Riofreddo – Al fine di onorare la memoria di Luca Verzulli, che ebbe a collaborare anche con la nostra redazione, ripubblichiamo questi cenni di storia riofreddana che ebbe a curare in prima persona:
Il ducato di Spoleto (1) aveva nel territorio di Riofreddo i suoi confini, come indica
il toponimo riofreddano Staffari (Fonte Staffari, da una radice longobarda
staff(a)(o)(u)l da cui l’italiano staffa e quindi Staffile con il significato di palo confinario). Lo stesso toponimo lo ritroviamo poi nelle più antiche pergamene del monastero sublacense a testimoniare confini delle terre ad esso appartenenti: nel nostro territorio convergevano gli interessi delle abbazie di Farfa e di Subiaco (e di quella “minore” di san Cosimato), perché Riofreddo si trovava tra le diocesi di Tivoli, di quella dei Marsi, della reatina e della sabina.
Sempre terra di confine, ritroviamo poi il nostro territorio sotto la dominazione dei
Franchi, come lo testimonia il toponimo Valle Marchigiana (da marca = terra di
confine).
Con il medioevo si assiste ad un radicale cambiamento del modo di abitare; la crisi
dell’impero romano d’Occidente e le conseguenze connesse a questo evento portarono allo spopolamento e all’abbandono delle grandi ville romane. Durante l’alto medioevo l’intera zona dovette assistere ad un cambiamento nelle forme abitative: una serie di piccole unità insediative sparse ed aperte gravitavano nel territorio della valle; unico momento di ritrovo per la collettività era intorno alla chiesa rurale della zona. Il territorio era caratterizzato da piccole abitazioni, presumibilmente costruite
in materiale deperibile, scollegate tra loro e dedite principalmente ad attività di agricoltura e pastorizia.
Le chiese attorno alle quali si ritrovava la popolazione oggi sono quasi tutte scomparse ma rimane la loro memoria nei toponimi geografici e negli antichi documenti.
Vediamo quali erano.
S. Giorgio
Un codice del monastero benedettino di Subiaco, detto Regesto sublacense del secolo XI, conserva memoria della storia dell’abbazia e dei suoi possedimenti. Fra i beni descritti è nominato già dal IX secolo come possesso dell’abbazia anche un “Fondo che viene chiamato di s. Giorgio, o del Monte Sasso detto Sicco o Malo che sta sopra la chiesa di s. Giorgio (…) con tutti gli altri luoghi annessi”. Questo era situato presso il torrente chiamato comunemente nel medioevo “Acqua Frigida” sul quale
l’imperatore Nerva aveva fatto costruire il ponte sulla via Valeria nelle antiche carte, spesso indicato col nome di “Arco di s. Giorgio”. Frequentemente nominato nelle lettere papali riguardanti l’abbazia di Subiaco, il possedimento di s. Giorgio fungeva da importante snodo di comunicazione dominando il crocevia commerciale e culturale sulla Valeria ai confini fra il territorio marsicano, cicolano, reatino, tiburtino e sublacense. La sua funzione, ancora assai viva sotto la dominazione Colonna e nel
XVI secolo, venne progressivamente decadendo nel corso del Sei e Settecento: l’antico possedimento benedettino venne prima eretto in commenda sotto Innocenzo X
(1645) e unito alla basilica romana di s. Pancrazio di cui era titolare il cardinal
Maidalchini, e poi dato in enfiteusi alla famiglia Roberti nel 1750.
L’antica fondazione risalente all’VIII secolo, oggi un rudere ricoperto dai rovi, fu
oggetto di vari rimaneggiamenti nel corso dei secoli. Il più importante data alla fine
del XII secolo, quando sia la chiesa che l’annesso edificio monastico vennero in
gran parte riedificati. A questa data si possono far risalire le pietre squadrate della
cornice del portale in pietra (oggi conservato nel Museo delle Culture di Riofreddo),
i resti dell’antico Ciborio di cui la Parrocchiale di s. Nicola conserva due colonne
Rovine del monastero di S. Giorgio agli inizi del XX secolo
portanti, ed altri avanzi della decorazione architettonica sparsi nel territorio di Riofreddo. Nel corso del Quattrocento l’interno della chiesa ad aula unica venne rimaneggiato con l’aggiunta di tre cappelle sulla sinistra dell’abside, che in antico dovettero essere affrescate probabilmente dallo stesso pittore attivo nel 1420 nell’Oratorio
dell’Annunziata per volere dei Colonna. Ancora oggi si possono vedere i resti del
campanile che si erge sul lato sinistro della chiesa, le mura perimetrali dell’insediamento monastico e parte della facciata della chiesa che all’interno conserva visibile
la struttura dell’abside e la cripta, luogo di sepoltura nel corso dei secoli.
Il plastico esposto nel museo di Riofreddo offre un’ipotesi di ricostruzione degli edifici della chiesa e del monastero annesso basata sul rilievo planimetrico delle strutture murarie ancora esistenti e sul confronto con la tipologia di altre costruzioni benedettine presenti nel territorio laziale. Rispetto al disegno della pianta del complesso proposto dall’architetto Enrico Paniconi e pubblicato da F. Hermanin nel 1950
“La più antica menzione che si ha di questa chiesa si ricava dal Regesto Sublacense. Nel General Privilegio di papa Niccolò I (20 agosto 867), che conferma la proprietà di quel monastero, si dice infatti: ‘Fundum qui vocatur sancti georgii – seu
sassa montis qui vocatur sicco seu malo – qui stat supra ecclesia sancti georgii –
una cum aqua qui vocatur frigida seu timida’. Accanto alla chiesa era un monastero
che l’Hermanin, dall’esame delle strutture murarie, fa risalire all’VIII secolo. Appartenne quasi sicuramente ai Benedettini. Landolfo Colonna di Riofreddo fece supplica
al papa Bonifacio IX onde far venire nella chiesa i frati Agostiniani Eremitani.
Ma sembra che la richiesta del Colonna non venisse accolta, non si sa per quale
motivo. Nel 1470 bensì, si ha notizia che in S. Giorgio officiassero gli Ambrosiani.
Soppresso quest’ordine nel 1643, la chiesa e il monastero passarono sotto la giurisdizione del Vescovo di Tivoli, quindi nel 1645, come tutti i monasteri di quell’ordine, anche il nostro fu posto alle dipendenze delle chiese riunite dei Santi Pancrazio e Clemente in Roma, erette in Commenda.
I beni e gli edifici di S. Giorgio furono dati dall’Abate commendatario in enfiteusi
nel 1750 alla famiglia Roberti di Riofreddo. Della chiesa e del convento oggi rimangono solo poche mura in pessime condizioni, mentre il suo archivio è andato
completamente perduto (3)”. “Della più antica costruzione, ch’io credo risalga al secolo ottavo, ci restano interessanti indizi: la pianta della chiesa, un frammento d’iscrizione ed una scultura. […] I muri sono stati tirati su alla meno peggio ed in
gran parte non risalgono più in là della seconda metà del secolo dodicesimo, quando
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come è certo, la chiesa ed il monastero furono rifabbricati. Allora la primitiva abside fu rialzata, ricostruite le porte d’ingresso ed innalzato il campanile romanico.
[…] Molto più tardi, probabilmente nel quattrocento, furono costruite le pareti di divisione delle tre cappelle, appoggiate al muro di sinistra dell’unica navata. […] Queste cappelle erano decorate di affreschi, ora scomparsi, che Giuseppe Presutti assegnava allo stesso pittore che nel 1422 decorò per Landolfo Colonna, signore di Riofreddo, la piccola chiesa dell’Annunziata (4)”.
S. Elia
Gabriele Alessandri (5) così ci descrive Sant’Elia: “Questa chiesa era posta sul culmine del monte omonimo a quota 990 s.l.m., proprio al confine del territorio di
Riofreddo con quello di Roviano. Se ne attribuisce la nascita sia ai monaci basiliani
che ai benedettini. La chiesa è citata per la prima volta nel 1055 in un privilegio
del papa Vittore II. Compare poi nel 1255 (statuto di Roviano) e nel 1297 (elenco
dei beni confiscati da Bonifacio VIII ai Colonna).
Negli “Atti di sacra visita” del vescovo Andrea Croce del 1581, la chiesa viene trovata senza tetto e con l’altare “spogliato”, mentre nella visita del 1659 apprendiamo
che nella chiesa vive un eremita. Il vescovo Marcello Santacroce nel 1674 ci dà notizia dell’esistenza di un romitorio annesso alla chiesa ma conclude che entrambe le
costruzioni minacciano di crollare. Nel 1681 il cardinale Galeazzo Marescotti la visitò, la trovò “diruta”, ma in essa – annotò – rimane la campana.
Grande era la devozione per il luogo: lo testimonia l’arciprete di Roviano Don Paolo Petricci, il quale lasciò scritto nel 1653 che ai 3 del mese di maggio, festa della
S. Croce, il popolo di Roviano e quello di Riofreddo erano soliti partecipare uniti
nella chiesa alla Messa, essendo ambedue, per naturale opposta direzione, saliti processionalmente sulla sommità del monte.
Distrutta la chiesa nel 1680, essa venne nuovamente fatta edificare dal canonico
Mario Del Drago, sicché nel 1699 il vescovo di Tivoli Antonio Fonseca la trovò in
buono stato. Ma già nel 1717 la ritrovò derelicta e spoliata finché dal 1726, essendo male stato reducta, non fu più oggetto di visita pastorale. La chiesa e il relativo
romitorio rovinarono sempre di più e così, nel primo decennio di questo secolo,
scomparvero del tutto.” Attualmente restano alcune tracce di muratura e molti frammenti di tegole e mattoni. Nel 1934 sulla cima del monte fu posta una croce in ferro (6).
S. Marco
“Scarse e di poco conto sono le notizie su questa chiesa che era posta sui contrafforti della Serra Rotonda, una cima alle pendici di Monte Aguzzo, e che dovette
essere importante nella storia di Riofreddo se non altro perché il santo titolare fu as44
sunto, insieme a S. Giorgio, quale patrono del paese. Negli ultimi anni del 1600 era
già ridotta alle sole vestigia. Oggi nulla si può rintracciare dell’antica costruzione
poiché sono scomparsi anche gli ultimi resti ed il solo toponimo rimane unica testimonianza della sua esistenza (7)”.
S. Maria Maddalena
“La cappella campestre di S. Maria Maddalena si trovava ai confini tra i comuni di
Riofreddo e Vallinfreda e le popolazioni dei due paesi erano solite recarvisi in processione nel giorno della festa della Santa titolare (22 luglio). Già nel 1681 risulta
indecentissimamente tenuta.” “La presenza di questa chiesa serviva forse anche a
rendere pacifico il comune sfruttamento della fonte Staffari, copiosa sorgente che
sgorga nel territorio di Vallinfreda, ma che nel passato fu usata anche dai riofreddani. La chiesa e la sorgente furono legami che unirono le due popolazioni: residui
forse di una comune origine dei due popoli che, nonostante si fossero in seguito separati per dar vita ai paesi di Riofreddo e Vallinfreda, rimasero però così esemplarmente uniti intorno a una fonte di vitale importanza e a un simulacro religioso (7)”.
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Il castello di Riofreddo in una vecchia foto
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IL MEDIOEVO, XII – XIII secolo D.C.
Il Riofreddo che conosciamo oggi nasce proprio in questo periodo e si deve alla famiglia Colonna la costruzione del castello e dell’abitato. Infatti proprio tra il X e il
XII secolo un nuovo mutamento nelle forme di popolamento caratterizza la nostra
zona, portando alla nascita, per iniziativa signorile o ecclesiastica, di villaggi fortificati di altura, istallati su rilievi precedentemente non abitati; questo fenomeno viene
notoriamente chiamato incastellamento.
Il nome del nostro paese, che deriva dal gelido ruscello che lambisce l’abitato (il
torrente Bagnatore), appare per la prima volta in un documento di papa Nicolò I del
20 agosto 867 (Reg. Subl., n. 18, p. 51 rr. 19, 20): “…cum aqua que vocatur frigida
seu timida”. Ma il documento quasi sicuramente è un falso realizzato in epoca posteriore.
“Il castello di Riofreddo nacque molto probabilmente nel secolo XI e intorno al castrum si sviluppò conseguentemente l’attuale centro abitato, nel cui perimetro murario si riunirono tutte quelle genti che vivevano sparse nei contigui ambiti territoriali,
organizzate intorno a chiese campestri. Nel convergere in un unico luogo di gruppi
di diversa provenienza, avvenne che ciascuno portasse con sé nella nuova sede le
proprie pratiche cultuali, frutto di peculiari esperienze. Per tale motivo nel ricercare
l’origine in Riofreddo della devozione ai santi Marco, Giorgio ed Elia, bisogna risalire a questo momento, che è documentato dell’esistenza nel territorio di chiese dedicate a questi santi (8)”.
“Riofreddo appare intanto, per la prima volta, insieme con il nome del suo signore
Berardus de Rigofrigido, uno dei testimoni nell’atto d’investitura che fece Adriano
IV a favore di Oddone da Poli (il 17 gennaio 1157), dei castelli Poli, Fustignano,
Guadagnolo, Anticoli, Rocca de’ Murri e Castelnuovo. Ora quel Berardo de Rigofrigido non poteva essere altri che un miles Colonnese. È quindi probabile che i Colonnesi prendessero stanza in Riofreddo, ovvero si afforzassero in quella rocca, circa
la prima metà del duodecimo secolo (9)”.
“L’antico Forte di Riofreddo, che prende questa denominazione da un gelido ruscello che gli scorre d’appresso […] giace a ridosso di uno di quei monti, dove abitavano gli antichi Popoli Equi, o Equicoli al miglio 35 lungi da Roma sulla celebre Via
Valeria. Placatesi in Italia le fazzioni, che dettero occasione ai luoghi di abbandonare la semplice individuazione nominale degli antichi Paghi, o Vichi, e prender questo di Castellum, o Castrum: il Custode Soldato del Feudo militare di Riofreddo,
che poscia l’abusivo nome usò di Barone convertì la Rocca in Palazzo; e le doppie
Mura che le recingevano in Case abitate; ed accordò a chiunque di fabricare sopra
le mura a maniera, che cento strade ora vi sono per entrare ove era piantata l’antica
Rocca. Allora si estesero i confini dell’abitato; e gli abitanti campestri abbandonati i
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rusticani Casolari si riunirono nel seno della Patria; e così cessarono la Pievi di S.
Maria e di S. Giorgio, e si formò una ben florida Terra, non meno atteso il continuo passo di quei che, dalla Penna, dalla Valle di Sulmona, dall’Aquila, dallo Stato
di Tagliacozzo, dalla Valle di Carsoli, dalla Baronia di Coll’alto, ed anche da una
porzione di Sabina vogliono introdursi, e trasportar robbe nei Stati Romani; quanto
atteso il commercio d’ogni genere, e le arti meccaniche che vi fioriscono; e la multiplicità di uomini illustri, che in ogni tempo sono stati il decoro delle Scienze, e
l’ornamento della Romana Curia (10)”.
L’antico portale di ingresso a S. Giorgio in una vecchia foto
Landolfo I Colonna
I Colonna che fondarono Riofreddo non ne furono però mai i signori (dòmini), cioè
i possessori del feudo come si intendeva nel Medioevo. Essi furono sempre chiamati
milites (soldati), cioè custodi militari, nobili cavalieri che presidiavano il castello.
“Riofreddo fu dichiarato feudo militare e dato in custodia alla potente famiglia dei
Colonna, qual baluardo di difesa del patrimonio carseolano e dei confini degli Stati
della Chiesa. Di guisa che Bonifacio IX lo distinse con grande esenzioni ed Eugenio
IV lo reputò di tanta importanza da affidarne la difesa ad Antonio Colonna di Riofreddo.
Di più il medesimo scrittore [Don Bartolomeo Sebastiani] per dimostrare come questo castello fosse realmente un feudo di guardia militare, i cui custodi si chiamavano soldati, cita lo Statutorum castri Rivifrigidi [cioé lo Statuto di Riofreddo] in rapporto alla sorveglianza e restauro delle mura, difese e porte, non che lo Statuto di
Roviano, dove si ordina il pagamento della “colta, al modo che faranno i soldati di
Riofreddo”.
Lo prova inoltre il fatto che questo Comune non riconobbe mai altra signoria ed autorità all’infuori del suo capo miles e in pieno Medioevo, cioè nel 1287, Landolfo
Colonna s’intitola “magnificus et potens vir miles Rivifrigidi ac rubiani dominus generalis” vale a dire custode militare di Riofreddo e padrone generale di Roviano.
Landolfo era figlio di Oddone Colonna da Roma e fratello del cardinale Giovanni
Colonna di S. Prassede (1216 – 1243) e di quell’altro Oddone che si mette a capo
del ramo Colonna di Genazzano Ora è probabile che i Colonnesi prendessero stanza
in Riofreddo, ovvero si rafforzassero in quella rocca, circa la prima metà del duodecimo secolo; quando appunto l’esuberante famiglia incominciò a scindersi dal ceppo
principale, con le varie diramazioni nel Lazio (11).
“Landolfo possiede nella zona di Riofreddo anche Vallinfreda e Montalliano [castello abbandonato i cui ruderi si possono ancor oggi vedere vicino a Collalto Sabino].
Landolfo è anche Rettore di Spoleto, e dà l’occasione a Bonifacio VIII di iniziare la
dura lotta contro la sua famiglia.
Il ramo dei Colonna – Riofreddo si distingue dalle altre linee della famiglia per la
politica adottata nei confronti dei Pontefici; contrariamente agli altri Colonna, infatti,
i rappresentanti di questa linea appaiono sempre dalla parte del Papa, anche quando
il resto della Casa è in aperta ostilità con il Governo Papale.
Landolfo è stato alleato di Bonifacio VIII nella lotta contro il Cardinale Giacomo
Colonna e i suoi seguaci e partecipa, per ordine del Papa, alla distruzione degli averi dei ribelli colonnesi; Riofreddo (che risulta, insieme a Rovianello e Monte S.
Elia, ceduto agli Orsini) appare inclusa nelle bolle di confisca del 1300 dei beni dei
Colonna, ma in realtà ciò non dovette accadere. Sicuramente lo scrittore delle lettere
apostoliche commise un errore, segnando indifferentemente tutti i luoghi appartenuti
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ai Colonna. Infatti i figli di Landolfo, che nel frattempo è morto (lasciando eredi
Giovanni, cappellano del Papa, Francesco Perna, Margherita e Agnese, ed assegnando a sua moglie Costanza il feudo di Zagarolo) mantengono buoni rapporti con il
Papa (12)”. ❖
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1 – Il Ducato di Spoleto fu uno dei ducati istituiti dai Longobardi in Italia e sopravvisse a lungo dopo
la caduta del Regno longobardo (774), passando sotto il controllo dei Franchi prima e della nobiltà
pontificia poi, fino al 1198. Insieme al Ducato di Benevento costituiva la Langobardia Minor. Il ducato comprendeva inizialmente parti delle odierne regioni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. In epoca
successiva, con lo stesso nome ma in ambito territoriale già minore, venne annesso allo Stato Pontificio, divenendone poi una provincia.
BIBLIOGRAFIA
2 – FEDERICO HERMANIN, “La chiesa e il monastero di S. Giorgio presso Riofreddo” in Rendiconti della
Pont. Accademia Romana di Archeologia, vol. XXV-XXVI, Tipografia Poliglotta Vaticana, 1949-1950,
1950-1951, pp. 231-45.
3 – GABRIELE ALESSANDRI, Toponomastica sacra nel territorio di Riofreddo (Lazio), Roma, Centro Studi di Toponomastica Sacra, 1989, pp. 32-4.
4 –HERMANIN, op. cit.
5- Idem, pp.34-6.
6 – ALDO INNOCENZI, LUCA VERZULLI, S. Elia un monte una chiesa una casa, Subiaco, Fabreschi, 2000.
7 – GABRIELE ALESSANDRI, Toponomastica sacra [ecc.]. Vedi anche: GABRIELE ALESSANDRI, “Le chiese
di Riofreddo alla fine del XVII secolo” in Ricerche Studi Informazioni, bollettino della Società riofreddana di storia arte cultura, n. 8, Riofreddo, gennaio 1988, pp. 9-12.
8 – GABRIELE ALESSANDRI, “S. Giorgio nel territorio di Riofreddo” in Quaderni di varia umanità dell’Accademia nazionale dell’Ussero in Pisa 1, 1992, Roma, 1994, p. 157-161.
9 – GIUSEPPE PRESUTTI, Le origini del castello di Riofreddo e i Colonna fino a Landolfo I (sec. XIII –
XIV), Roma, Soc. Rom. di Storia Patria, 1909.
10 – B. SEBASTIANI, Memorie principali della terra di Roviano, insieme con altre notizie su Riofreddo,
e, meno diffuse, sopra Anticoli, Arsoli, Subiaco, regione Equicola e via Valeria, Ms. del 1830 ca., (la
parte del manoscritto che riguarda Riofreddo è stata ripubblicata a cura di P. CONTI in Ricerche Studi
Informazioni, bollettino della Società riofreddana di storia arte cultura, n. 62-65, Riofreddo, marzo
1999; la parte del manoscritto che parla di Roviano è stata ripubblicata dall’Ass. “La Marzella” nel
settembre del 1998; tutto il manoscritto è stato ripubblicato dall’Ass. Lumen nel luglio 2001 a cura di
Michele Sciò), p.109.
11 – GIUSEPPE PRESUTTI, Le origini del castello di Riofreddo e i Colonna fino a Landolfo I (sec. XIII –
XIV), Roma, Soc. Rom. di Storia Patria, 1909.
12– ALESSANDRA CAFFARI, “Riofreddo e i suoi signori dal XIV al XVIII secolo” in Atti e Memorie
della Società Tiburtina di Storia e d’Arte, vol. LXXII, 1999, pp. 101-141.