L’oro di Oricola, niente risarcimento per “condizioni di improcedibilità”
Risarcimento disposto invece per i fondi destinati alla famiglia Paolella di Tagliacozzo
Oricola – E’ stata emessa la sentenza relativa ad una lunga ed annosa vicenda che ha visto protagonista il bellissimo borgo di Oricola. Il giudice Lombardi, rispetto al susseguirsi degli atti, e specificamente sul tema di contestazioni rivolte ad un ex parroco del luogo circa le sorti di oggetti in oro della Parrocchia, ha pronunciato le condizioni di non procedibilità sullo specifico caso.
La vicenda: Furono alcuni cittadini di Oricola a costituirsi in giudizio nei confronti del prelato che avrebbe quindi proceduto a vendere l’oro della Chiesa. La vicenda è stata peraltro lunga ed annosa, e su questo tema però il giudice, mancando il requisito essenziale, ossia la querela della parte offesa, la Chiesa quindi, non ha potuto emettere alcun provvedimento di condanna risarcitoria.
Nel caso invece di alcuni fondi, raccolti dalla popolazione di Oricola per supportare la Famiglia Paolella, titolare di una azienda pirotecnica di Tagliacozzo gravata da una tragedia, nel corso dei procedimenti era venuto fuori che l’ex parroco avrebbe omesso di consegnarli al destinatario e quindi la famiglia. In questo caso la parte offesa, i cittadini di Oricola rappresentati da una delegazione di persone seguite dall’Avv. Veronica D’Ortenzio, hanno ottenuto il risarcimento della somma in questione. Che ora sarà destinata in parte alla famiglia Paolella, in parte ad opere per il borgo di Oricola.
L’oro di Santa Restituta, San Luigi, Sant’Antonio e la Madonna è stato venduto per far fronte a dei lavori nella chiesa. Fu questa la spiegazione ufficiale emersa in uno specifico incontro presso la Curia con i rappresentanti di Oricola giunti ad Avezzano per sapere che fine avesse fatto l’oro dei loro Santi. Parliamo del 2014.
I fatti dell’epoca: Da qualche tempo il gruppo del comitato feste aveva notato che i monili accumulati nel tempo erano spariti. Dal momento che a ottobre c’era stato il cambio del parroco avevano aspettato a denunciare il fatto, certi che l’oro fosse stato custodito al sicuro. Diversi paesi, infatti, avevano ormai adottato l’usanza di riporre tutti i preziosi in una cassetta di sicurezza e di prendere alcuni pezzi soltanto in occasione delle festività evitando così di esporre la famiglia che ospita una delle statuine a rischio furti. In molti pensavano che anche a Oricola l’oro di Santa Restituta, San Luigi, Sant’Antonio e la Madonna, che passava di casa in casa durante l’anno, fosse stato custodito altrove. Poi però amministratori i membri del comitato feste ebbero ad imbattersi in una amara sorpresa, durante un incontro con il Vescovo Santoro. Il sindaco Antonio Paraninfi, l’allora vice sindaco Luca Cardilli e i consiglieri Steven D’Agostino e Giancarlo De Petris, i quali ebbero a dichiarare: “ci è stato riferito che l’oro delle 4 statuette, ovvero Santa Restituta, San Luigi, Sant’Antonio e la Madonna, è stato venduto. Venduto per far fronte a debiti non meglio precisati. Solo una parola da parte dell’intera comunità: è una vergogna”.
I presenti e la popolazione non presero certo bene la notizia vista la devozione verso i patroni e l’importanza che conferiscono a questi ex voto che si tramandano da padre in figlio. Al faccia a faccia in curia presero parte oltre al vescovo e agli amministratori anche monsignor Domenico Ramelli, il vicario della forania di Carsoli don Fulvio Amici, l’ex parroco A.D. F. e l’attuale don Roberto Muscas.
Da li in poi ebbe inizio la vicenda che approdò in sede giudiziaria in cui i cittadini di Oricola, difesi dall’Avv. Carla Vicini del Foro di Avezzano, ritennero di chiedere giustizia. Ma pur nella ragione piena del popolo, essendo l’oro di proprietà della Chiesa, sarebbe stata la stessa curia vescovile a dover querelare il prelato, al fine di far valere le proprie ragioni e quelle dei fedeli. In sostanza i ricorrenti, avevano titolo per la raccolta fondi Paolella, ma non la titolarità dell’oro, e quindi hanno intrapreso una azione giudiziaria di natura “morale”.
Ai posteri l’ardua sentenza.