Il Giardino Zoologico di Roma fu inaugurato oltre 100 anni fa, il 5 gennaio 1911, ad opera dell’architetto Carl Hagenbeck.
Questi rivoluzionò la concezione degli zoo sostituendo le gabbie con i fossati.
All’epoca gli zoo avevano uno scopo puramente ricreativo, l’unico obiettivo era il divertimento del pubblico attraverso l’esposizione di animali rari e esotici.
Nel 1935, lo il giardino zoologico di Roma venne ampliato ad opera dell’architetto Raffaele De Vico.
In quell’anno raggiunse l’attuale superficie di 17 ettari che comprendeva anche un rettilario e una grande voliera a struttura geodetica, unica in Europa.
Lo zoo di Roma divenne in poco tempo uno dei più importanti d’Europa superando in bellezza anche quelli di Parigi e Berlino costruiti con vecchi sistemi.
Nel tempo però, anche in conseguenza degli avvenimenti bellici, la gestione del giardino zoologico diviene molto precaria e la sua decadenza sempre più evidente.
Nel 1994 nasce l’idea di trasformare lo zoo in Bioparco e nel 1998 il progetto vede la luce, fino alla trasformazione nell’attuale Fondazione avvenuta nel 2004.
Un cambiamento radicale che ha seguito il naturale evolversi del concetto di giardino zoologico.
Da museo degli animali senza alcuna finalità, ora il Bioparco è una struttura in cui le parole d’ordine sono la conservazione delle specie minacciate di estinzione, l’educazione nei confronti della tutela della biodiversità e la ricerca scientifica.
Tutto ciò in linea con la Strategia Mondiale degli Zoo per la Conservazione, redatta dalla WAZA (Organizzazione Mondiale degli Zoo e degli Acquari) insieme alla IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) e adottata dal WWF internazionale, che definisce le linee guida di uno Zoo cosiddetto “moderno”.
Quando nacque il giardino zoologico di Roma, all’inizio del secolo scorso (1911), fu riconosciuto da tutti i visitatori come uno dei luoghi più incantevoli di Roma.
I motivi non riguardavano solo le collezioni di animali ospitati ma l’effetto del mostrarli, senza gabbie e nell’orto botanico al centro della città , appunto Villa Borghese.
Il primo master plan lo disegnò Hagenbeck con Lehmann ed Eggenschwiller che ne realizzarono le architetture.
Che cosa ne è rimasto oggi, dopo quasi un secolo?
Ecco il paradosso di Roma, città che tutto sedimenta ma nulla cancella.
Le linee guida dell’assetto urbanistico appaiono pressoché invariate e l’architettura, intesa come quinta scenografica, è ancora lì, ad emozionare oggi i piccoli visitatori, come ieri i loro nonni, stimolati dalle letture di Emilio Salgari.
Dopo 25 anni dalla sua apertura, nel ’33 arrivò il De Vico che, senza peccare di protagonismo, inventò l’architettura del Giardino Zoologico creando edifici armoniosi e ricchi di pregevoli dettagli.
Dopo il De Vico scompare l’architettura.
I corpi di fabbrica edificati successivamente, male si sono integrati nel dialogo tra natura, paesaggio ed architettura circostante, tant’è che oggi, appaiono dei corpi intrusi insieme ad una serie di altri piccoli volumi barbaramente aggiunti in epoche successive.
“Quando il Bioparco, nell’aprile del ’98 mi chiamò per il riassetto del Giardino Zoologico, uno dei tanti problemi che mi si posero, fu appunto quello di liberare, nel più attento rispetto del contenuto artistico originario, le gloriose vecchie volumetrie dalle citate superfetazioni e togliere quel tono di disfacimento che poteva apparire irreversibile. Certamente questo non voleva significare che l’obiettivo fosse unicamente quello di tutelare gli elementi del passato ma, in perfetta armonia con essi, occorreva ideare e realizzare nuove ed emozionanti strutture”.
Arch. Giacomo Bessio