Poggio Cinolfo. Quale bambino non ha mai desiderato di poter entrare in un castello? Noi piccoli di Poggio lo facevamo. Il nostro piccolo paese tra le bellissime chiese e i suoi vicoli, annovera nella piazza del centro storico,il palazzo baronale, da noi meglio conosciuto come ” il castello” anche se un castello non è ma forse ci è sempre piaciuto pensarlo. Il palazzo fu edificato intorno all´anno Mille come fortezza di confine della Contea dei Marsi, cambiando negli anni i suoi padroni, dal 1297 passó agli Zambeccari, padroni di Collalto Sabino, poi tra il 1500 e il 1600 ai Conti Savelli, nobile famiglia protagonista della storia romana del Medioevo, già possessori di diversi castelli del circondario. Negli anni l´intero edificio venne ceduto alla potestà dei Marchesi Marcellini Marciani fino agli ultimi “signori” di Poggio che furono i Baroni Coletti. Questa storia da piccola mi veniva raccontata come una leggenda senza fine da mio nonno che ancora oggi a 105 anni mantiene alta la fiamma della storia del nostro piccolo borgo.
Per noi bambini il mese preferito era l´estate, il castello dopo un freddo inverno tornava a prendere vita, i padroni tornavano e avendo figlie della nostra stessa età, ci lasciavano le porte aperte e allora il sogno continuava a vivere.
Quel grande portone si apriva e lasciava posto alla realtà e non più alla fantasia. Li dentro il tempo si era fermato, le scale di legno scricchiolavano ad ogni nostro passo, le armature sembravano essere pronte per essere usate in battaglia e l´ immenso salone con la sua luce sembrava avvolgerci. Passavamo i nostri pomeriggi li, nel giardino interno, teatro anche di mostre storiche durante le feste del paese, quella era l´occasione per ripercorrere le tappe del nostro passato. Poi l´estate finiva, il portone si chiudeva e noi restava solo la piccola fessura del cancello dal quale si poteva continuare a sognare. Che sia un castello, una fortezza, una chiesa o semplicemente un posto della nostra infanzia, non lasciamo che ci venga rovinato, quello che abbiamo va preservato e valorizzato perchè è parte di noi e della nostra storia, che un giorno poi racconteremo ai nostri figli. (Annamaria Cappelli)