Giornata delle dimore storiche, Rocca Sinibalda in pole position con il suggestivo castello
Anche Posticciola sarà protagonista di un evento unico nel suo genere per apprezzare le affascinanti dimore che hanno fatto la storia del territorio reatino
Il fortilizio, da considerare avamposto del Castello di Rocca Sinibalda, fu eretto, interamente in pietra, e in parte scavato nella roccia, in epoca tardo-barbarica, intorno all’VIII-X secolo, a seguito del fenomeno dell’incastellamento, forse sulle rovine di un preesistente insediamento romano.
Costruito seguendo l’andamento delle rocce, intorno a un nucleo centrale costituito dalla merlata piazza d’armi, mostra, alle due estremità, una torre rotonda e un’altra quadrata, entrambe in grado di controllare la strada sottostante. L’edificio fu ristrutturato agli inizi del ‘500 da un non meglio noto Mastro Zino, poco prima dell’insediamento dei Cesarini Sforza a Rocca, rimanendo poi praticamente immodificato sino ad oggi e mantenendo intatto il suo aspetto antico. Il palazzo, dopo un periodo di splendore in epoca longobarda, con il potente Arcivescovado della Massa Torana, divenne feudo dell’Abate di San Salvatore Magno e di questo periodo mantiene rari graffiti al suo interno, oltre a lacerti di affreschi rinascimentali. In un momento imprecisato tra il XII e il XIV secolo, entrò in possesso dei De Romania – Brancaleoni, la più importante famiglia della nobiltà rurale sabina. I Brancaleoni ne mantennero il controllo fin dopo la metà del XIV secolo, quando, probabilmente a seguito di una suddivisione ereditaria, passò ai Mareri, che erano imparentati con loro. I Mareri governarono con un rigido regime feudale, causando ricorrenti fiammate di ribellione, ma diedero un buon impulso all’agricoltura. Nel 1400 introdussero la coltivazione dello zafferano e si sviluppò così un vasto commercio sia nella Valle del Turano che nella Valle del Salto.
Dopo il crollo politico dei Mareri, il feudo di Rocca passò ai Cesarini Sforza e Posticciola ebbe altri feudatari. Il 18 dicembre 1682 Papa Innocenzo XI, con chirografo apposito, autorizzò i Barberini a venderlo alla famiglia dei Flacchi, patrizi reatini. Il feudo passò più tardi ai Cavalletti Belloni Rondanini, nobile famiglia con possedimenti in Monteleone Sabino, ereditati nel 1750, a causa dell’estinzione dei Marchesi Belloni.
La piccola fortezza, dopo un utilizzo come Caserma e Procura, versò quindi in uno stato di abbandono e alla fine del ‘900 la famiglia Solivetti – Flacchi, ultimi discendenti degli antichi feudatari, ha provveduto a ristrutturare completamente l’edificio e lo abita tuttora.