Tivoli – In occasione della benedizione degli animali e dell’accensione del fuoco sacro purificatore, relativi alla celebrazione di Sant’Antonio Abate tenutasi stamane presso l’Anfiteatro di Bleso in Tivoli, addentriamoci un poco più in profondità circa le origini di queste ritualità ancestrali e, ancora al giorno d’oggi, oggetto di sentita e fervente devozione popolare.
Il mondo cristiano, una volta assurto a dominatore assoluto del panorama religioso, si preoccupò di assorbire gli antichi aspetti in seno al mondo pagano, depurandoli da quelle caratteristiche licenziose che stridevano fortemente con la morale del nuovo credo. In generale, celebrazioni in onore della fertilità, volte a propiziarne il ritorno dopo le asperità del rigido inverno, hanno sempre interessato la sfera religiosa delle popolazioni antiche, desiderose di rendersi partecipi, con le loro azioni, al beneaugurante approssimarsi della stagione della vita, la primavera, quando ogni ciclo cosmico e naturale tornava al suo apogeo. Nel mondo celtico vi era Imbolc la cui data è tradizionalmente posta al nostro 2 di febbraio, collocata nel punto intermedio intercorrente tra il solstizio invernale e l’equinozio primaverile, durante la quale erano accesi fuochi purificatori e greggi e bestiame venivano benedetti: il ritorno della luce, con il progressivo aumentare della durata del giorno, simboleggiava chiaramente la ripresa dei meccanismi vitali del Creato. Il 6 febbraio cadeva la celebrazione della Luna in Grecia, la Dea Σελήνη-Selene chiamata in Atene Lanaea, protettrice delle donne libere e selvagge: un toro, rappresentante Διόνυσος-Dionysos, veniva sacrificato e sezionato in nove parti, delle quali una sarebbe stata bruciata e le restanti 8 utilizzate per il banchetto sacro. Le 9 parti totali rappresentavano il numero originario delle sacerdotesse orgiastiche della Luna, a loro volta simboleggianti le fasi attraversate dall’astro selenico (8 fasi più 1 parte destinata al sacrificio). (Archeo Tibur)