Venne costruito probabilmente attorno all’anno Mille come baluardo di confine della Contea dei Marsi e appartenne in seguito ai Mareri e nel 1297 agli Zambeccari, padroni di Collalto Sabino. Successivamente tra il 1500 e il 1600 fu acquistato dai Conti Savelli proprietari anch’essi di diversi castelli nei dintorni. In seguito l’intero edificio con tutti i possedimenti venne ceduto al dominio dei Marchesi Marcellini Marciani.
Verso la fine della prima meta del XVIII secolo, il castello, divenuto un grande palazzo ormai molto simile a come si presenta oggi, venne donato da Carlo VI Imperatore III come Re d’Ungheria, VI di Napoli, al Marchese Ottieri, Patrizio romano. Gli ultimi “Signori” di Poggio Cinolfo furono i Baroni Coletti.
L’edificio attuale, di forma quadrata, ha ormai perso il carattere difensivo e si presenta come residenza signorile dall’ aspetto armonioso e possente, tanto da essere considerato dagli abitanti di Poggio Cinolfo il simbolo del loro paese, per la sua posizione dominante nel paese. La parte frontale è dominata dal grande portone contornato da grossi rilievi di pietra bugnata. Fino a pochi anni fa vi si accedeva su due lati: quello di sinistra riservato alle carrozze e quello di destra adibito a passaggio pedonale. All’interno vi è un piccolo cortile quadrato, ingentilito su due lati da alcuni pilastri in pietra, sorto verso il XVII secolo allorché il Palazzo fu ampliato in modo definitivo. Sotto il cortile vi sono degli ambienti una volta utilizzati per la raccolta di acqua e per il mantenimento di derrate alimentari.
Sono ancora visibili delle feritoie e delle strutture murarie appartenenti alla primitiva costruzione. Il castello era completamente autonomo sotto assedio; oltre ai vari appartamenti, con qualche mobile del 1700, è dotato di: una farmacia dei baroni Coletti, un panificio, una scuderia, cisterne d’acqua. Il piano terra, rialzato notevolmente dal piano campagna, era adibito alle cucine e ai servizi. Il piano intermedio era invece il cosiddetto piano nobile. Degne di nota sono alcune parti del soffitto della sala di rappresentanza e di altre stanze, purtroppo in condizioni notevolmente deteriorate. L’ultimo piano veniva utilizzato in parte dalla servitù e in parte come soffitta.
(La rubrica Historia è curata da Ivan Cicchetti)