stato arricchiscono conti che non riescono piu’ a contenere soldi. E perdipiu’ a beneficiarne gli ultraottuagenari che passeggiano tra la Camera ed il Senato e sorseggiano ricamati cappuccini bollenti presso la galleria Sordi e che la ricordano ancora Colonna.C’è un popolo che non può neanche piu’ permettersi il cappuccino al bar. Ci sono imprenditori che non sanno e non possono piu’ mantenere le loro proprietà costruite con sacrifici e con spirito imprenditoriale. Con tutto il rispetto, il giovane presidente del Consiglio nominato dall’ultraottuagenario monarca (che dovrebbe dimettersi ma che probabilmente vorrebbe starci un ulteriore settennato), parla un linguaggio comprensibile in un altro pianeta, ma non sappiamo quale.Dunque cosa fare? Riduzione di tasse? Neanche a parlarne, fanno passare per regalo il fatto di non aumentarne alcune. Mai nella storia repubblicana ci siamo trovati di fronte ad una situazione simile, la crisi economico finanziaria è ormai una vera e propria crisi sociale.L’unica speranza è nella giustizia Superiore, affinchè punisca le malefatte. Però al momento questo non risolve il problema di un popolo. (D.I.)