Colleferro – Da Ina Camilli Rappresentante Comitato residenti Colleferro riceviamo ed integralmente pubblichiamo:
“Come in una agenda politica, anche quest’anno, a Colleferro si è tenuto il 10 ottobre 2020 una conferenza promossa dall’Istituto Zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana per offrire alla cittadinanza – nel rispetto delle misure Covid 19 – uno spazio di approfondimento sugli “interventi di immediata attuazione” per la messa in sicurezza, la bonifica e la caratterizzazione di aree pubbliche e private nel SIN (sito di interesse nazionale) bacino del fiume Sacco, come definiti dall’Accordo di Programma.
L’atto è stato sottoscritto il 12 marzo 2018 tra il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del Mare (l’Autorità competente) e la Regione Lazio (Responsabile unico dell’attuazione), che operano collegialmente con Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente) e Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) nel Comitato di indirizzo e controllo.
Rammentiamo che gli interventi previsti dall’Accordo di Programma riguardano una serie di siti per i quali il Ministero dell’Ambiente e Ispra – fin dal 2017- hanno indicato come “urgenti ed indifferibili” tali operazioni per la loro messa in sicurezza e/o bonifica, onde evitare l’ulteriore diffusione della contaminazione e aggravare i danni alla salute ed all’ambiente.
La vastità dell’operazione è finalizzata a produrre una ricaduta positiva sul territorio, da restituire ai Comuni, e mitigare i rischi ambientali sulla popolazione umana e animale. Lo stanziamento ammonta a 53.626.188,68 €. I siti da bonificare sono 11 e i km interessati sono 54 km. Gli ettari sono 1.730. I Comuni coinvolti con 200 mila abitanti sono 16 e altrettanti sono i progetti: 9 a nord e 7 a sud.
Inoltre, poiché l’Accordo di programma prevede anche alcuni interventi di sorveglianza sanitaria ed ambientale (Piano di Monitoraggio delle Acque, Piano di Caratterizzazione delle Aree Agricole ed altro), la Regione, per individuare le evidenze scientifiche utili a definire gli strumenti necessari, si sta avvalendo dell’Istituto Zooprofilattico, l’organismo tecnico-scientifico che, nell’esplosione dell’emergenza sanitario-ambientale del 2005, è stato il primo ad essere coinvolto nel monitoraggio del beta-esaclorocicloesano (beta-HCH), nel latte e nei mangimi, svolgendo un ruolo primario anche nei successivi 15 anni.
Un forte impulso, anche economico, viene inoltre dal progetto europeo, Lindanet, avviato ad agosto 2019, che ha lo scopo di condividere le politiche di bonifica adottate in Italia e in Europa.
Nel corso della conferenza i vari relatori – Regione, Comuni, Istituto Zooprofilattico, Istituto superiore di sanità, Dipartimento epidemiologico, Asl – hanno ripercorso le tappe storiche dell’inquinamento e i danni umani e ambientali prodotti dal lindano al ciclo produttivo della valle del Sacco, un evento di contaminazione unico tra i SIN in Italia.
“Il beta-esaclorocicloesano era lo scarto di lavorazione del lindano, un pesticida venduto all’agricoltura, e l’unica fabbrica di lindano in Italia era a Colleferro, ovvero era lì, in casa, a due passi da quegli allevamenti”. Nel 2005 in un mese furono abbattuti in via cautelativa 1086 bovini e 2886 ovini.
L’interdizione dei terreni è ancora in atto, ma tutto il latte prodotto, viene sottolineato dagli intervenuti, è conforme e sicuro. Sono gli abitanti della valle del Sacco che continuano ad avere il veleno nel sangue.
Completato il quadro storico si è passati all’attualità: è stata sottolineata la difficoltà di far camminare insieme più amministrazioni, la complessità di progettare interventi in un’area tanto vasta e le complicazioni insorte a causa del Covid 19.
La Regione, beneficiaria delle risorse e responsabile del controllo e del monitoraggio per la realizzazione degli interventi, in merito allo stato di avanzamento dei lavori ha riferito di aver individuato tre tipi di intervento di immediata esecuzione, di aver stipulato convenzioni per quelli generali (monitoraggio delle acque, piani di caratterizzazione delle aree agricole ripariali e programma epidemiologico), con il coinvolgimento di tutti gli organi tecnici. Ha riferito inoltre che proseguono le opere nel comprensorio industriale di Colleferro, nei siti di Arpa 2 e Caffaro Chetoni, con la caratterizzazione integrativa e gli interventi di completamento. Allo stato è l’unico cantiere che è stato aperto, potendosi avvalere del completamento delle procedure avviate negli anni passati.
Quanto ai tempi indicati dal cronoprogramma per la realizzazione delle operazioni è stato riconosciuto un rallentamento, dovuto a una molteplicità di fattori (tra questi la pandemia da coronavirus) e che la tabella di marcia è stata oggetto di rivisitazione con il Ministero (peraltro non invitato alla conferenza).
Si è molto insistito sul fatto che l’insieme di queste attività presenta un livello di azione assai complesso e richiede un elevato tecnicismo, che non si può disconoscere.
Pur tuttavia, dopo 2 anni, le Amministrazioni coinvolte sono ancora nello stadio di pianificazione degli interventi, non sono stati redatti né approvati i progetti, né tantomeno aperti i cantieri (fase esecutiva), con l’eccezione di Colleferro. Il cronoprogramma contenuto nell’Accordo non è stato aggiornato, ovvero non è stata resa pubblica tale variazione.
In sostanza, non ci sono date certe sull’avvio dei cantieri e sull’esecuzione degli interventi, né alcuna previsione sulla loro conclusione; sul punto abbiamo notato una certa reticenza dei relatori: si è preferito glissare e parlare delle attività che si faranno in futuro (monitoraggio, vigilanza e controllo del suolo, dell’acqua e dell’aria).
In conclusione la Regione ha ribadito, come aveva già fatto in precedenti incontri, che “gli interventi sono stati descritti”, quelli puntuali sono stati rimodulati ed i progetti sono in corso di definizione e rivalutazione.
Siamo stati inoltre informati che il Comitato di controllo e di indirizzo ha accolto la proposta della Regione di finanziare un addendum per uno studio specifico su una coorte di nati nelle aree agricole e industriali da parte del relativo Dipartimento. Gli sportelli informativi sul territorio non sono stati aperti dalla Regione a causa del Covid 19 e che questa linea di attività sarà trasferita sul web.
Abbiamo partecipato all’iniziativa con l’idea di ricevere aggiornamenti puntuali e invece abbiamo appreso che i tempi sono incerti e non brevi, poiché gli sforzi non sono bastati a recuperare il ritardo accumulato.
Abbiamo anche richiamato l’attenzione dei relatori sull’importanza di mettere a disposizione della cittadinanza un canale di informazione amministrativo imparziale e trasparente, dove pubblicare tutti gli atti e i documenti di interesse pubblico, e di aggiornare con regolarità e completezza i siti istituzionali.
Chi resta sul territorio vuole stare nei processi partecipativi che interessano il futuro della valle del Sacco e vuole essere un soggetto attivo, non un semplice osservatore passivo.
Non esiste una soluzione immediata e permanente per un problema che si trascina da tanto tempo, ma sicuramente pesa in tutta l’operazione di bonifica l’assenza della partecipazione di Comuni e Province (FR e Roma), e la consultazione di gruppi di stakeholder.
Proprio per una assunzione di responsabilità diretta e condivisa abbiamo accolto con favore l’ipotesi avanzata dall’Istituto di replicare l’iniziativa in provincia di Frosinone.”