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La cultura libera e rende migliori: “Storia di un bonsai”, il romanzo di formazione di Angelo Mazzeo

"Ho sempre pensato che la cultura fosse il centro del tutto. Ho sempre creduto che studiare, imparare, mi avrebbe permesso di realizzare i miei sogni, rendendomi libero, indipendente, affrancato da tutto e da tutti, consentendomi di poter parlare e essere all'altezza di chiunque".

L’autore, nato e cresciuto in un piccolissimo paese del Sud Italia negli anni ’70/80, si rende presto conto che le opportunità in quegli anni, in quel luogo, non ci sono. Pertanto, si adopera con estrema determinazione per affrancarsi da quella situazione di svantaggio. Con lo studio, una tenacia e una volontà non comuni, riuscirà a sfuggire a un destino che sembrava per lui già scritto. Il libro è il racconto della sua esperienza, la storia di un riscatto sociale e un messaggio per chi, pur partendo da una condizione di assoluta difficoltà, ha voglia di crescere ed emanciparsi.

ANGELO MAZZEO è nato a Formia (LT) il 3 marzo del 1973 ed è cresciuto fino alla maggiore età a Valogno di Sessa Aurunca (CE). Ha vissuto e lavorato in diverse città d’Italia tra cui Firenze, L’Aquila, Reggio Emilia e Parma. Dal 2000 vive a Bologna, città di adozione, dove si è laureato in Giurisprudenza presso l’Alma Mater Studiorum. Storia di un Bonsai è il suo romanzo d’esordio, pubblicato con Capponi Editore.

Dove ha origine il desiderio di raccontare il tuo vissuto in “Storia di un bonsai”?

“Il libro nasce dalla volontà, direi quasi “esigenza”, di voler trasmettere due messaggi.

Il primo: in questa vita davvero ce la possono fare tutti, anche chi non nasce ricco, anche chi cresce in condizioni ambientali e socioeconomiche svantaggiate. Basta studiare e volere le cose, senza piangersi addosso o sentirsi sfortunati.

Se ce l’ho fatta io, che sono figlio di un operaio metalmeccanico e di una casalinga, nato in paesino di 90 anime in piena Terra di Gomorra, ce la può fare chiunque. Anche in Italia, che è il Paese con la più bassa mobilità sociale dell’area OCSE.

Il secondo: la felicità esiste, se si sa come cercarla. Perché, fondamentalmente, la felicità la si trova nel non vivere concentrati su sé stessi.

La felicità e la serenità non derivano da una vita fatta solo di gozzovigli e piaceri, ma bensì da una conduzione di vita più semplice. Una vita vissuta con lo sguardo rivolto “agli altri”.”

La copertina è molto evocativa: quale significato simboleggia?

“La copertina coglie la “quintessenza” del libro. È la rappresentazione grafica, visiva, del suo stesso senso. Il piccolo uomo che proietta una grande ombra.

Il bonsai è un albero in miniatura, ma prezioso. La piccola dimensione è intesa sia in senso fisico, quando racconto dello sforzo immane che ho dovuto fare per arrivare a misurare 1 metro e 68 centimetri, limite minimo per poter passare il concorso che, all’epoca, significava per me uno spartiacque tra la vita e la “morte”. Ed è interpretata anche in senso metaforico, ovvero: se anche sono piccolo, svantaggiato, posso comunque farcela perché proietto, appunto, un’ombra grande. Perché io sono il mio potenziale. Non sono solo il mio presente, magari poco soddisfacente, ma sono soprattutto quello che posso fare, quello che posso essere. E se arrivo a pensarlo…Allora posso farlo! Qualsiasi cosa. Ricordando sempre che tra sogno e realtà…c’è la Forza di Volontà, che, ancora nella copertina, vede al centro l’Uomo, con il suo Intelletto e la sua Cultura.

E, ancora, il bonsai ha anche un significato legato proprio al concetto della vita stessa, visto che, come tutti gli elementi in natura, è mutevole, si modifica e quindi rappresenta il cambiamento costante, l’evoluzione del destino durante il corso della vita. Simboleggia, quindi, davvero un inno al non fermarsi mai. Un inno alla gioia, alla speranza, al non mollare mai”.

Chi sono i destinatari ideali del libro e quali contenuti si possono aspettare i lettori?

“Anagraficamente sono tutti destinatari ideali del mio libro: dagli adolescenti in formazione, alle persone che sono giunte nel pieno della loro maturità. Anche socialmente direi che i destinatari ideali possono essere tutti, perché è un libro in cui racconto tante storie, tante esperienze, in maniera trasversale. E vista la quantità dei temi trattati: sociali, politici, economici e culturali penso che davvero tutti possano trovarvi occasione e motivi d’interesse.

In particolare – ancor di più – i destinatari ideali sono quelli che hanno maggior bisogno di uno stimolo, di una spinta, di uno sprone per attivarsi nella vita. Quelli che sono sfiduciati, insoddisfatti della loro vita e che hanno perso la fiducia nella possibilità di risollevarsi. Proprio a loro spero di riuscire a trasmettere – con le mie parole, con la mia testimonianza, con le mie esperienze – la “scintilla” e la voglia di farcela”.

Il capitolo forse più lungo lo dedichi alla conversione, quale cambio di rotta ci suggerisce la tua esperienza personale?

“La mia esperienza personale dice questo: quasi sempre nella vita si pensa (anche io l’ho sempre pensato, sono sincero) che la felicità la diano i soldi, il successo e il potere. Ebbene, invece, posso testimoniare e dimostrare, nel mio piccolo, che soldi, successo e potere non sono affatto la sicura strada per la felicità. Anzi.

Il capitolo “la conversione” parla della scoperta di Dio (ri-sottolineo di essere persona laicissima), ma più in profondità racconta l’esperienza del trovare sé stessi, del guardarsi dentro. Di cercare la felicità, appunto, dentro di sé e non all’esterno, nella materialità. Di avere un approccio all’esistenza non egoistico ma altruistico. Quindi, pensare agli altri prima che a noi. E ciò, anche se sembra un paradosso, in realtà è proprio la nostra chiave di felicità, per il bene fatto che ci torna indietro decuplicato. Quindi, in maniera più generale, il messaggio che qui vorrei trasmettere è questo: trovare in un percorso di solidarietà e di altruismo la propria felicità, la propria soddisfazione e la propria realizzazione”.

Hai scritto “Non lasciate ricchezze e denari ai vostri figli e nipoti, ma lasciate loro la cultura e il sapere”: cosa vuoi che resti nel cuore di chi legge?

“Del mio libro vorrei soprattutto che rimanesse memoria. Memoria del fatto la Cultura è il “centro del tutto”. Cultura che rende liberi, autonomi, indipendenti, affrancati da tutto e da tutti (io sono nato e cresciuto in un contesto in cui ancora oggi la gente pende dalle labbra del politico per la promessa di un posto di lavoro). Una cultura che consente di poter parlare ed essere all’altezza di chiunque. Di rispettare tutti, ma di non avere riverenza e/o idolatria per nessuno.

Una Cultura che rende capace di tutelare i propri diritti, soprattutto quelli degli ultimi, dei più sfortunati, in un mondo che è sempre pronto ad essere forte con i deboli e debole con i forti. Vorrei, ancora, che rimanesse memoria del fatto che la tenacia, l’impegno, la “tigna” fanno vincere e fanno davvero la differenza nella vita. Vorrei che rimanesse memoria del fatto che se lo pensi lo puoi fare. Si perché, tante volte, siamo noi che con i nostri timori, le nostre paure di essere peggiori degli altri magari non osiamo, magari non iniziamo neppure un progetto, un sogno.

In realtà noi non siamo migliori di nessuno, ma non siamo neanche peggiori degli altri, neppure di quelli che ci sembrano così “megagalattici”, perché famosi, ricchi e potenti. Perciò, avanti senza timori: noi possiamo fare tutto quello che possono fare gli altri, anche se non siamo nati ricchi, anche se non siamo figli di…

Vorrei, ancora, che rimanesse il senso dei miei messaggi, delle mie esperienze raccontate, dei miei stimoli, delle mie testimonianze, affinché le stesse possano essere portate dentro per tutta la vita come pungolo, raccomandazione, sostegno, supporto. Vorrei, quindi, che rimanesse memoria di me”.

Ho trovato bellissime le riflessioni su Bologna: cosa significa per te e cosa rappresenta questa città?

“Bologna per me è il mito che avevo sin da bambino, pur non avendola mai vista. Con quel famoso “Modello Emilia” di cui avevo sempre sentito parlare e che avevo sempre ammirato già da lontano.

La città ideale: dove nasce il pensiero libero e il socialismo reale (in salsa emiliana).

Bologna è l’esempio di una città dove si vive bene, dove ti senti accolto, dove ti senti a casa (cosa straordinaria per uno come me, nato nel profondo sud), dove sai che per qualsiasi bisogno tu abbia c’è un servizio, una risposta, una rete di solidarietà.

Dove sai che non ti mancheranno mai gli stimoli, visto che è una città sempre all’avanguardia socialmente, politicamente, economicamente e culturalmente, sia in termini di PIL che di BIL (benessere interno lordo…).

E’, ancora, l’emblema dell’educazione civica, della coesione sociale e del low profile, che caratterizza i suoi cittadini, anche quelli più famosi in Italia e nel mondo.

E, cosa ancora più straordinaria, nonostante il suo essere in perenne sviluppo, comunque non dimentica mai gli ultimi, quelli che rimangono indietro: va sempre avanti verso il progresso, ma portandosi sempre dietro tutti. Ecco, questo, è per me uno dei più grandi valori di Bologna”.

Stai scrivendo altri libri?

“Al momento no.

Scrivere, pubblicare e promuovere un libro è un lavoro faticoso, che richiede tanto tempo e dedizione totale. Io lavoro per vivere, non faccio lo scrittore per professione.

Quindi, per il momento “poso la penna” e mi dedico alla promozione di Storia di un bonsai, che mi sta dando grandi soddisfazioni. Tra le altre, mi consente tante belle occasioni di dialogo e confronto con i lettori e mi permette di ritrovare tanti vecchi amici sparsi nelle varie città d’Italia in cui lo sto promuovendo.

Vedremo come evolveranno gli eventi, però scrivere mi piace molto e se sentirò di avere ancora cose da dire e da raccontare, sicuramente le scriverò”.