Roma. In una splendida cornice di inizio estate si apre la giornata della Repubblica Italiana. Il cielo azzurro sembra voler esaltare la bandiera nazionale, le frecce tricolori si preparano a sfrecciare ed il Presidente Napolitano si appresta a proclamare l’ennesimo sermone.
In questo momento storico molte cose si sono evolute e la staticità sembra tornare in auge in tutto il suo splendore proprio in ragione dei discorsi pubblici.
Da un lato l’italiano medio sembra aver tirato un sospiro di sollievo nell’aver sancito l’affermazione di un nuovo premier perfettamente adeguato ai tempi che corrono, dall’altro le ricorrenze Repubblicane portano con sé il fascino di una storia che invece sembra essersi fermata così come iniziata.
Il contrasto generazionale tra il premier ed il Presidente è evidente oltre che in immagine ma nei contenuti. Il linguaggio fresco, accavallato e anche abbastanza realista e poco di sinistra non si abbina proprio ai sermoni a cui i politici di lunghissimo corso ci hanno abituato.
Gia’ nel modo in cui ci si rivolge “agli italiani”, si capisce subito il regime di conservazione pura che non vuol saperne di lasciare minimamente il passo. Tra Renzi e Napolitano ci passano tutte le generazioni italiane.
Il sermone di oggi, scritto probabilmente da qualche notabile, anch’esso rigorosamente d’epoca, sembrera’ identico a quello della sera del cenone di capodanno. Parole che sembrano uscire dai vecchi dischi di vinile della “Voce del padrone”, e che sembrano abbinarsi alle ormai remote pubblicità della Magneti Marelli, Supercortemaggiore, e cosi’ via.
L’evoluzione tenta di avanzare, contrastata da un sistema statico che ha garantito per intervenuta usucapione seggi senatoriali, auree poltrone nell’insegna del tricolore.
Queste vecchie corporazioni, anche se divise dai fronti politici sono comunque perfettamente unite tra loro con un collante per topi, che non consente agli “italiani” di poter districare la matassa in questione.
Oggi dunque è si’ la festa della nostra Repubblica, ma è una nazione ferita nel profondo delle radici di un popolo. E le caste dei saggi proseguono inalterato il loro lunghissimo cammino di vita, come se nulla fosse, come se nulla accadesse.
La paralisi dell’economia e dello sviluppo, le incertezze delle nuove generazioni stanno cercando speranza nei metodi piu’ disparati. Un leader che è il Segretario del PD e che nel contempo riesce a scomunistizzare il suo ruolo, ha comunque una sua importanza.
La fiducia è stata data, ma ora dalle parole dobbiamo passare ai fatti. E noi che ci siamo ormai fatti grandi, siamo stanchi di sentirci dire da questi ultraottuagenari come ci si deve comportare, cosa si può dire e come si deve dire.
Si rispetti anche uno dei periodi piu’ nobili che si affacciano nell’arco della vita; quello della quiescenza, che per la casta sembra un girone dantesco.
La festa degli Italiani, tornera’ ad essere tale quando il “popolo” potra’ essere veramente in festa. Come una volta.